tag:blogger.com,1999:blog-15010006580810815502024-03-19T11:27:51.014+01:00LEGGENDE DEI CARNI.Racconti che di solito traggono spunto da qualche leggenda della Carnia. Lo spunto,liberamente sviluppato, dà origine a sua volta a nuove leggende...Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.comBlogger32125tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-75056498195152994362020-01-26T12:10:00.000+01:002020-04-01T10:01:26.995+02:00Gracco in Carnia<br />
<br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><span style="font-size: x-large;">Gracco, mi piego ma non mi spacco.</span><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Flectar non Frangar .</span></b></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><br /><b>
Nella storia di un paese la storia della Carnia.</b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">(ipotesi di scherzo teatrale).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><br />
Premessa. Colpito dal fatto che sono riuscito a dimostrare che Marco Polo è
nato in Carnia, un amico mi ha chiesto di usare le stesse abilità per
dimostrare che il paese di Gracco in Val di Gorto ha qualcosa a che vedere con
i famosi Gracchi Tiberio e Claudio. Mi sono provato con questo sketch teatrale.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> E’ il lungo monologo di un
Attore (il parroco di Rigolato) disturbato da uno Spettatore, che presenta una
serie di scene della storia di Gracco allargata poi al Comune di Rigolato, in
qualche modo riassunto della storia della Carnia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Venti scene da tre minuti
intervallate da un minuto di monologo. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Immagino una anteprima al
Candoni di Tolmezzo con il gruppo teatrale dell’Università della terza età. Le
scene recitate saranno filmate, per poterle poi proiettare nella Prima da
tenersi a Rigolato.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">La registrazione della prima può andare anche in onda a Telefriuli.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Contando sul volontariato l’unico
costo sarà quello delle riprese, a meno che non si trovi un volontario con la
strumentazione e professionalità
necessaria che elimini anche queste.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> A un angolo del palcoscenico, di sghembo
un prete con tonaca e quadrato. Ha in mano un libretto, dei fogli, davanti un
portatile, che lo riprende proiettando la sua immagine a pieno schermo sul
fondale.<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">(Monologo introduttivo)</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Buonasera! Mi presento. Sono il
Parroco di Rigolato. Sono qui per parlarvi di questo libretto che mi è venuto
tra le mani e della storia del paese di Gracco che vi è scritta. Ma per
spiegarmi devo fare un passo indietro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Negli
anni cinquanta del secolo scorso, subito dopo la fine della guerra, viveva a
Gracco un povero cristo. Si chiamava Sempronio, e il nome aveva
assunto una connotazione negativa.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> “Tu
ses un sempronio” era diventato sinonimo di sei un imbranato.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 7.35pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Era
l’individuo che non manca mai nei paesi, quello che viene chiamato “lo scemo
del villaggio”, e </span><br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9M5G4C9ve9ZTeT0cy24RKPrmKsWDPC02VDYLLnyY87t7dZDbNzKx2lCPw2hoGIavzrRmlsrkJDjuvEnPwdgwU8Hp-PCqEpM7z29FsEuptoUC7yqmcVZisYB-HfSoCjmbjtz7LEF3g_IUg/s1600/Il+paese+di+Gracco.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; display: inline !important; float: left; font-family: "times new roman", serif; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="384" data-original-width="512" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9M5G4C9ve9ZTeT0cy24RKPrmKsWDPC02VDYLLnyY87t7dZDbNzKx2lCPw2hoGIavzrRmlsrkJDjuvEnPwdgwU8Hp-PCqEpM7z29FsEuptoUC7yqmcVZisYB-HfSoCjmbjtz7LEF3g_IUg/s200/Il+paese+di+Gracco.jpg" width="200" /></a><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Sempronio sembrava il nome più appropriato per denominarlo. <o:p></o:p></span></div>
<table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" class="MsoNormalTable">
<tbody>
<tr>
<td style="padding: 2.4pt 2.4pt 2.4pt 2.4pt;"><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<br /></td>
</tr>
<tr>
<td style="padding: 1.6pt 2.4pt 2.4pt 2.4pt;"><div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<br /></div>
</td>
</tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Invece il nome aveva ben
altra origine, era un nome storico importante. Suo padre si chiamava Tiberio.
Nomi non usuali in Val Degano dovuti al fatto che il nonno era stato un
personaggio di rilievo, a capo del Distretto di Rigolato. Era quel che si dice
“uno studiato” aveva infatti frequentato il Ginnasio tenuto dai frati nel
monastero di Raveo. Appassionato di storia romana s’era innamorato dei Gracchi
e delle loro vicende, non tanto per la riforma agraria che viene loro attribuita,
quanto perché si era convinto che da loro derivasse il nome del
paese. S’era dato così a ricerche a livello nazionale e
internazionale per capire se aveva manico l’idea d’una origine
romana del paese. Preso da questa sua passione aveva imposto a
suo figlio il nome di Tiberio, obbligandolo poi a dare il nome di Sempronio al
nipote.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Che
in qualche modo avesse ragione a pensare a una origine romana era dimostrato
anche dal fatto che in paese erano ricorrenti nomi d’origine latina come
Claudio, Sisto, Lucio che non erano usuali negli altri paesi. Una ramo dei
D'Andrea ancora si chiama "chei di Corneli" perchè alla fine
dell'Ottocento c'erano Giuseppe Cornelio e Cornelio Antonio figli di Giacomo
Cornelio, nipoti di Cornelio D'Andrea (1806-1870). Evidente richiamo alla madre
dei Gracchi!<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Aveva
fatto studiare sia il figlio che il nipote, ma poi quest’ultimo nato nel 1899
era stato chiamato alle armi ed era tornato dalla guerra, gloriandosi di essere
"un ragazzo del 99" ma “disturbato”, come aveva detto il
medico, per non usare il brutto termine di pazzo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Disturbato
o pazzo che dir si voglia Sempronio aveva vissuto nella sua casa di Gracco
senza dar fastidio a nessuno. Accudito da una vecchia zia, lo si vedeva girare
per i boschi, sempre senza mai dire una parola, senza mai fermarsi a sentire un
discorso. Una vita in piena solitudine che si concluse quando ad appena
cinquanta anni la zia, preoccupata perché non si alzava come al solito,
constatò che, in silenzio come era vissuto, era passato a miglior
vita.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Rovistando
tra le sue carte la vecchia trovò un libriccino nero, scritto con una fitta
calligrafia che pensò bene di regalarmi, non sapendo che altro farne..<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_K5wAGSMeFKgzznNWMUUmQCQ9krFOi7PlKwfT6c99qKPiTPWqU9Z-o5iXEg8XvRs2wLeKQ_rD9zI0Tqzw-lrhb74fex03xoXNNIGHSjEM4zUza-T79OBdwE50LCMFhPvSZILcasrqd8xo/s1600/Vocabolari.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="610" data-original-width="458" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj_K5wAGSMeFKgzznNWMUUmQCQ9krFOi7PlKwfT6c99qKPiTPWqU9Z-o5iXEg8XvRs2wLeKQ_rD9zI0Tqzw-lrhb74fex03xoXNNIGHSjEM4zUza-T79OBdwE50LCMFhPvSZILcasrqd8xo/s200/Vocabolari.jpg" width="150" /></a><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> E’
questo il libricino che mi ha regalato. Questo libricino nero che ho portato
con me questa sera.<i>lo mostra al pubbico </i>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Potete immaginarvi la mia sorpresa quando ho preso a
leggerlo e vi ho trovato, scritta in bella grafia, la storia del paese di
Gracco. Scritta da chi? Da Sempronio, assicurava la zia, che diceva di
riconoscere la scrittura del nipote.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> “Ma
forse l’ha solo ricopiata da un manoscritto di suo padre o addirittura di suo
nonno!” ho pensato sulle prime. Oppure no?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Oltrechè
di storia locale io sono sempre stato studioso di storie occulte di diavoli e
streghe. In segreto, perché i parroci non dovrebbero interessarsi delle vicende
in cui è coinvolto il demonio. In segreto, ho così studiato la teoria per la
quale la storia si può ricostruire oltreché attraverso i documenti, anche
per mezzo di un particolare tipo di fantasia di cui sono dotati i
“disturbati”. Come nel Dna si deposita la storia fisiologica d’un
individuo, in un angolo particolare del nostro cervello si deposita la
sua storia, come popolo, come paese. Nei “disturbati” a volte questo angolo di
cervello emerge, diventa memoria, e l’individuo è così in grado di leggere la
storia della sua gente, anche se non è rimasta traccia in nessun documento.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Mi sono
alla fine convinto che questa era l’origine del libretto e subito
ho preso a trascriverlo, battendolo a macchina sulla mia vecchia Olivetti
lettera 32. Questi sono i fogli (<i>li mostra).</i><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Se mi
mettessi a leggerveli vi addormentereste, per evitare di sentirvi russare,
siccome, a dispetto dell’età, sono anche un appassionato intenditore delle
nuove tecnologie informatiche, come vedete ho qui il computer portatile e
vi presento il contenuto del libretto con l’utilizzo di queste
tecnologie.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">
Addirittura con le tecnologie del futuro!<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Le
passioni che mi hanno portato a capire come lavora il diavolo, mi hanno portato
anche a tenermi in rapporto con chi lavora sulle diavolerie informatiche e
quindi sono in grado di anticiparvi quello che si vedrà in futuro, nella
società 5.0, cinque punto zero.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">(Alla Anteprima)<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Di
seguito avrete l’impressione di vedere rappresentate delle scene di teatro, ma
non è così. Sono dei videoclip che ho qui nel computer e che proietto nel
palcoscenico. Le prioietto però, come si farà in futuro, non in 3D ma in 4D,
per questo voi avrete la netta impressione di avere davanti delle scene
recitate da attori. Sono invece scene che, con l’aiuto dei tecnici dell’Area di
Ricerca di Trieste ho realizzato al computer, e che proietto per voi questa
sera.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">(Alla Prima).<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Di seguito vedrete delle scene con immagini
che vi sembreranno proiettate. Non è così. Misteriosamente il libriccino di
Sempronio passato ai raggi Y dell’informatica 5.0, consente di far rivivere i
personaggi delle scene raccontate, Vedrete quindi veramente i personaggi che
hanno fondato Gracco e tanti altri che hanno scritto la storia del territorio
del Comune di Rigolato.<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Se non ci credete, fa niente. Se penserete
siano scene recitate da attori, non so che dirvi. Mi sta bene lo stesso.
