Da brava ricercatrice, Lella, dopo il racconto sulle Agane del Monte Dauda, pensò di verificare subito se nei paesi sugli altri versanti della montagna, si riportasse la stessa leggenda. Decise quindi di recarsi a Fielis. Passando con il fuoristrada sotto alla Pieve di S.Pietro in Carnia sentì suonare le campane e così d’istinto decise di cambiare programma per fermarsi a vedere se c’era qualcuno alla Pieve. Il fatto che suonassero le campane non significava che ci fosse qualcuno, le campane ormai suonano con il motore elettrico comandato da un orologio programmato. Ma per questo non si poteva escludere che ci potesse essere anche il sacrestano-campanaro.
E’ c’era infatti. La porta del campanile era aperta e lo si sentiva scendere le scale con qualche imprecazione non proprio consona con il luogo sacro. Uscì infine alla luce del sole scuotendosi i capelli per liberarsi dalla polvere. Restò sorpreso di trovarla lì ad attenderla. Se l’avesse saputo non si sarebbe lasciato andare a tutte quelle giaculatorie…
“Nei giorni feriali, non c’è mai nessuno” disse, quasi a scusarsi, rispondendo così al suo saluto.
“Stavo andando a Fielis e mi sono fermata per caso”.
“Ma guardi che anche in paese non c’è quasi anima viva. Sono rimasti quattro vecchi..”
“E sono proprio i vecchi che mi interessano. Sto facendo una ricerca sulle leggende della Carnia, sto cercando persone anziane che se le ricordino”.
“Ah! Ma sono così tante le leggende in Carnia…”
“A me interessano in particolare quelle sulle Agane!”
L’affermazione di Lella sorprese il suo interlocutore che con evidente imbarazzo replicò: “Ma le Agane non sono una leggenda, sono storia. C’erano una volta anche qui sul colle di S.Pietro le Agane”
Il sacrestano di S.Pietro aveva le stesse convinzioni del vecchio di Dolaces. Usava le stesse parole per ribadire che le Agane sono un elemento reale e non fantastico della storia della Carnia.
Lella non sapeva come interpretare questa convinzione così radicata. Non capiva neppure perché i due anziani ci tenessero a sottolineare allo stesso modo la differenza tra la storia, riporto di avvenimenti realmente accaduti, e la leggenda, riporto di vicende inventate. Proprio a livello popolare pensava che doveva essere normale il riconoscere che storia e leggenda si incrociano e si mescolano. Ci sono leggende che nascono da fatti di storia, e ci sono fatti di storia che sono finiti in leggenda. Certe leggende sono nate dalla fantasia di qualche autore ma sono nate per spiegare la storia…
Riteneva comunque che avrebbe sviluppato questi concetti nelle premesse della sua ricerca, e che non era certo il caso di discuterne con il sacrestano. Per avere il suo racconto gli conveniva accettare senza discutere il suo punto di vista.
“Se ci sediamo un momento potrebbe raccontarmi cosa sa delle Agane che vivevano qui”.
“Volentieri!” disse lui, come se finalmente avesse trovato qualcuno che manifestava interesse ai suoi racconti. “Se vuole sedersi lei”, aggiunse, “io preferisco stare in piedi”.
Zoppicava vistosamente, e questo spiegava la sua difficoltà e le se imprecazioni nello scendere le ripide scale della torre campanaria. Ma, tutto agitato, continuava a muoversi avanti e indietro quasi dovesse tenere in esercizio la gamba malata. Piccolo e tarchiato, con una folta capigliatura di capelli bianchi, con quel suo incedere ondulato fece venir in testa a Lella l’idea che fosse uno gnomo. Sorrise tra sé, senza far commenti con il suo interlocutore, e si sedette su una panchina di pietra, appoggiata al campanile, mentre lui prendeva a raccontare continuando a girarle attorno.
