Le chiesette di montagna, si può anche immaginare siano dei luoghi di culto
celtici, ripensati in chiave cristiana.
Molti
santuari mariani sono legati a racconti di apparizioni, nelle quali è stata la
Madonna stessa a richiedere l’erezione della Chiesa, indicando anche il luogo.
Ma la leggenda collegata al santuario della Madonna Ausiliatrice, meglio noto
come della Madonna del Clap o di Castoia in Comune di Paularo, ha una sua
originalità. Un pastore del paese raccogliendo sassi nel Rio Malmedìli ne
avrebbe trovato uno che ha suscitato la sua curiosità. Per guardarlo meglio
l’ha pulito, e si è accorto che c’era scolpita l’immagina d’una Madonna con il
bambino.
Si può immaginare la sua sorpresa, forse anche
il suo spavento, perché un povero pastore con quel sasso scolpito in mano, va
subito a pensare a qualche sortilegio, a qualche stregoneria. Si era
nell’Ottocento, e in Carnia a quei tempi si incontravano streghe ad ogni
angolo. Corse in paese a raccontare l’accaduto, salirono le donne con il prete
in testa a verificare la veridicità del racconto. Il sasso c’era, ed aveva
effettivamente scolpita l’immagine della Madonna. Era una lastra di pietra a
forma quasi triangolare e dalla pietra emergeva in altorilievo una immagine
della Madonna dai lineamenti delicati.
Come fece notare subito il prete, ripeteva uno schema molto usato
nell’iconografia mariana, aveva infatti la mano sinistra aperta in segno di
accoglienza, e il bimbo in grembo con il dito della mano che indicava la madre. Come fosse finita nel
rio Malmedili, chi ve l’avesse lasciata, chi l’avesse scolpita erano tutti
interrogativi senza risposta. Tutti furono concordi nel cercare di dare degna
collocazione a quella immagine. E la Maina delle Madonna che già esisteva a
poche centinaia di metri dal rio, in mezzo ai prati, di fronte alla imponente
catena del Serio, parve a tutti la soluzione più opportuna.
Nella
maina c’era in effetti già un’ altra originale Madonna con i vestiti di stoffa e il viso della madre
e del bambino scolpiti nel legno. Ma in qualche modo si sarebbe trovata una
soluzione per sistemarle entrambe…
La
mattina del giorno dopo le donne che erano salite ad accudire le bestie
passarono a dire un’Ave Maria alle due Madonne, ma dovettero constatare che la
nuova non c’era più. Riportata la notizia in paese, di nuovo si formò la
processione delle donne con il prete in testa a salire l’erto sentiero per
andare a verificare cosa fosse accaduto.
Chi
poteva mai essere quel dannato così sacrilego da permettersi di rubare la nuova Madonna? Mentre stavano a ragionare
sul fatto, al prete venne in mente di spostarsi nel luogo ove era stata
trovata, nel Rio Medili. La pietra con l’immagine era di nuovo lì, dove era
stata trovata il giorno prima, vicino ad una piccola sorgente…
Chi
ve l’aveva riportata? Chi poteva aver interesse a salire di notte per riportare
l’immagine dove era stata rinvenuta originariamente? Non si sapeva cosa
pensare, prevalse ancora l’opinione che la Madonna non poteva essere lasciata
lì all’aperto e fu riportata nella Maina e messa assieme all’altra.
Non
ci credereste! Ma la mattina dopo le donne non l’hanno trovata più dove era
stata sistemata… Qualcuno l’aveva
riportata di nuovo vicino alla sorgente. Quale mistero si nascondeva dietro a
quegli spostamenti? Fra le donne iniziò a girare la parola miracolo… Ed anche
il prete non sapeva cosa pensare. La portò di nuovo, per la terza volta, nella
Maina, e per la terza volta la mattina dopo l’immagine fu ritrovata vicino al
Rio Medili. Per tre volte Pietro aveva rinnegato Cristo, per tre volte, pensò
il prete, si era rinnegata la volontà della Madonna di restare nel posto ove si
era fatta trovare. Non si poteva andare oltre!
Nella
vicenda c’era certamente del miracoloso, e comunque non si poteva non dare
degna accoglienza a quella Madonna che era comparsa così all’improvviso,
scolpita nel sasso, nel luogo dove aveva voluto farsi trovare. Tutto il paese
partecipò ai lavori per la costruzione di una piccola cappella. Anche perché,
nel frattempo erano intervenuti dei veri miracoli per intercessione di quella
Madonna. Miracoli che si ripeterono e portarono il paese a decidere di
ingrandire la cappella originaria, per farne una vera Chiesa di dimensioni
ragguardevoli.