L’importante è che attraverso le mie parole e ciò che avrete l’impressione di
vedere sul palcoscenico, riusciate a seguire la storia , come l’ha ricostruita
in questo libretto Sempronio il “disturbato”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Andiamo!<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Sul fondale appare la
scritta </span></i><b><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Nel 181 prima di Cristo.</span></b><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Il parroco legge:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> In quell’anno arrivarono
nella regione che prendeva il nome di Carnia, ( dalle montagne al mare, dal
Carso al Livenza non piccola come ora) i romani a fondare la città di Aquileia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> <i>Con il suo consenso, si possono rubare alcune scene da Ermanno Del
Tatto.<o:p></o:p></i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Dopo
aver fatto sorgere Aquileia nel 181 a.C. Acidino, il
fondatore, ebbe un figlio con la seconda moglie, la celtica Medea, come
si legge nel romanzo storico “Aquileia” di Carpenedo-Piutti. Lo chiamarono
Giulio e divenne un fedele continuatore della missione che il padre s’era
imposto di favorire: l’integrazione tra i Carni autoctoni e i Latini che
continuavano ad arrivare dal Lazio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">
Giulio <i>(171-100</i>) ebbe in particolare il compito di realizzare la
strada che da Aquileia portava al Passo di Monte Croce Carnico che poi si chiamerà
Iulia Augusta.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Scene
da Del Tatto sulla strata romana.<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Ma prima Giulio aveva trascorso degli anni a
Roma, ove il padre l’aveva introdotto a frequentare il Circolo degli Scipioni,
la lobby letteraria e affaristica del tempo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Era
entrato in famigliarità in particolare con Cornelia <i>(189-110)</i> la
figlia di Scipione l’Africano. Costei aveva sposato Tiberio Sempronio Gracco,
morto all’età di 66 anni. Vedova a 35 anni aveva fatto in tempo ad avere 12
figli. Due, Tiberio e Caio, furono quelli diventati famosi nella storia di Roma
come tribuni della plebe, e, come succede a chi vuol cambiare il mondo e fare
le rivoluzioni, ci lasciarono entrambi le penne Tiberio nel 133, Caio dieci
anni dopo nel 123.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Nell’angolo di fronte al parroco si illumina la presenza di Cornelia.</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Il parroco – Ve l’avevo detto che sembrano attori in carne e ossa, e invece
sono solo immagini. Lei è l’immagine di Cornelia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Dalla parte del parroco entra il figlio di Acidino.</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "times new roman" , serif;">E</span></b><span style="font-family: "times new roman" , serif;">ccone un’altra! E’
sicuramente Giulio il figlio del fondatore di Aquileia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Cornelia – Grazie di essere venuto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Giulio – Nessun grazie. Sono corso appena ho saputo. Che disgrazia. Non so
cosa dirti.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Cornelia – Non c’è nulla che si possa dire per consolare una madre che ha
perso un figlio di soli 29 anni. E l’ha perso in modo così tragico.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Giulio – Come è stato?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Cornelia – Ho tanto predicato a vuoto, dicendogli che stava rischiando la
vita insistendo nel voler fare la riforma agraria, per dare i terreni ai
piccoli contadini. Era evidente che i grandi proprietari, la nobiltà terriera,
gliel’avrebbero fatta pagare. E così è stato. Tiberio ha voluto ricandidarsi a
tribuno della plebe per un secondo anno, contro ogni tradizione, perché sentiva
il dovere di portare a termine la riforma e s’è così inimicato un po’ tutti.
Questa mattina è stato proprio Scipione Nasica pontefice massimo e mio nipote,
suo cugino quindi, a ucciderlo, pugnalandolo nel Foro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Giulio – Che sfrontatezza. Suo cugino…in piazza…<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Cornelia – Cose inaudite! Ma ora devo chiederti un grande favore. Io temo
anche per i suoi figli: Claudio ha sette anni, Lucio solo cinque. Tu li
conosci, sono in grande confidenza con te. Mi hai detto che stai ripartendo per
tornare ad Aquileia. Vorrei chiederti di portarli con te. Preferisco non
vederli più, ma saperli al sicuro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Giulio – Li avrò come fossero miei figli. Io parto domani. Preparali”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Si spengono le luci sulla scena</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Il parroco – In effetti i testi di storia non dicono che Tiberio avesse due
figli, perché le vicende della sua famiglia, alla sua morte, non interessavano
agli storici. Ma è certo che fosse sposato e che avesse dei figli. Anche
lo studioso Luciano Perelli, nella sua storia dei Gracchi, parla almeno di un
figlio. Ecco così che il libretto di Sempronio ci aiuta anche a coprire i
buchi della storia, per questo se permettete, continuo a leggere.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> I timori
di Cornelia erano fondati, come dimostra il fatto che nel 123, dieci anni dopo
venne ucciso l’altro suo figlio Caio, che aveva voluto portare a termine le
riforme impostate dal fratello.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Sul fondale viene
proiettata la data <b>120 avanti Cristo</b></span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">(il parroco continua a leggere)</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Data
fondamentale per la storia del paese di Gracco questa del 120 a.C. Giulio, il
figlio di Acidino, era stato incaricato di realizzare la strada che da Aquileia
porta ad Aguntum (oggi Lienz) per il passo di Monte Croce e si trasferì ai
piedi del villaggio celtico di Sezza, impostando la costruzione di un
Municipium romano che da lui prese il nome provvisorio di Iulium.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> All'epoca, Claudio aveva
vent’anni, Lucio 18. Giulio aveva insegnato loro il suo mestiere di
Magister, costruttore di strade, progettista e impresario allo stesso tempo. L’avevano imparato molto bene, per
questo i Duoviri di Aquileia si convinsero ad affidare loro la
realizzazione di una'altra strada che, attraverso la val Degano, anche se con
un percorso molto più tortuoso, portava ad Aguntum.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Si
trasferirono quindi sul percorso della strada che avrebbero dovuto realizzare,
creando un insediamento abitativo a supporto, come aveva fatto Giulio
nell’altra valle. Sorse così l’abitato che da loro prese il nome di Graccum,
come quello della valle del But aveva preso il nome di Iulium.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> La valle a quel tempo era
abitata da una tribù dei Carni, i Fauz. Dediti alla pastorizia occupavano gli
altopiani in quota. Vivevano in capanne come quelle di cui si vedono i resti
sul monte Sorantri sopra Raveo. Ma non ci furono difficoltà a trovare una intesa
con i nuovi arrivati:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Romano – Sono vostre queste montagna?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Fauz – Noi siamo Celti venuti da oltre le montagne. Ci siamo messi qui, perché
c’erano delle capanne occupate dai Veneti. Ma se ne sono andati e noi abbiamo
preso il loro posto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Romano –Ma quindi i territori sono vostri?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Celta – Per quanto ci dicono i nostri sacerdoti Druidi, la terra e tutto
ciò che essa produce e della Dea Madre Terra, gli uomini sono ospiti.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Romano – Va bene. Meglio così.E’ chiaro che abbiamo due concezioni diverse
del mondo. Comunque, sappiate che d’ora in poi i territori più in basso sono
nostri.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Fauz – A noi non interessano, se ci lasciate continuare a usare i pascoli
di alta montagna.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYBJdwLi3iyAz8lQHEHjfcvejvr0lKPNPr6UCCy6leyT0n7cYoO6ZNOoG0z7JyGOFlD_Bv_SLBbGFXNZbfSz2JONzGgwddQY7SEgY4yRp7dzEGnM9T9feb0ofQY7fHedCHePfYOyNrxRqK/s1600/Moneta1.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="241" data-original-width="548" height="87" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhYBJdwLi3iyAz8lQHEHjfcvejvr0lKPNPr6UCCy6leyT0n7cYoO6ZNOoG0z7JyGOFlD_Bv_SLBbGFXNZbfSz2JONzGgwddQY7SEgY4yRp7dzEGnM9T9feb0ofQY7fHedCHePfYOyNrxRqK/s200/Moneta1.jpg" width="200" /></a><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> PARROCO - Si insediarono così i figli di Tiberio come è
dimostrato dal fatto che sono state trovate delle monete che si riferiscono a
loro. </span><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> </span><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> La valle era
invece infestata da una continua invasione di Carni proveniente dal vicus
carnicus tergesteus dal villaggio carnico di Trieste. </span><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> </span><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Veri predoni di tutto ciò che la natura regala
agli abitanti della montagna: funghi, lamponi, mirtilli e quanto altro. A conferma
che anche tra i Carni c’erano modi di pensare diversi.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">SPETTATORE. E’ sempre stato e sempre sarà così, chi vive in montagna la
pensa diversamente da chi vive in pianura. Sono i luoghi a condizionare il modo
di pensare.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – Ma scusi lei chi è? Come si permette di interrompere.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">SPETTATORE- Non vorrà mica pretendere che stiamo a sentire il suo racconto
