L’ultima volta che sono stato a Pesariis ho avuto l’avventura d’un incontro davvero fuori dal comune. Il bello è che quando ho chiesto al mio amico Carlo che abita lì, di darmi dei ragguagli sul personaggio che avevo incontrato, mi ha detto che non conosceva nessuna persona che corrispondesse alle caratteristiche che gli andavo descrivendo.
“Non crederai che mi sto inventando gli incontri!” obiettai.
“Io non obietto nulla!” ribattè Carlo. “Ma posso assicurarti che in tutta la valle Pesarina non esiste una persona con i lunghi capelli bianchi che scendono fin sulle spalle e con una lunga barba bianca che arriva fino alla cintola del calzoni, come descrivi la persona che dici di aver visto…”.
“Eppure non posso aver sognato, perché stavo camminando per il paese…”
Stavo appunto camminando per il paese di Pesariis, un giorno di fine aprile, aspettando Delio che mi avrebbe accompagnato in visita agli originali orologi che sono stati realizzati negli angoli più caratteristici del paese. Piuttosto che una giornata di inizio primavera sembrava una giornata d’autunno inoltrato. Piovigginava. Sul paese si aggiravano nuvole nere, pesanti di pioggia, dalle quali si sfilacciavano refoli di nebbia che si insinuavano nelle strette viuzze. Mi guardavo attorno, ammirato per come era stato sistemato il paese, ripristinando sulle strade l’acciottolato il “codolàt” d’un tempo.
Quando fui davanti a casa Bruseschi, che come diceva il depliant che stavo leggendo “era stata la residenza di una delle più autorevoli famiglie del paese, fin dal XV secolo, come testimoniano documenti dell’archivio parrocchiale” vidi con sorpresa che era aperta. “Forse qualcuno ci sta facendo dei lavori” pensai, e non resistetti al desiderio di infilarmi per l’uscio socchiuso, per visitare l’interno della casa.
“E’ permesso?” chiesi a voce alta.
Nessuno mi rispose. A meno che non si dovesse considerare una risposta il suono d’una pendola che da una delle stanze, diffuse per le stanze l’eco di quattro rintocchi, a ricordarmi che era l’ora per l’appuntamento per il quale mi ero recato a Pesariis. “Faccio in fretta, ed arrivo subito!” dissi tra me e me, come se l’amico che mi stava aspettando avesse potuto sentire. Mi affrettai, pensando ad uno sguardo molto veloce e superfiale a quella tipica casa carnica. Ma quando fui nella grande cucina, dovetti fermarmi perché c’era qualcuno seduto sulla panca attorno al focolare. In un primo momento pensai si trattasse d’una ricostruzione, come quelle che si trovano nel Museo Carnico di Tolmezzo, ma poi mi parve si muovesse…
“Mi scusi!” dissi, “Ho trovato aperto ed ho pensato di poter fare una visita veloce…Ho chiesto permesso, ma non mi aveva risposto nessuno…
“E chi ti dovrebbe dare il permesso?..” disse il vecchio, confermando con la voce, che avevo visto giusto, che non si trattava d’un figurante ricostruito…
Sul lato destro del focolare era infatti seduto un vecchio di grande statura. Per i lunghi capelli bianchi e la lunga barba bianca, mi faceva pensare ad una immagine di Cristo in qualche quadro d’autore, anche se non riuscivo a definire quale. Ma il viso era rinsecchito, segnato da profonde rughe, le mani lunghe e affusolate distese sulle ginocchia, ricordavano quelle d’uno scheletro. Era un vecchio…molto vecchio… Vestito con gli abiti da festa come si vedono i ritratti nelle fotografie del primo novecento… Ai piedi, che poggiava sui bordi del focolare, calzava degli scapets nuovi, molto ricamati… Li notai perché mi parevano stonati, mi parevano calzature da donna, che non si intonavano con l’abito e soprattutto con l’età…
Ma più che l’abbigliamento mi aveva stupito la battuta alla quale non sapevo cosa replicare… Chi mi doveva dare il permesso? Visto che mi ero intrufolato nella casa senza permesso, qualcuno che c’era, avrebbe dovuto dirmi se potevo fermarmi, o se dovevo uscire…
“Sa. La curiosità. Ho trovato aperto…” ripetei per chiedere scusa di nuovo.