E’
l’attuale Santuario, ubicato appunto in un luogo non ci si aspetta di trovare
una Chiesa, infossata come è nel canalone del Rio Malmedìli. C’è ancora sul
sagrato anche la fontanella d’acqua corrente, a ricordo della sorgente
originaria.Al miracolo o si crede o non si crede. E’ qualcosa che va al di là
del naturale e che quindi non può essere affrontato con la ragione, per cercare
delle spiegazioni. E non si possono inventare altre storie per dare spiegazioni
alla storia del miracolo. E’ quindi solo a titolo di cronaca che riporto la
leggenda con la quale il solito miscredente ha cercato di spiegare il fatto.
Si
era qualche anno prima del 1870, l’anno al quale si fa risalire il ritrovamento
del sasso con l’immagine, quando la Carnia era ancora sotto la dominazione
austriaca. A Salino viveva un giovane povero di famiglia, ma di grande ingegno.
Faceva lo scalpellino, ma non si limitava a squadrare i sassi, ne sapeva
ricavare dei rosoni artistici, ed anche delle figure più complesse. I suoi,
morendo, gli avevano lasciato in eredità solo dei prati scomodi, “gràtules”
come lui diceva, e fra questi, su La Mont, un ritaglio di terreno infossato in
un rio.
Malgrado la estrema povertà, viveva felice.
S’era infatti innamorato di Maria, la più bella ragazza del paese, e lei
l’aveva voluto, anche se era così povero. Non ci sono molte coppie che si
uniscono come i due pezzi della mela di Adamo, a formare un tutt’uno. Ma questa
era una di quelle…Stavano aspettando il primo figlio e la loro felicità era
alle stelle. Lei, anche se incinta, lo continuava ad aiutare nei lavori della
fienagione. Era normale a quei tempi. Si racconta di donne che lavorando fino
all’ultimo sono finite a partorire nel prato. Un giorno d’estate stavano
appunto raccogliendo il fieno di quel pezzo di terreno in ripido pendio, sul
prato de La Mont, e stavano costruendo
la mede. Il terreno che ora è stato spianato per costruire la
Chiesa era ripidissimo e l’impresa non era semplice. Lei stava sopra a calpestare il fieno
tenendosi al medili, il palo attorno al quale si doveva costruire il covone,
lui con la forca le lanciava il fieno.
D’un
tratto, forse perché lui aveva lanciato troppo forte e si era spaventata, si sbilanciò bruscamente, il medili cedette e la mede già quasi
completata si rovesciò verso il basso, trascinandosi dietro Maria con il suo
bambino in grembo. Silverio, così si chiamava lo scalpellino, si precipitò in
soccorso della moglie. Ma non c’era purtroppo più nulla da fare. Cadendo aveva
battuto la testa e non respirava già più.
Si
può immaginare la disperazione del povero uomo!..
A
questo punto il racconto fa una divagazione per spiegare il nome di Malmedili
che è stato dato al rio. Il fratello di Silverio s’era dovuto recare al
Municipio di Paularo a dichiarare la morte della cognata, e l’ufficiale
d’anagrafe un po’ sordo gli aveva chiesto di che male fosse morta. L’uomo
affranto per la morte della cognata e preoccupato per la disperazione del
fratello, avrebbe voluto obiettare che quando uno è morto è morto, e non ha
senso registrare anche il male che aveva causato la morte. E del resto,
nel caso che stava denunciando non c’era
stato nessun male. Era stata una disgrazia!
“Nessun
male, rispose spazientito, è stata colpa del medili piantato male”.
“Cosa?”
chiese l’ufficiale d’anagrafe, che come s’è detto era un po’ sordo, ed essendo
austriaco non capiva bene l’italiano.
“Il
medili!” gli gridò nell’orecchio il fratello di Silverio.
“Ho
capito, disse l’altro e ripetè ad alta voce quel che stava scrivendo. “Morta di
Mal medili”. In seguito il fratello di Silverio raccontò più volte in osteria a
Salino l’aneddoto del suo incontro con l’ufficiale d’anagrafe. Fu così che per
l’ignoranza e la sordità d’un ufficiale d’anagrafe, indicando il luogo dove era
morta Maria, si iniziò a chimarlo Malmedili, e il luogo finì per dare il nome
al rio che lo attraversa.