senza farci qualche nostra riflessione.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – Si può anche riflettere in silenzio. Ma se proprio non può fare a
meno di interrompere lo faccia il meno possibile…<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Tornando a noi. I due fratelli dovettero muovere una vera battaglia
oratoria per rivendicare il fatto che la valle era ormai occupata e quindi di
proprietà dei Romani.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Entrano in scena i due
fratelli e due Carnici Triestini.</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Un triestino - La proprietà è di diritto di chi se ne impossessa per primo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Lucio - Cosa c'entra essere arrivati per primi o per secondi. La valle è
pressochè disabitata. C'è un solo villaggio celtico, quello di Fauz, in altra
montagna. Semmai sono loro a poter rivendicare la proprietà. Ma con loro ci
siamo subito accordati, non hanno interesse a scendere a valle.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Un triestino - Ma questi Carni di montagna non sanno neanche approfittare
di ciò che la montagna offre loro, dei valori della montagna, noi invece,
venendo dal mare, abbiamo capito subito quali sono le ricchezze dei territori
montani.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Lucio – Grazie del suggerimento, faremo tesoro dei vostri
consigli. Ma ora ci siamo noi. La proprietà è di chi ha la forza per
mantenerla. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Così dicendo sguainò la spada</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> PARROCO E i triestini se
la diedero a gambe per non mettere mai più piede in Carnia a rubare i prodotti
della montagna.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> SPETTATORE. Già a quel
tempo!... La solita panzana dei triestini in Carnia a rubare fagioli. Con
quella scusa è nata la diffidenza per i turisti. Così non sappiamo far turismo
e ci perdiamo tanti bei soldi.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> PARROCO - Io faccio il
Parroco non il politico. Anche quella volta vinse la forza e quindi vinsero i
Romani, ma (come erano soliti fare) hanno fatto loro il principio che avevano
appena negato. Così in Carnia si affermò l’usanza che nei paesi le proprietà sono degli
“originari”. i primi possessori, e loro discendenti. Gli immigrati acquisiscono
tutti i doveri senza nessun diritto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> </span></b><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Vinta la battaglia sul Diritto
di proprietà i due giovani Gracco presero a impegnarsi a tempo pieno alla
costruzione della strada e quindi del villaggio scelto come loro residenza.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Entrano di nuovo in scena i due
fratelli.</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Claudio – Io vorrei che nel paese che stiamo fondando ci sia qualcosa che
ricorda il sacrificio di nostro padre e di nostro zio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Lucio – Sono d’accordo con te. Possiamo fare un monumento a Tiberio e Caio
Gracco e attorno a questo sviluppare il piano urbanistico del paese.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Claudio – Si può fare. Ma io vorrei qualcosa di più significativo. Il modo
più sentito e sincero per ricordare i morti non è tanto quello di edificare
monumenti, quanto quello di continuare a far vivere le loro idee. Potremmo
impostare il nostro villaggio sui principi della riforma agraria.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Lucio – Mi pare un’ottima idea, ma in pratica cosa faresti?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Claudio – Il principio a fondamento della riforma voluta da nostro padre
era quello di dividere i territori, in modo che servissero al sostentamento
delle famiglie che diventavano proprietarie, non allo sfruttamento da parte dei
grossi proprietari. Lui pensava di
dividere. Io ponendomi lo stesso obiettivo di equità sociale, al
contrario lascerei le proprietà indivise, facendo partecipare le famiglie, in
parti eguali, agli utili che ne derivano.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Lucio – Claudio sei grande! Soprattutto perché hai capito che i principi
vanno sempre adattati alle situazioni reali. Nostro padre pensava alle pianure
da coltivare, qui in montagna non ci sono contadini, ma pastori. E’ più
razionale mantenere in comunione la proprietà dei prati e dei boschi che
circondano il paese. Basta un armentarius per tutta la mandria o il gregge,
basta un porcarius, per condurre al pascolo i maiali.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> <i>Si spengono le luci sulla scena e
riprende il racconto</i><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Parroco – A Gracco sono così nate le vicinie, il modo originale di
organizzare i paesi che poi si diffonderà per tutta la Carnia e resterà in
vigore fino all’arrivo di quel cretino di Napoleone, che ha fatto più danni
alla Carnia di un ciclone. Tutti i beni in comune, un Meriga eletto ogni hanno,
responsabile della gestione. Il sistema che ha impressionato anche Carducci
quando è venuto a “passare le acque” ad Arta e ha scritto della rustica virtù
dei carnici, d’essere uno per tutti e tutti per uno.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">SPETTATORE. Sarà stato un grande poeta, ma se questa è l’idea che s’è fatta
dei carnici, non ha proprio capito niente.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – Parla dei Carnici di una volta non di quelli di adesso, E quelli
di una volta, intelligentemente, trasformarono le vicinie, a partire da quella di
Gracco, in Comuni serrati. L’ho già detto. I diritti li avevano i proprietari
originari. Per mantenere un equilibrio tra i beni a disposizione e il loro
utilizzo, ogni Comune doveva organizzarsi per mantenere inalterato nel tempo il
numero degli abitanti. Serrato era il Comune perché non dovevano essere ammessi
foresti. A questo fatto si lega un momento significativo della storia di
Gracco.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> <i>Sullo
sfondo </i><b>Mille e non più mille.</b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> </span></b><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Anche a Gracco si attese con ansia la
notte di San Silvestro del 999. S’era diffusa la convinzione che l’anno mille
dovesse segnare la fine del mondo. Tutti a pregare…Non come adesso che sono
costretto a predicare ai banchi vuoti!...<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Quando
però nel gennaio dell’anno mille ci si accorse che era una panzana quella della
fine del mondo, si scatenò una gioia immensa. Ubriachi di libertà. si riprese a
vivere con grande entusiasmo, convinti che con il nuovo millennio fosse tutto
cambiato. “Compresa la regola che non si possono portare in paese dei foresti”
pensò Gigliana, la più bella ragazza del paese. E si diede a trescare con un
bel ragazzo di Ovaro, il figlio di Andrea l'oste del paese,<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Entrano in scena il Meriga e i due innamorati.</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Meriga - Io sono il Meriga, come sapete duro in carica un anno, e in questo
anno non voglio fastidi. Le consuetudini sono legge. Se entrasse in paese altra
gente non ci sarebbe da mangiare a sufficienza. Quindi Gigliana, se vuoi, segui
il marito e cerca ospitalità a Ovaro, ove ci sono prati con minore
pendenza dei nostri e quindi sono più ricchi di noi. Loro possono fare una
eccezione e accoglierti.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Gigliana - Ma io sono innamorata del mio paese, Gracco, quanto sono
innamorata del mio ragazzo di Ovaro. Mi entusiasmano gli ambienti e i paesaggi con prati e boschi
in salita non quelli pianeggianti. Il
ripido mi affascina!<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGXzEbdIRgDCc0DR2AYxOgbkhMcFXklkFqp9Wz8CyicBpIxy8i-RLueDi234YyIrUNzLsDVocjXsyzgSJRKlutGBoOAPGdHzGsMcfkG_jHa7VoUEZZXnwztkY6CU24tb0_uHK6roTwv6QL/s1600/chiesa.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGXzEbdIRgDCc0DR2AYxOgbkhMcFXklkFqp9Wz8CyicBpIxy8i-RLueDi234YyIrUNzLsDVocjXsyzgSJRKlutGBoOAPGdHzGsMcfkG_jHa7VoUEZZXnwztkY6CU24tb0_uHK6roTwv6QL/s320/chiesa.jpg" width="240" /></a><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Meriga - Che una ami i prati in salita invece che quelli in piano, che una
preferisca le montagne invece che la pianura è un fatto importante che va sottolineato
e premiato. .<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">SPETTATORE: Anche adesso andrebbe premiato che sceglie di vivere in
montagna. E invece ci sono solo tasse e costi in più per il riscaldamento, per
trasporti. Sfido io che non ci sono più ragazze che preferiscono la montagna
alla pianura.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO, - E dai con la politica! Io cosa c’entro, mi interesso di storia e
la storia insegna che ora come allora c’è sempre una soluzione, se si vuole c’è sempre la possibilità d’un accomodamento e
fu proprio il curato del tempo a pronunciare il fatidico “Si cumbine”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Riprende la scena.<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Il meriga – Bene! Volendo premiare l’attaccamento di Gigliana alla sua
valle, che non vuole abbandonare neanche per amore, faremo noi l'eccezione
daremo ai due sposi una parte della montagna ora non utilizzata, ove metter su
famiglia e avviare la nascita d’un nuovo paese. Daremo loro i terreni oltre il
cimitero, oltre il lùc dai vues, sulla strada per Collina.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Gigliana – Va bene che mi piacciono le pendenza. Ma quelli sono terreni
d’una pendenza che fa venire il capogiro. Già qui a Gracco non si scherza, ma
quelli sono in verticale, non per nulla non sono stati utilizzati fino ad ora.