Da generazioni la sua famiglia aveva l’onere e l’onore del compito di sacrestano della Chiesa matrice della Carnia. Da generazione in generazione trasferendosi l’incarico da padre a figlio si erano trasmessi anche il racconto delle Agane, che aggiungeva un elemento di mistero ma anche di poesia al loro compito di suonare le campane della pieve. Dovevano scendere dal paese ogni mattina alle sei per l’ave maria, a mezzogiorno per il segnale di mezza giornata e poi alle otto di sera di nuovo per l’Ave Maria del riposo della notte. Questo ogni giorno, per tutti i giorni dell’anno, poi c’erano le messe, lo scampanio delle feste…Era un compito chi richiedeva anche molta fatica. Per fortuna poi è arrivata l’elettricità, l’orologio programmato…Ora l’impegno è meno pesante, ma c’è sempre qualcosa che non funzione, e gli anni sono andati su…e pesano, ogni anno di più. E’ una fatica che si fa volentieri come servizio alla chiesa, ma anche…
“Guai se mi sentisse l’arciprete…” Anche per l’impegno assunto con le Agane…
E’ una storia lunga iniziata ancora nel seicento…A quei tempi tutti sapevano che sul colle di S.Pietro, nel cimitero che circonda la Chiesa, si raccoglievano ogni sera le Agane di tutta la valle del But. Tutti lo sapevano e lo ritenevano normale. Nel cimitero venivano sepolti i morti di tutta la valle ed alla sera le Agane si intrattenevano con loro. I vivi non riescono a parlare infatti con gli spiriti dell’ultramondo, ma i morti sì. E la conferma che ci fosse questo incontro l’avevano anche i vivi che potevano vedere ogni sera riempirsi il cimitero di lucciole come se ogni sera d’ogni giorno dell’anno fosse stata la notte di S.Giovanni. Ad eccezione della notte dei morti!…Quella notte le Agane non si facevano vedere e lasciavano che brillassero le fiammelle accese dai vivi a suffragio dei loro morti.
Tutti sapevano, compreso il prevosto, che sapeva ma faceva finta di non sapere. Se l’avesse saputo sarebbe stato costretto a prendere dei provvedimenti che l’avrebbero posto in cattiva luce nei confronti dei suoi parrocchiani che apprezzavano l’omaggio serale delle Agane ai loro morti. Finchè la notte di morti del 1615 fu costretto a vedere, e non potè far finta di non vedere…
Nessuno seppe spiegarsi l’incidente, per anni, per secoli la sera dei morti non s’erano fatte vedere, quella notte le fiammelle delle agane che si libravano nell’aria del cimitero si unirono alle fiammelle dei ceri degli uomini. Quando arrivò il prevosto con la processione dal paese, fu costretto a vedere ed a far rapporto al Tribunale dell’Inquisizione sul fenomeno di cui era stato testimone. Il notaio di Zuglio che era uomo dotto, riuscì anche a dare una spiegazione: ci sono tanti diversi calendari, per cui la Pasqua degli ortodossi non coincide con quella dei cattolici, forse il calendario delle Agane aveva una sfasatura che per quell’anno non l’aveva fatto coincidere con quello gregoriano. A Roma nello stesso anno il S.Uffizio discuteva con Galileo se il sole gira attorno alla terra o viceversa, e forse anche questo poteva aver generato confusione tra le Agane… Più che una spiegazione dotta era sembrata ai più una spiegazione bizzarra. Ma dotta o bizzarra che fosse, e qualsiasi fosse la spiegazione vera, l’incidente c’era stato. Il prevosto aveva messo in moto la macchina dell’inquisizione. Una macchina che si muoveva come un tritasassi. Gli abitanti di Fielis furono chiamati a Udine a testimoniare che avevano preso lucciole per lanterne, comunque a scanso di equivoci al prevosto fu chiesto di fare uno esorcismo contro la presunta presenza delle Agane, sul colle di S.Pietro…
Le Agane c’erano davvero e per l’esorcismo furono costretta ad abbandonare il luogo. Anche le Agane come il diavolo furono costrette a trattare con l’esorcista e chiesero di potersi rifugiare alla sera sul monte Dauda. Aggiunsero una richiesta strana: quelle di essere accompagnate dal suono d’una campana. “Ogni sera il sacrestano suona alle otto l’Ave Maria, se ritenete che quel suono vi possa accompagnare…basta che non si sappia in giro del compromesso…L’unico ad essere messo a conoscenza del segreto fu per necessità il sacrestano. Con obbligo di mantenere il segreto, pena la morte eterna, e di comunicarlo solo ai suoi successori…
Anche adesso che le campane suonano senza l’intervento dell’uomo, ogni sera alle otto di sera la cella campanaria si riempie di lucciole, e si illumina. Ai primi rintocchi con il suono che sale verso il monte portato dalla brezza della sera, al suono s’accompagna una scia di luce che sale e si perde su nel bosco sopra Fielis, per arrivare fino alla cima della montagna.
“Ecco ti ho svelato il segreto!” concluse il sacrestano agitandosi sempre più. “Io non ho figli a cui tramandarlo. Forse dopo di me non ci saranno neppure più sacrestani alla Pieve. Dal momento che mi hai detto che ti stai interessando alle Agane mi sei parsa la persona più adatta cui confidarlo”
Nessun commento:
Posta un commento