“Sei nella valle del tempo!” disse il vecchio con la cadenza e l’importanza di chi sta recitando una sentenza. “E il tempo non chiede il permesso a nessuno…”
Mi ricordai che in valle a Pradumli c’era un famoso centro di anarchici. Pensai che il vecchio, con quelle battute originali sul tempo, potesse essere l’ultimo degli anarchici…
Certo che il tempo scorre senza chiedere il permesso a nessuno. “Ruit ora”, dicevano i latini e in quel “ruit” più che l’idea dello scorrere c’è quella del rotolare irrefrenabile, del rovinare inarrestabile…Ma perchè gli avrei dovuto spiegare queste cose al vecchio?..
Comunque, senza aspettarsi nessuna spiegazione da me, mi chiese invece se sapevo perché la valle Pesarina si chiamasse la valle del tempo.
“Essendo famosa perché vi si fabbricano gli orologi” risposi, presumo che qualcuno abbia collegato l’idea dell’orologio con quella del tempo, e vi abbia costruito un marchio intelligente perché molto originale ed evocativo. Mi piace l’idea della valle del tempo!...
“Mi fa piacere che ti piaccia!” recitò di nuovo il vecchio, con il tono di un attore tragico. “Ma la spiegazione è un'altra. Si chiama la valle del tempo perché è qui che è stato inventato il tempo…”
“Altro che anarchico!” pensai. “Questo è proprio fuggito da qualche manicomio…”
“Siediti!”, mi disse deciso. Maledicendo la curiosità che mi aveva fatto entrare in quella casa, e sicuro di avere a che fare con un pazzo che, come si sa, è sempre meglio assecondare… mi sedetti dall’altra parte del focolare, sulla panca opposta alla sua, ed ascoltai, prima preoccupato poi sempre più meravigliato ed incuriosito questa strana storia sugli sbilf della valle Pesarina.
Il vecchio prese a dire che come in Irlanda tutti sanno che il mondo dei piccoli uomini esisteva prima del mondo degli uomini, così in Carnia si dovrebbe sapere che il mondo degli Sbilf era precedente a quello degli uomini. Io non avevo nulla da obiettare, convinto come sono che il mondo degli sbilf sia il mondo delle favole, cioè il mondo nel quale tutto è possibile. Il vecchio però mi parlava sicuro di riferirsi a delle storie vere…e quindi mi guardai bene dal dirgli che io le ritenevo delle favole…chissà poi comunque quale sarà la verità?...
Come la storia degli uomini inizia con la Genesi, allo stesso modo la storia degli sbilfs ha una sua genesi… All’inizio dei tempi…gli sbilfs vivevano nella valle senza tempo…S’alzava il sole per segnare l’inizio d’un nuovo giorno, calava la notte e segnarne la fine, ma i giorni si succedevano uguali e senza fine… Se non c’è una fine sulla quale misurare il tempo, non c’è neppure il tempo…
Gli sbilf vivevano in completa libertà e quindi in completa anarchia, con la sola regola che la libertà di ognuno deve avere il limite, unico ed insuperabile, nella libertà dell’altro…Nessuno era proprietario di qualcosa, perché tutti erano proprietari di tutto... Tutti si volevano bene, perché tutti rispettavano il comandamento di Dio che aveva imposto di non mangiare dall’albero dell’amore, posto al centro del giardino dell’Eden. Finchè arrivò la sbilfa di Eva che non rispettò il comandamento di Dio e volle cogliere il frutto dell’albero dell’amore. Ma l’amore implica il rapporto esclusivo con la persona amata, il desiderio esclusivo di vederla, il sospirare impaziente nell’attesa… L’incontro d’amore divenne un fine, e il fine originò il tempo…Lo sbilf Adamo sentì la necessità di misurare il tempo che lo separava dal prossimo incontro con Eva, e nel torrente che scorreva nella valle senza tempo, inventò un modo per fare in modo che lo scorrere dell’acqua segnasse il tempo…Fu così che gli sbilf, cominciarono a sentire il peso del tempo e chiamarono Pesarina il torrente, e la valle divenne la valle del tempo…
E la competenza acquisita dagli sbilf nel realizzare strumenti per misurare il tempo, concluse il vecchio, si è trasferita poi agli uomini. Per questo la valle del tempo si chiama anche valle degli orologi, perché, come in nessun altro posto, tra queste case si sanno realizzare strumenti per misurare il tempo…
Ero appunto salito in valle per vedere quegli originali orologi, e Delio che avrebbe dovuto accompagnarmi mi stava aspettando, certamente preoccupato per il mio ritardo…Ero finito ad ascoltare il racconto d’un vecchio fuori dal tempo, che mi parlava dell’origine del tempo…per poi scoprire che il vecchio non esiste… come forse neppure il tempo esiste…
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