Possono andar bene per le capre ma le mucche scivolerebbero, non riuscirebbero
a pascolare.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Andrea dell'Oste – A me, pur di restarti vicina, di metter su famiglia
assieme, sta bene ogni cosa. Ho sentito che in pianura hanno inventato dei
ferri da mettere sotto gli zoccoli dei cavalli, perché possano fare più sforzo,
noi li metteremo alle mucche al pascolo, perché non scivolino, li metteremo
anche a noi cristiani, e alle galline appenderemo un sacco per evitare che le
uova scivolino a valle.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO - L’usanza per le mucche e le galline s’è persa nel
tempo, in questo modo da Gracco attraverso Givigliana è venuta alla
Carnia l’invenzione delle “dalmines di glacins”.<i>.<o:p></o:p></i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Degna
di ricordo comunque la discussione che ha portato alla scelta del nome per il
nuovo paese.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Scena</span></i><i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">D’Andrea – A me piacerebbe che il paese che nascerà attorno alla nostra
prima casa porti il tuo nome.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Gigliana – Ti ringrazio del bel pensiero. Ma sono gli uomini a fondare i
paesi, non le donne, quindi credo sia giusto si chiami il paese dei D’Andrea. E
poi il merito più grande è il tuo, che hai accettato di venirmi dietro, mentre,
secondo le usanze, avrei dovuto venire io dietro a te.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">D’Andrea – Se sia giusto non so, ma da me deriverebbe un nome che suona
male.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Gigliana – Forse si. Si cumbine ha detto il Meriga indicandoci il luogo ove
abitare. Facciamo anche noi “si cumbine” per il nome. Va bene per il mio, ma
con la finale in o, a ricordare che i paesi li fondano i maschi non le femmine.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Fu così che nacque il
nuovo paese che dalla bella ragazza, prese il nome di Gigliana che poi il
solito cretino di impiegato comunale del c… (Pardon!) come ha cambiato
Chiazzaso in Cazzaso, per evitare il fastidio che gli davano quelle due “g” di
seguito, ci ha messo in mezzo una “v”. Gigliano è così diventato Givigliano.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO Dalla
“o” di Givigliano il paese prese poi spunto per preferire la finale in
“o” in tutti i vocaboli della lingua nuova che si veniva formando,
mettendo assieme le parole dei celti con quelle dei romani, dei barbari e degli
slavi immigrati.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Fu
proprio Gracco la culla della nuova lingua che poi si diffuse in tutta la
Carnia e la pianura friulana imbastardendosi, ora preferendo le desinenze in
“a” ora in “e” rinunciando al più robusto e maschile “o” che avevano voluto di
abitanti di Gracco.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">. Orgogliosi di aver inventato una lingua
nuova si misero a fare i poeti e la valle continuò a nutrire poeti fino ai
giorni nostri.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Fruch – Certo che sì. Io, Enrico Fruch sono forse l’ultimo e mi piace
rendere testimonianza per il primo di
cui s’è perso il nome,ma son rimasti i versi <i> Piruc mio doc
inculurit, quanti iò ci viot dut stori ardit,</i> La pirma poesia in
friulano! Una raffinatezza e sensibilità d'animo eccezzionali in quel primo
poeta di Gracco.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Dell'Oste – Non sono poeta ma sono uno storico. Non esageriamo. Dopo aver
rivendicato al paese di Gracco l'origine della lingua friulana, non possiamo
rubare al Friuli anche il merito della prima poesia. Il testo è stato ritrovato
in un documento del 1380 a Cividale, non a Gracco.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Fruch - Ma è stata composta a Gracco più di un secolo prima, attorno
al 1250 quando Gracco era diventato un covo di poeti, meritandosi nel 1251 una
visita particolare del Patriarca Gregorio di Montelongo<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Dell'Oste - Mi pare che la fantasia non ti manchi. Non c'è traccia di
questa visita del Patriarca in val Degano mentre è vero che è stato lui a
inventarsi Tolmezzo, che poi è diventato Toltutto a danno della Carnia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Fruch -. Gli storici pretendono di avere la verità e poi sono in disaccordo
su tutto. Comunque a conferma che la poesia viene da Gracco c'è la dedica che
dice<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> <i>Cianzonuta
va cun Djo a chello dumlo salu</i>dant, e "dumlo" si diceva a Gracco
per dire bella ragazza, dal latino “dominula”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 7.35pt; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 7.35pt; text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> IL Parroco.</span></b><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="center">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> A quanto ne so la disputa è ancora in corso e ha portato a profondi
studi da parte della Società Filologica Friulana. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Ma tornando a noi, i poeti si sa, possono essere arditi con le
ragazze ma girano con la testa tra le nuvole e quindi è facile imbrogliarli. Si
spiega così il bidone del bosco che si sono presi quelli di Gracco nel 1270.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Leggo dal testo di Sempronio:</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; mso-line-height-alt: 7.35pt; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Passò di
lì un mercante di legname di nome Erminio Polo, accompagnato da un nipote di 16
anni di nome Marco come si legge nel romanzo
“ Marco Polo, dalle memorie del nonno Luigi”.<o:p></o:p></span></div>
<div align="center">
<table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" class="MsoNormalTable">
<tbody>
<tr>
<td style="padding: 2.4pt 2.4pt 2.4pt 2.4pt;"><div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEVUtZTB_y38-fNwiFoH8cBxd_lCGu9GY3SRXXZRVYmAiY3SB9fAEzq4ZV_F7kyxVoLSiwdMDiAdhRgUEcN3_OHO7HisO2n86syPhReNLDfVs5gKEZ-fRqtAWqFTcZRltgLrQZLqjP9ztM/s1600/il+bosco+di+Gracco.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhEVUtZTB_y38-fNwiFoH8cBxd_lCGu9GY3SRXXZRVYmAiY3SB9fAEzq4ZV_F7kyxVoLSiwdMDiAdhRgUEcN3_OHO7HisO2n86syPhReNLDfVs5gKEZ-fRqtAWqFTcZRltgLrQZLqjP9ztM/s320/il+bosco+di+Gracco.jpg" width="240" /></a></div>
</td>
</tr>
<tr>
<td style="padding: 1.6pt 2.4pt 2.4pt 2.4pt;"><div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Il bosco
di Gracco,<o:p></o:p></span></div>
</td>
</tr>
</tbody></table>
</div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Avevano
visto il magnifico bosco di querce che sovrastava il paese, impiantato ancora
dai Celti, che consideravano sacre le querce e fecero in modo di avere
l’appalto per il taglio del bosco.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Erminio – Marco, hai visto che bosco meraviglioso di roveri c’è in questa
valle.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Marco – Certo,zio Erminio, e vedo che ti luccicano già gli occhi
immaginando l’affare.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Erminio – A Venezia questo legname non ha prezzo. Non c’è legno migliore
per realizzare i remi delle caravelle. Un legno eccezionale per la tempra e la
durata nel tempo, Ma come convincere questi montanari a lasciarcelo?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Marco - Ci penso io!. (e rivolto al Meriga). Mio zio vorrebbe farvi un
piacere. Tagliare questo bosco di querce e ripiantarlo come bosco di faggi. Il
faggio arde meglio nei vostri focolari, si lavora più facilmente per fare le
stoviglie e gli attrezzi di legno che voi usate.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Meriga – Mi pare un ottima idea. Così spariranno anche quei fastidiosi stormi di brutti uccelli neri che si alimentano
di ghiande.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – (leggendo) E come scrive Sempronio al bellissimo bosco di querce
che avevano piantato i Carni, che consideravano sacre le querce, si sostituì un
altrettanto bel bosco di faggi.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> A ricordo della sua
abilità di mediatore che poi avrà modo di mettere a frutto addirittura con il
Gran Kan dei Tartari, Marco si prese come stemma di famiglia tre degli uccelli
che aveva fatto allontanare del paese, ma che mantennero e hanno ancora il nome
di Gracchi corallini.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtRWLDkzUfGKI_RccRR1LMeMZsPVXU1wVBrCS8b4dTLbiCwgfRAXUMW8TmGY4KW9WW2WNUSg-tYd4MiB8P-4dvE1mBnvnQkql-UyolhqGAO4TeGZjwfsAt3CQSDooKjJSsmebtoBaeFCUO/s1600/download.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="121" data-original-width="110" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhtRWLDkzUfGKI_RccRR1LMeMZsPVXU1wVBrCS8b4dTLbiCwgfRAXUMW8TmGY4KW9WW2WNUSg-tYd4MiB8P-4dvE1mBnvnQkql-UyolhqGAO4TeGZjwfsAt3CQSDooKjJSsmebtoBaeFCUO/s1600/download.jpg" /></a><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> </span><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> </span></div>
<table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" class="MsoNormalTable">
<tbody>
<tr>
<td style="padding: 2.4pt 2.4pt 2.4pt 2.4pt;"><div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<br /></div>
</td>
</tr>
<tr>
<td style="padding: 1.6pt 2.4pt 2.4pt 2.4pt;"><div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Lo stemma
di Marco Polo<o:p></o:p></span></div>
</td>
</tr>
</tbody></table>
<div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO - L'origine di Givigliana, da Gracco, paese
di poeti, è dimostrato anche dal fatto che si è trasferita in quella
borgata la vena poetica che ancora oggi caratterizza il coro, che vanta
il nome di quel paese quando canta il suo inno:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Che tu
cressis Giviano sano e fuarto se Dio vul<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Che tu
slargis la pedrado di Dancilo fin a Gheghè.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> O la
nostalgia degli abitanti del confinante paese di Mieli, quando prendono la
strada costruita da Claudio e Lucio, per andare all’estero:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> S<i>ul
telo di sfondo viene proiettato il filmato del coro di Givigliana che canta le
due canzoni.</i><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> PARROCO –Ma nel frattempo, tra Gracco e Givigliana, era nato un
nuovo paese, nel luogo ove prima c’era il cimitero. Il luogo era stato
soprannominato “il lùc dai vuès”, luogo delle ossa, nome che si trasferì al
paese, Vuessis da vues, (osso) che poi per il solito errore di trascrizione
divenne Vuezzis. Era un paese di
origine celtica a differenza di Gracco, d’origine romana, con una strana storia
che val la pena di raccontare.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Come si
è già detto, quando arrivarono i due fratelli Gracco da Roma, non trovarono
difficoltà a insediarsi, perché la tribù autoctona dei Carni,i Fauz, dediti
alla pastorizia, abitavano un villaggio molto più in quota che portava il loro
nome: Fauz.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Fu abbandonato dagli abitanti a seguito