Ma
lasciando le divagazioni e tornando al racconto principale, si dice che
Silverio sia impazzito dal dolore e si sia ritirato a vivere come un eremita
sulla montagna dove era morta la sua Maria. Se ne stava nascosto in qualche
grotta, come un animale selvatico, e non si faceva mai vedere dai paesani che
salivano per la fienagione o per accudire alle bestie. Soltanto i pastori
raccontavano alle volte d’averlo intravisto, come si racconta d’aver intravisto
l’orso. Ad un certo punto non si registrarono più avvistamenti, e si dedusse
che fosse morto. Ma la sua scomparsa avvenne dopo il ritrovamento della pietra
con la Madonna scolpita. A quell’epoca era certamente ancora in vita…
Si
potrebbe quindi così spiegare il miracolo della Madonna. Era stata scolpita da
Silverio per ricordare la sua Maria e il suo figlio mai nato, e l’aveva
riportata per tre notti di seguito nel posto ove avrebbe voluto che restasse, a
testimonianza della disgrazia che aveva distrutto la sua vita.
Con
questa versione, si perde l’idea del miracolo del sasso che torna, per tre
volte, da sé, nel luogo ove la Madonna chiedeva le fosse dedicata una Chiesa,
ma per un altro verso si rafforza la suggestione del luogo. Se veramente
Silverio avesse trasfigurato in quella della Madonna l’immagine della sua
Maria, il santuario potrebbe veramente essere considerato il monumento alle
donne di Carnia, donne da santificare per i sacrifici che hanno fatto, in
situazioni al limite, come quella dei pendii ripidissimi dei prati di Castoia, per ricavare il
necessario per far crescere i figli.
Ma
di questa come di altre leggende, ci
sono più varianti. Dopo aver fatto
circolare per Paularo la voce che stavo cercando se c’era qualcuno che conosceva altre versioni
riguardanti la storia della Madonna di Castoia, una sera fui avvicinato per
strada da una vecchia che mi trascinò a sé in un angolo buio, quasi volesse
violentarmi.
“Non
è una Madonna!”, mi disse in un soffio avvicinando la sua bocca al mio
orecchio.
“Che
modo di spaventare la gente!” protestai.
“Non
voglio che mi riconosca. Nessuno deve sapere che le ho parlato” continuo a
dirmi, trattenendomi a forza, per potermi parlare da vicino.
“Anche
se la riconoscessi non avrei alcun motivo per rivelare il suo nome,” obiettai.
“Ma come fa a dirmi che non è la Madonna?”
“Non
sono la sola a saperlo! Ma nessuno ne vuole parlare, per paura delle
maledizioni del parroco!”
“Che
io sappia i preti non maledicono ma benedicono!”
“Signore,
io non so quale esperienza lei possa avere. Ma chi sa benedire, sa anche
maledire!”
“Sarà!
Ma insomma mi dica cosa sa della Madonna”
“E’
una immagine molto più antica, è l’immagine di una Agana del tempo dei Celti”.
“Questa
poi!...” borbottai.
“Le
dico che è così! Se è uno studioso, provi ad approfondire l’argomento ed alla
fine mi darà ragione”. Così dicendo la donna si infilò in un vicolo e scomparve
nel buio.
Che
molte delle chiese, soprattutto quelle di montagna, possano farsi risalire ad
epoca pre-cristiana, è un fatto che viene sostenuto da molti studiosi. Il
sincretismo cristiano può aver trasformato nel volto di una Madonna quella che
invece era il volto di una Agana. Ma non in questo caso! La Madonna di Castoia
è rappresentata con in braccio il bambino che tiene il dito alzato ad indicare
la madre. E’ una tipica iconografia della Madonna.
A meno che la pietra non sia stata
scolpita nuovamente modificando una immagine preesistente! Se la mia
informatrice senza volto avesse veramente ragione, la pietra potrebbe essere stata
ripulita già dopo l’editto del Concilio di Tours nel 567 che condannava quelli
che continuavano “nella stoltezza di praticare culti presso alberi, pietre e
fonti” e chiedeva che “questo uso pessimo e incompatibile con la religione sia
distrutto” .
Ma
a questo punto si potrebbe anche arrivare a pensare che ci sia stato veramente
il miracolo della pietra, che non voleva allontanarsi dal rio! Le Agane si sa,
sono fate dell’acqua, e l’Agana di Malmedili preferiva la vicinanza dell’acqua al sole della maina sull’altopiano, dove volevano collocarla gli abitanti di
Salino!...
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