d’una strana epidemia causata da un virus che si trasmetteva rapidamente
portando alla morte chi ne era colpito, un antenato del corona virus. Era stato
importato e veniva trasmesso da nugoli di mosche bianche che avevano fatto
morire tutta la vegetazione. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Il Druido sentenziò che
era conseguenza del cambiamento climatico. Era in corso un raffreddamento
dell'atmosfera terrestre, per cui non si poteva più continuare ad abitare oltre
i mille metri di quota. I quattro che si salvarono dall’epidemia scesero quindi
più in basso portando i morti nel cimitero di Gracco, e costruendo un nuovo
paese attorno al cimitero.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">(<i>Si può proiettare un filmato con la
scena della processione ripresa sul posto.</i> <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Scesero
in processione, al seguito del Druido che continuava a suonare una campanella che
a Fauz era stata il simbolo del villaggio. Allo stesso modo degli
abitanti di Chiarsevualis, che al seguito della campanella erano scesi a
Valle Rivalpo. Così ora nella chiesa di S.Nicolò a Vuezzis come in quella di
San Martino a Valle Rivalpo, all’ingresso della sacrestia, per segnare l’inizio
delle funzioni religiose, suona una campanella d’origine celtica.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Gli abitanti di Fauz, tra i ruderi del loro villaggio
abbandonato, avevano nascosto un tesoro che poi per secoli gli abitanti di
Vuezzis hanno cercato invano di scoprire e portare alla luce. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Si sapeva che le indicazioni per individuare il nascondiglio erano scolpite
su una pietra che alla fine fu ritrovata.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">“L’ho trovata io scrive Sempronio” e non aggiunge altro a questo proposito
volendo mantenere il mistero.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Scena<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZDnQkrQ3lhvlmIN2ctuelpw2o8cj5AuIT0wIas315RKCxfvFzSmbYujOClAJZHzGdvriyTVLwVgtqKi7p4iIoFECmp47i2ccybie9y4ejp1AdprTHnnxj7grv2ljMmWCY0fs3kplvXeG1/s1600/Pietra.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="610" data-original-width="458" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZDnQkrQ3lhvlmIN2ctuelpw2o8cj5AuIT0wIas315RKCxfvFzSmbYujOClAJZHzGdvriyTVLwVgtqKi7p4iIoFECmp47i2ccybie9y4ejp1AdprTHnnxj7grv2ljMmWCY0fs3kplvXeG1/s320/Pietra.jpg" width="240" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La pietra di Fauz</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">ABITANTE1 – Non so chi l’abbia trovata. La pietra c’è. (dove?) Ma nessuno è
stato ancora in grado di decifrare che cosa vi è scritto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">ABITANTE2 – Uno studioso mi ha detto che è forse in lingua venetica, quella del popolo
che abitava qui prima dei Celti. Usavano questa scrittura anche i Carni non
avendo, come tutti i Celti, una lingua scritta propria.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – Che ci sia il tesoro non si sa. Mentre è vero che gli abitanti di
Vuezzis nel 1341 hanno voluto dedicare la loro chiesa a S.Niccolò per essere
protetti, dall’arrivo di altre pestilenze, con o senza mosche bianche. Qualcuno
sostiene che sia stato per merito dei poteri magici di quel campanello se l'epidemia di peste nera che nel 1348 ha
interessato tutta l'Europa non è arrivata a Vuezzis ma s’è fermata a Gracco.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhoL1i5yz7XkkzRMsU0vyGYmfUi5HaSavrtXYBE5sPuuOSf8yBNorxH9QBBAkalPRyNAh417te7bNhjg4DKjHCHNArdy5LjM98AFMi7TK0mSBU7PFKYNqWRbUjREsqHXAjHdY1wnYqCnHJv/s1600/miracolo.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1580" data-original-width="1600" height="197" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhoL1i5yz7XkkzRMsU0vyGYmfUi5HaSavrtXYBE5sPuuOSf8yBNorxH9QBBAkalPRyNAh417te7bNhjg4DKjHCHNArdy5LjM98AFMi7TK0mSBU7PFKYNqWRbUjREsqHXAjHdY1wnYqCnHJv/s200/miracolo.jpg" width="200" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il miracolo del bambino salvato</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Comunque i meriti furono
attribuiti a san Nicolò, e per ringraziarlo si decise di affrescare la chiesa,
non senza grandi discussioni perché era utilizzata sia da Vuezzis che da
Gracco. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Vuezzano – Per ricordare il miracolo di non aver avuto la peste non c’è
nulla di più significativo che riportare i miracoli compiuti in vita dal nostro
patrono San Nicolò.</span><br />
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Gracchese – Voi sì. Ma da noi c’è stata la peste e siamo stati tutti sul
punto di finire al giudizio del Padreterno Il pittore che scegliamo noi dovrà
sottolineare questo fatto, dovrà dipingere</span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJJRbsY3kls1RCLxYBYala-DL_CCFd_7-ucRkAsm2urXNutgGHEjkaXzS2giDhyAdOLlUs07ViDdTLTHgarmO-adyEo_bbvV5xDmjzHEJ4Z_NANuo2slVuXwsUqVrjR1FdyESPa-qT8HN6/s1600/giudizio.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiJJRbsY3kls1RCLxYBYala-DL_CCFd_7-ucRkAsm2urXNutgGHEjkaXzS2giDhyAdOLlUs07ViDdTLTHgarmO-adyEo_bbvV5xDmjzHEJ4Z_NANuo2slVuXwsUqVrjR1FdyESPa-qT8HN6/s200/giudizio.jpg" width="150" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Giudizio universale.</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> un Cristo giudice, e il giudizio
universale.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO. Per questo ancora gli storici dell’arte si scervellano anche ora a
capire, come mai abbiano lavorato due pittori quasi nello stesso tempo, con
soggetti così diversi.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> I fatto che si sia scelto
il miracolo d’un bambino salvato dall’acqua può far pensare che si sia scelto
questo santo per proteggere il passaggio sulle passerelle del Degano, dove c’erano
stati già tanti morti.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">. Frattanto infatti, mentre si
continuava a sentire scorrere in fondo alla valle il torrente Degano, e con lo
scorrere dell’acqua scorrevano gli anni e i secoli. Tutta la valle s’era
convertita al cristianesimo e i paesi facevano a gara a costruire le chiese ove
raccogliersi a pregare man mano che si sviluppavano. Non come adesso che si
potrebbero anche demolire senza che nessuno s’accorga. Nel 1209 fu eretta
la chiesa della Pieve e nel 1341, come già detto, quella di S.Niccolò di
Vuezzis, utilizzata in un primo momento anche dagli abitanti di Gracco.<o:p></o:p></span></div>
<table border="0" cellpadding="0" cellspacing="0" class="MsoNormalTable" style="margin-left: 12.0pt; mso-cellspacing: 0cm; mso-padding-alt: 2.4pt 2.4pt 2.4pt 2.4pt; mso-yfti-tbllook: 1184;">
<tbody>
<tr>
<td style="padding: 2.4pt 2.4pt 2.4pt 2.4pt;"><div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_0D2fIxBiXX7GbmkxUm9OfY-_hGY5PC-e4r1pHrZmEvZ91D9D9sUUK0V9WBFU0VyjLiphcEIxb0mrHBvpKceIBd28iM99ezGbqv9cn2e1DvteoXI1-UZyM3K5Chqk2a8SL5K05ueS7o2m/s1600/portale+della+chiesa.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEi_0D2fIxBiXX7GbmkxUm9OfY-_hGY5PC-e4r1pHrZmEvZ91D9D9sUUK0V9WBFU0VyjLiphcEIxb0mrHBvpKceIBd28iM99ezGbqv9cn2e1DvteoXI1-UZyM3K5Chqk2a8SL5K05ueS7o2m/s200/portale+della+chiesa.jpg" width="200" /></a></div>
</td>
</tr>
<tr>
<td style="padding: 1.6pt 2.4pt 2.4pt 2.4pt;"><div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: center;">
<span style="font-family: "times new roman" , "serif"; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;">Il portale
della Chiesa<o:p></o:p></span></div>
</td>
</tr>
</tbody></table>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Solo in
un primo momento però, perché anche Gracco volle la sua Chiesa!... Non la
ricorda Piutti nella sua storia della Carnia, non la ricorda neppure la
Filologica nel suo bel volume “In Guart”, malgrado l’evidenza della sua
esistenza in centro al paese.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Sullo
stipite del portale d’ingresso si legge la data del 1628, ma è quella della sua
ricostruzione. C’era ben prima come dimostra il fatto che non è periferica ma
centrale rispetto al paese, che sembra quasi sia sorto attorno a lei.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> <i>C’è la cornice d’un quadro opera di Pittoni
che non sono ancora riuscito a vedere..</i>.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><br />
Sullo sfondo scorreranno le riprese tridimensionali dell’interno della Chiesa,
(quando mi sarà concesso di entrare).</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Fatta la Chiesa</span></b><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> ci voleva un prete per le funzioni e bisognava mantenerlo. Anche a
Gracco si istituì quindi il Quartese, l’obbligo cioè per tutte le famiglie di
destinare la quarta parte del PIL, per mantenere l’incaricato della cura
d’anime. I preti venivano incaricati di tre anni in tre anni.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Alla fine del triennio
dovevano rendere conto e attendere il giudizio dei camerari nominati dalla
vicinia per sapere se venivano confermati.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Curato – Sono qui a chiedere umilmente se mi sarà rinnovato l’incarico per
un altro triennio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Cameraro – Ma veramente ti sei assentato troppe volte senza il nostro
permesso.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Curato – Lo so, ma cosa ci stavo a fare se non c’è nessuno che viene a
messa durante la settimana.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Cameraro – Può essere anche colpa tua perché fai delle prediche senza ne
capo né coda.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Curato – Se fossi bravo concorrerei per la chiesa d’un paese con un ricco
quartese. Con quello che mi date voi sarei già morto di fame se non mi dessi da
fare. Se sapessi raccontarla bene nelle prediche non sarei qui a prendermi la
croce della cura d’anime d’un paese che ha salite più ripide di quelle del
calvario.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Cameraro – Non hai tutti i torti, e non sarà facile trovare qualcuno che
venga fin quassù a sostituirti. Naturalmente i migliori scelgono i paesi con il quartese più generoso. O ci
tassiamo di più o ci teniamo quello che passa il convento. Non possiamo
lamentarci se a Gracco come a Vuessis e Givigliana, arrivavano quindi i morti
di fame<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> </span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> SPETTATORE – Quelli erano bei tempi!
quando i preti dipendevano dal paese, non come ora che pretendono di comandare.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – Ma cosa vuoi che comandiamo se siamo sempre meno, le chiese con
sempre meno fedeli. Ci si sposa in Municipio, manca solo che i Sindaci si
mettano a celebrare i funerali e poi possiamo chiudere. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Ma smettila di portarmi
fuori tema.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Dal libretto di
Sempronio si ricava invece un altro episodio significativo che riguarda la
chiesa di Gracco, quella vecchia che ora non c’è più.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Attorno al 1300 si era diffusa in paese <b>una epidemia di invidia</b>.
Direte voi, l’invidia non è una epidemia ma un vizio. Secondo Sempronio invece
si è sviluppata a Gracco come una epidemia poi si è diffusa per tutta la Carnia
diventando pandemia. Debellato il virus il corpo sociale della Carnia, ne è
rimasto segnato. Curade la feride a è restate da croste. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">SPETTATORE – (rivolto al pubblico) Una crosta che credo tutti siate
d’accordo si nota ancora. Invidia e egoismo è stato detto e si dice ancora sono
i mali endemici di noi carnici.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – Non esageriamo! Non è che in Friuli si stia meglio- Ma
torniamo all’epidemia del Trecento. Il problema più grosso era che tutti a
guardare con invidia se qualcuno faceva qualcosa, alla fine nessuno faceva
qualcosa e si era finiti alla fame. Il Patriarca per scongiurare il morbo mandò
per una missione d’una settimana, il più famoso frate cappuccino del tempo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">FRATE – Chi non viene a Messa venti scudisciate. Chi non si confessa non
mangia”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">ABITANTE . Ma dobbiamo perdere il nostro tempo a pregare.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">FRATE – Pregare e lavorare. Ora et labora. Solo così si debella il vizio
dell’invidia e si impara la virtù della generosità. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">ABITANTE – Per essere generosi bisogna avere, e noi siamo poveri.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">FRATE – Chi da non perde ma guadagna. Dopo una settimana di prediche vi
metto alla prova. Cosa chiedereste a Dio in dono sapendo che lo darà doppio ai
vostri amici?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">ABITANTE – Di avere due occhi di falco, così il mio compagno di caccia ne
avrà quattro e non ci sfuggirà più nessuna preda.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">SPETTATORE – Bugiardo! Tutti sanno che vi siete trovati concordi nel
chiedere “Dio cavami un occhio” così da far diventare cieco il compagno<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – Comunque il frate è andato via contento, come son contento io
pensando di non impegnare bene il mio tempo per farvi diventare bravi
cristiani.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">SPETTATORE – Alle volte anche illudersi fa bene<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – Comunque se non mi interrompesse potrei andare più in fretta con
il racconto. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> </span></i><b><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Dopo il 1420 </span></b><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> sul letto del Degano portati
dall’acqua presero a scendere tronchi d’albero. In quella data la Carnia s’era
data a Venezia che aveva confermato consuetudini e statuti. S’era soltanto
presa 47 boschi per il suo Arsenale. I Boschi vennero banditi e presero il nome
di boschi di San Marco. Banditi vuol dire che non vi era consentito l’accesso.
Quello di Gracco era uno dei 47. Gli abitanti non potevano più entrare nel
bosco che scendeva fino a ridosso delle case. Neppure a raccogliere legna
secca. Se poi vi fossero entrate le capre, la pena per gli abitanti sarebbe
stata gravissima.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">VENEZIANO: Proclama. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Che non se possi più in alcun lo desboscar
né cavar legni ne de roveri né de altro, ma tuti restino boschi, sotto tutte le
pene e le streture in ciò per leze et ordini desponentigo del dominio nostroI
proclami di Venezia sul bosco.<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO: Una rivoluzione! Ci furono
proteste, fatti di sangue…Prima gli abitanti di Gracco pensavano che fosse il
prato la loro risorsa principale, perché consentiva l’allevamento. Venezia
insegnava loro che era più importante il bosco. Ai cambiamenti non ci si deve
opporre, vanno assecondati e sfruttati. Un D’Andrea che aveva studiato un po’
di latino con i frati di Raveo, cambiò il motto del paese in Flectar ne
frangar, Ci si deve piegare per non spezzarsi. Facendo di necessità virtù si
mise a fare l’impresario boschivo per conto di Venezia, impiegando gli altri
paesani come operai. Il bosco, proprio perché proprietà di Venezia, era
diventato una risorsa per il paese. I tronchi di faggio, cresciuti snelli ed
altissimi al posto delle querce, presero a scorrere nelle lisse che dal bosco
scendevano al Degano. Da qui ad Ovaro ove si formavano le zattere che
scendevano fino a Latisana e poi a Venezia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Ma pur con tanti demeriti a Venezia la nostra
valle deve riconoscere il merito di averla tolta dall’isolamento. Nel 1790 fu
portata a termine la carrareccia fino a Sappada. Purtroppo per Gracco e gli
altri paesi in sinistra, Venezia decise di lasciare la strada romana e farne
una nuova in destra del Degano. Non era chissà che, ma la situazione peggiorò
passando all’Italia che privilegio la viabilità per il Mauria realizzando il
collegamento nel 1890 mentre divennne strada provinciale di seconda serie
quella di Gorto, che per giunta arrivava solo fino ad Ovaro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9yprItlq5Vh0wPPtAdZ9TRlaDyaZVRhVYgvareJqPzxUXJfUZtGzzqs_9HeM1fM3BQ4PdInH1nWp5QSDJTrPvDvuwQI1faIsQixla7iDeJ6sH1b0ff3FUoWfolOUIYZ_eCm1xl1h3GHwa/s1600/portone.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="610" data-original-width="358" height="320" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh9yprItlq5Vh0wPPtAdZ9TRlaDyaZVRhVYgvareJqPzxUXJfUZtGzzqs_9HeM1fM3BQ4PdInH1nWp5QSDJTrPvDvuwQI1faIsQixla7iDeJ6sH1b0ff3FUoWfolOUIYZ_eCm1xl1h3GHwa/s320/portone.jpg" width="187" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">La parta D'Andrea a Rigolato</td></tr>
</tbody></table>
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Da un
villaggio di poeti che ha nutrito i primi vagiti della lingua friulana, non
poteva non nascere anche il carattere distintivo del popolo carnico che ragiona
per principi, a partire dal principio fondamentale che due cose non sono mai
confrontabili.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> </span><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> L’è stat cusssi che.. quando
entrò in eredità la locanda del paese i due fratelli, non riuscendo a trovare
altro accordo, decisero di dividere in due la porta di ingresso e anche il
portale.</span><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Mettersi d’accordo su una eredità in modo che un figlio si
prenda il prato di Sot la Crete e l’altro quello di Palut e impossibile,
appunto perché Crete e Palut sono due termini inconfrontabili. Così ognuno dei
due figli eredita un toc di Crete e un toc di Palut. Cusì in ta crete la ca si
podeve fa un fas di fen, cumò non val la pene là a seà. E in Palut dove si
poteva ricavare un campicello, non</span></div>
<div align="center" class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: center;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">si rivin a fa nencie dòs cumièries par om.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Ma
mezza porta a che serve? A nulla! Ma da Gracco s’è diffusa in Carnia l’idea che
“i pincipi sono tali a prescindere dal valore”. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> E su questo principio si sono ingrassate
famiglie di avvocati mentre le proprietà sono andate frantumandosi fino a non
essere più economicamente gestibili.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">SPETTATORE.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;"> Dopo secoli la porta della locanda di Gracco
è stata ricomposta a Rigolato in casa D’Andrea. Chissà che non sia l’inizio
d’un “Carnia domani” nel quale il buonsenso, ce la farà ad affermarsi sui
principi.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO: Comunque caduta Venezia in mano francesi
anche sulla Carnia si è abbattuto il ciclone Napoleone. Peggio di Vaia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">SPETTATORE – Ma sta leggendo il libriccino di
Sempronio o dice cose sue. Perché io so che i preti hanno visto come una
disgrazia quel miscredente di Napoleone che ce l’aveva con preti e suore, ma io
ho letto che Lupieri di Luint medico e
storico parla Napoleone come un astro luminoso.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – Anche in Carnia ha eliminato le vicinie
e formato i Comuni. Giudicate voi se è stato un bene o un male.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">FRANCESE – E’ ridicolo che ogni piccolo paese sia
una vicinia cioè un comune autonomo. D’ora in poi ci sarà il Comune unico di
Rigolato e la Val Degano sarà uno dei distretti in cui verrà divisa la Carnia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">GRACCHESE – Ma noi è da secoli che siamo
autonomi, che amministriamo i nostri prati i nostri boschi. Già a metterci
assieme con Vuezzis avremmo delle difficoltà, Ci si può immaginare a dipendere
da Rigolato che è di là dall’acqua.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">FRANCESE – E invece d’ora in poi sarà così. Per
darvi un contentino Rigolato sarà capoluogo del Distretto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">GRACCHESE –Sai quanto ce ne importa! Ma i nostri
beni, i beni della vicinia di Gracco che fine faranno. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">FRANCESE - Saranno conferiti al Comune di cui voi
farete parte.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">GRACCHESE – Ma te l’immagini? Difenderemo la
nostra storia con le falci non avendo spade…<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">FRANCESE – La vedremo!<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO- Siccome contro la forza la ragion non
vale. Deposte le falci prese vita il Comune di Rigolato, uno dei 28 in cui fu
organizzata la Carnia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Scrive Sempronio che per Gracco l’unico vantaggio
fu che la fama di acqua salutare che aveva quella di Ludario e Rigulat si
estese anche a quella dei paesi oltre il Degano.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Sul fondale
viene proiettata la fontana di Gracco.<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">SPETTATORE – Per addolcire la pillola ci fate
vedere il vantaggio dell’acqua.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9lF6QEl17e387YByZMdv6CmprvYRrBbXPjRut0AnpurmrEebbwwTZnCJHAIjbT-bUTjNMVTsxIE9-IFMoZzP-wYRrlk-0u4Olu7A4iIxnDn5yYvM5b-IjVtUhJ4ow4gjOzSsle1trv-PC/s1600/fontana.jpg" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg9lF6QEl17e387YByZMdv6CmprvYRrBbXPjRut0AnpurmrEebbwwTZnCJHAIjbT-bUTjNMVTsxIE9-IFMoZzP-wYRrlk-0u4Olu7A4iIxnDn5yYvM5b-IjVtUhJ4ow4gjOzSsle1trv-PC/s200/fontana.jpg" width="150" /></a><span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO . No! E proprio Sempronio nella sua
storia a ricordare che nel Comune ci sono ben 42 fontane. Alcune storiche..<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Si apre la scena
sulla fontana dei muli con un alpino che la st</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">a <i>presidiando.<o:p></o:p></i></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">VOCE – (</span></i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Una voce fuori
campo). Sono il generale Lequio. Alpino che ci fai qui dove è il tuo capitano.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">ALPINO – Sto attendendo i muli per l’abbeverata,
il capitano con i miei compagni è su a piantare le teleferiche, sul monte
Crostis, per allestire la seconda linea.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Generale (fuori campo)<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Hai visto passar quelli della prima linea che
devono andare in Bordaglia e Passo Giramondo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">ALPINO _ Ieri è passata di qua una compagnia di
bersaglieri. Ce n’era uno un po’ fuori di testa che s’è messo qui, proprio alla
fontana dei muli a fare un discorso sulla bellezza delle guerra. Ha detto di
chiamarsi Benito Mussolini.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – In effetti è passato di qua quello che
aveva fatto il maestro a Tolmezzo e poi diventerà il duce. Ha combattuto anche
lui in Bordaglia, come lo ricordano le lapidi.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Sullo sfondo le
lapidi su Mussolini.<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">SPETTATORE . Bella la guerra! Altrochè fuori di
testa.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – A vedere quanto fosse poco bella è
finito tutto il paese e tutto il Comune il 30 novembre del 1918<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<i><span style="font-family: "times new roman" , serif;">Scena<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Voce (fuori campo) Scappiamo. Scappiamo che
stanno arrivando gli Austriaci,<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Gracchese – Ma scappiamo dove.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Voce –Si vedrà.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Gracchese – Ma cosa è capitato?<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Voce – Gli austriaci hanno sfondato il fronte a
Caporetto finiremo in mano loro e sarà terribile.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Gracchese – Ma le nostre cose. Le mucche,gli
animali!<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">Voce – Insomma chi vuole scappi, chi non vuole
resti. Che Dio la mandi buona agli uni e agli altri.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">PARROCO – A Rigolato sono scappati… in e rimasti in…
<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<span style="font-family: "times new roman" , serif;">E’ il caso che finiamo in positivo parlando delle
latterie?<i> </i></span><i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<b><i><span style="font-family: "times new roman" , serif;"> </span></i></b><span style="font-family: "times new roman" , serif;"><o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="line-height: normal; margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; text-align: justify;">
</div>
Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-51725706097067784042018-05-29T02:22:00.001+02:002018-05-31T11:41:46.339+02:00Le Agane del Passo Siera.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b><span style="font-size: large;"><span style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Le
Agane del Siera</i></span><span style="mso-bidi-font-weight: normal;"> (</span><i style="mso-bidi-font-style: normal;">Las Aganes dal Sièra</i></span></b><b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: large;">).</span><span style="font-size: 10pt;"><o:p></o:p></span></b><br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="font-size: large;"><br /></span></b></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<div style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span></span></i></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"><br /></span></span></i></div>
<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCAgA0t85978zmBWyHb7Qz5LzI21T1FoaVZcsfjOekSrSDlWUThbBWqA7JNw2OdX8VKs9wg6L4NIohxA3QZd63eFfRJCu0mJhdrbSrk8MCtoKdAw27R2n8dn21JMstCpeyl0Op82UsUBaq/s1600/Al+bosco+delle+agane.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiCAgA0t85978zmBWyHb7Qz5LzI21T1FoaVZcsfjOekSrSDlWUThbBWqA7JNw2OdX8VKs9wg6L4NIohxA3QZd63eFfRJCu0mJhdrbSrk8MCtoKdAw27R2n8dn21JMstCpeyl0Op82UsUBaq/s200/Al+bosco+delle+agane.JPG" width="150" /></a></span></span></i></div>
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 10.0pt;">Una
favola, per inventare un motivo in più per un’ incantevole passeggiata fino al
passo Siera, a scelta da Culzei di Pesaris (Cai 231) su una comoda carrabile, o
da Sappada su una facile mulattiera (Cai 316). L’originalità sta nel fatto che
è una<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>favola che si rilegge camminando.</span></i><br />
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<i style="mso-bidi-font-style: normal;"><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>È
infatti<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>illustrata sul posto dai disegni
di Sergio Sabadelli genero di Luigino Concina (Pilùc)<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>proprietario della Malga Siera finalmente
rimessa a nuovo dopo l’incendio provocato dai tedeschi nell’ambito della lotta
di liberazione il 15 luglio 1944.<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV0wjeW18Gi-GB39dBLKK9lXtKH4x8ZUqtmy6I-jI1TXxbjKLnXmacseTw2Pydk3GuAiYc1hkQSoGtk8gId6Ubbq-Mf2Mdo765rGNPwlaLTGMqJiNop5pWasrLtGU7G4QPCt09SmAN52g5/s1600/IMG_5778.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="874" data-original-width="934" height="186" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgV0wjeW18Gi-GB39dBLKK9lXtKH4x8ZUqtmy6I-jI1TXxbjKLnXmacseTw2Pydk3GuAiYc1hkQSoGtk8gId6Ubbq-Mf2Mdo765rGNPwlaLTGMqJiNop5pWasrLtGU7G4QPCt09SmAN52g5/s200/IMG_5778.JPG" width="200" /></a></span></span></div>
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10pt;"> <b> </b></span><span style="font-size: 10pt;"><b>C’erano una volta le fate</b>.</span><br />
<span style="font-size: 10pt;"> Dal
latino fatum=destino, il loro nome stava a indicare degli esseri capaci di
influire sul destino degli uomini. Esseri capaci di guidare gli uomini verso la
felicità, in qualche modo personificazione </span><span style="font-size: 10pt;"> </span><span style="font-size: 10pt;">del desiderio di felicità degli uomini.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3sIEFrUYjmv4tyR7sYiaO9YSwnUYkBbNl1HabTrIoTJR7NfvrPu7OmK6AmhBUektCMia7Dvu4HkSCZwXDF3WGAiAX2HLZ8cxnQNwTCFWXEu5j4Gf4bluapue6vAyb2sfP27HS6B7NIR0j/s1600/IMG_5544.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; font-size: 13.3333px; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh3sIEFrUYjmv4tyR7sYiaO9YSwnUYkBbNl1HabTrIoTJR7NfvrPu7OmK6AmhBUektCMia7Dvu4HkSCZwXDF3WGAiAX2HLZ8cxnQNwTCFWXEu5j4Gf4bluapue6vAyb2sfP27HS6B7NIR0j/s200/IMG_5544.JPG" width="150" /></a><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>In Carnia le fate si chiamavano
Aganes, da <i style="mso-bidi-font-style: normal;">àghe-acqua</i> perché
abitavano nei corsi d’acqua. Chi aveva avuto la ventura di incontrarle, s’era
imbattuto con loro sempre vicino ad un ruscello. Uscivano nelle notti di luna
piena ad asciugare le loro vesti al chiarore della luna.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Poi ci fu il concilio di Trento.
Si stabilì che la felicità viene solo da Dio, dalla sua Provvidenza. Si decise
fosse<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>sacrilego immaginare l’esistenza di
principi di felicità che si concretizzavano nella libertà individuale di ogni
uomo, al di fuori della Chiesa. Così le Agane che, come apportatrici <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>di felicità, prima<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>erano raffigurate come bellissime fanciulle,
vennero considerate come brutte espressioni infernali, demoniache. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLYG3R7pXI20O8KXw6Bdfb6hYwk1-bl90ijy3nufdOjqrh_vE8s6otnpzG-OW0zLT_wi3pe6nvZKY5nvcnDd25UFc9__-JYOanuMM7C7fYKDgo9-gMAxY3TeDEPIgeDt_JMSemxFdvls0i/s1600/IMG_5548.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiLYG3R7pXI20O8KXw6Bdfb6hYwk1-bl90ijy3nufdOjqrh_vE8s6otnpzG-OW0zLT_wi3pe6nvZKY5nvcnDd25UFc9__-JYOanuMM7C7fYKDgo9-gMAxY3TeDEPIgeDt_JMSemxFdvls0i/s200/IMG_5548.JPG" width="150" /></a><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> <b><i> </i></b></span><b><i>Da bellissime fate divennero orribili
streghe!...</i></b><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>In questo modo avrebbero dovuto
trasformarsi anche quelle della Val Pesarina. Popolavano la valle, nascoste nel
rio Pesarina, e nei tanti ruscelli che scendono dalle montagne ad alimentare il
torrente. Si riunivano poi ogni notte a danzare sul passo tra la valle del
Boite e la Val Pesarina, che da loro prendeva il nome di passo delle fate.
Danzavano mosse dal vento che soffiava in un senso o nell’altro a seconda che a
prevalere fosse Scirocco o Tramontana. Si ristoravano nel laghetto del passo e
nelle pause andavano a dissetarsi alla fontana degli Sbilf, subito dietro alla
casera della malga. <span style="mso-tab-count: 1;"> </span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">gorne(gronda) <span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>alimentata dalla sorgente che prende
l’acqua dal monte Siera, dove come si sa, sono corsi a nascondersi i folletti,
per non incorrere nelle furie dell’Inquisizione.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiA1Lle7xZXHOXWcIfmVFDH4eEs30gFWD12RbLUcBcxe2yuBGMRYHpj99bkNn0qLENt-SzCzzCk2Jw3liEXs6NqefkEZmS7rI5phmH-VmL0FjbC6SAEEjQFBRe3q7llHfZ7M88TdhG5fOWG/s1600/IMG_5545.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; font-size: 13.3333px; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiA1Lle7xZXHOXWcIfmVFDH4eEs30gFWD12RbLUcBcxe2yuBGMRYHpj99bkNn0qLENt-SzCzzCk2Jw3liEXs6NqefkEZmS7rI5phmH-VmL0FjbC6SAEEjQFBRe3q7llHfZ7M88TdhG5fOWG/s200/IMG_5545.JPG" width="150" /></a><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Hanno dato all’acqua che esce dalla loro
montagna il potere di rinforzare e potenziare ciò che si ha. Per cui se la beve
chi è malvagio, chi porta nel cuore il veleno della malvagità, finisce
avvelenato: il veleno morale si potenzia sino a trasformarsi in veleno del
fisico. Chi porta nel cuore sentimenti di generosità e amore invece, a ogni
sorso, ha la sensazione gli si gonfi il cuore di felicità.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmfE2b59fhGxskfetLQTWy__KrTq6MH94f0FmBbCVZkTZK_5JgevBILzkvbr3ZqHsGiBrKqXV-YJ9yAble6LzxdYJRpxstnmxB0jx2MPDmbNQBsCKmreZ5poMMfLWVKS5ggMHWEtUx6W39/s1600/IMG_5450.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="819" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjmfE2b59fhGxskfetLQTWy__KrTq6MH94f0FmBbCVZkTZK_5JgevBILzkvbr3ZqHsGiBrKqXV-YJ9yAble6LzxdYJRpxstnmxB0jx2MPDmbNQBsCKmreZ5poMMfLWVKS5ggMHWEtUx6W39/s200/IMG_5450.JPG" width="101" /></a><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span></span><span style="font-size: 10pt;"> </span><span style="font-size: 10pt;">Le agane pesarine avevano anche
il potere di trasformarsi in animali e così di giorno le si poteva incontrare,
senza rendersi conto che fossero loro, mentre si ascoltava estasiati il canto
d’un uccello, o si ammirava la grazia della corsa d’un capriolo o d’un cervo, la
furbizia d’uno scoiattolo, la forza d’un cinghiale, l’imponenza d’un orso.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Trasformate in animali, ne
conoscevano il linguaggio, e diventavano quindi interpreti tra il mondo animale
e quello umano. Per questo la valle andava famosa per il rapporto intenso e
profondo che legava animali e umani: due specie che condividevano lo stesso
ambiente in collaborazione, non, come ora avviene, due specie nemiche, in contrapposizione
continua.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Per questo la valle era un parco
naturale dove la gente veniva per godere dello stupore dell’incontro
ravvicinato con gli animali, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>per bearsi
del <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>riecheggiare del canto di mille
uccelli che inondava la valle, come il suono degli strumenti di una unica grande
orchestra sinfonica. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Si viveva felici in valle!<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZElKL0eJ0ncWMbacwVUmryLxlx_92TobMisSd-wqGdlC5hRJzMo6tBqeRZFeyHBXn9LZa-TfsEudGE_w9AG9fg3x5-RW_iCs71xFkijasx5Hrxcbn1eScxMXPmT58UHfeCdcwvoJXkPz3/s1600/IMG_5547.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZElKL0eJ0ncWMbacwVUmryLxlx_92TobMisSd-wqGdlC5hRJzMo6tBqeRZFeyHBXn9LZa-TfsEudGE_w9AG9fg3x5-RW_iCs71xFkijasx5Hrxcbn1eScxMXPmT58UHfeCdcwvoJXkPz3/s200/IMG_5547.JPG" width="150" /></a><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Poi con il Concilio venne <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>l’Inquisizione, fu peccato credere alle fate.
Si stabilì che non era vero che le Agane fossero fate, esseri benefici. La loro
natura era invece quella delle streghe: esseri malefici. Il potere di
trasformarsi in animali veniva dal demonio, non da Dio. Andava scacciato dalla
valle il demonio, che l’aveva occupata insediandosi nella forma di queste
Agane.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Vista la gravità della
situazione, a fare gli scongiuri per trasformare <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>le fate <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>della Val Pesarina da <i style="mso-bidi-font-style: normal;">Agànis in Strìes</i> <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>salì
personalmente il Patriarca di Aquileia Gregorio da Montelongo. Trasformate in
streghe, si sarebbero dovute bruciare, come si faceva negli altri paesi, il
parroco del luogo, un ambientalista, suggerì che per evitare l’inquinamento
atmosferico, in alternativa si potevano buttare nelle “cjalcinàrie”: l’effetto
sarebbe stato lo stesso: il fuoco trasforma in fumo, la calce riduce in
polvere.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Ma, si sa, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>la Val Pesarina è sempre stata una valle di
anarchici, di controcorrente. Anche le fate erano in linea, anarchiche fino
all’ultimo respiro, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>opposero <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>una decisa resistenza, non accettarono di
trasformarsi in streghe, preferirono la morte.</span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxx-YQPtLmnnqTD9sIIqjijOMcXJuQ7Gy6QmHpGzR-i9T_paEYlTp8SDg7-RfY_KqpSP5cvSsablHJqYx5qmYBMn1l0V2BCb-czGpUzUh74dpOUEXbPPtceoX3Zhr3CbKrPWf9r562nlSj/s1600/IMG_5452.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1196" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgxx-YQPtLmnnqTD9sIIqjijOMcXJuQ7Gy6QmHpGzR-i9T_paEYlTp8SDg7-RfY_KqpSP5cvSsablHJqYx5qmYBMn1l0V2BCb-czGpUzUh74dpOUEXbPPtceoX3Zhr3CbKrPWf9r562nlSj/s200/IMG_5452.JPG" width="149" /></a></div>
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiY2nLrxL-GW8ntvKCmqJbUoxPjZ6tJt9tEwrPuudjPcuALCvtl0g6I0GWvYRYY4ciqEfzqi57X2uBQGMZ8_H9-052pw0l8q9v4K6bz_DhMmfSWrI1woGgTuhCc51_kdEPqeqT4bIR_p6Cc/s1600/IMG_5455.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; font-size: 13.3333px; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1322" data-original-width="1600" height="165" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiY2nLrxL-GW8ntvKCmqJbUoxPjZ6tJt9tEwrPuudjPcuALCvtl0g6I0GWvYRYY4ciqEfzqi57X2uBQGMZ8_H9-052pw0l8q9v4K6bz_DhMmfSWrI1woGgTuhCc51_kdEPqeqT4bIR_p6Cc/s200/IMG_5455.JPG" width="200" /></a> <a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRMc_rWWYjIsFQy0mMw7d1TaQEi82umlBEwhbLdEARKdJdQWppUUcpVZ7StBtuDW5tQVqT0rEcQydhw0lNugENEZHSr-bHQu_neJPoujGBz3bd1BffueEE4_aaMPvA3flHohZnZNrPH3CC/s1600/IMG_5459.JPG" imageanchor="1" style="font-size: 13.3333px; margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="784" data-original-width="1600" height="97" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRMc_rWWYjIsFQy0mMw7d1TaQEi82umlBEwhbLdEARKdJdQWppUUcpVZ7StBtuDW5tQVqT0rEcQydhw0lNugENEZHSr-bHQu_neJPoujGBz3bd1BffueEE4_aaMPvA3flHohZnZNrPH3CC/s200/IMG_5459.JPG" width="200" /></a><br />
<span style="font-size: 10.0pt;"></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><br /></span></div>
<span style="font-size: 10.0pt;">
<br />
</span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><br /></span></div>
<span style="font-size: 10.0pt;">
<o:p></o:p></span><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>A ricordo del loro potere di diventare animali,
chiesero di poter restare dentro agli alberi, mantenendo l’immagine che avevano
scelto in vita vive. E si vedono ancora, sul sentiero che porta al passo, ora
trasformato in una carrareccia transitabile con i fuoristrada. Chi fa
attenzione però, scopre ancora i resti dell’originario sentiero lastricato: il <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>“<i style="mso-bidi-font-style: normal;">tròi
das Agànis</i>”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Sette di loro invece, le più
anarchiche, non accettarono neppure questo compromesso. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjl-S7AKw9E39w0bSiOXVXRZmufF8AeHodmkmAiuw1d0c-5DFsLhBdU4TmSRbPO67r6sVkItV0SoyTjsBTAiAjIvEcAxiQXI22qzzJk5JZb_fX0YrM3M4nzNSNkn6K_cO8mBtGMafWTMUGK/s1600/Il+boschetto+delle+Agane.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; font-size: 13.3333px; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjl-S7AKw9E39w0bSiOXVXRZmufF8AeHodmkmAiuw1d0c-5DFsLhBdU4TmSRbPO67r6sVkItV0SoyTjsBTAiAjIvEcAxiQXI22qzzJk5JZb_fX0YrM3M4nzNSNkn6K_cO8mBtGMafWTMUGK/s200/Il+boschetto+delle+Agane.JPG" width="200" /></a><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Si opposero e alla fine chi l’ha
dura la vince, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>l’ebbero vinta sul
Patriarca, al punto di costringerlo <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>a
venire <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>a patti. Ottennero di restare
fate, accettando però di riapparire e riunirsi solo una volta alla settimana, di
venerdì, la sera del sabba, come fanno <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>anche le streghe. Non più nei verdi prati del
passo, ma sulla strada di accesso. Nascondendosi non più nel laghetto del passo
ma nel rio Siera-<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Da lì escono a danzare al
limitare del ruscello, in un piccolo bosco di larici, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che da loro prende il nome di boschetto delle Agane,
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">il boscùt da Agànis</i>. </span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><br /></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjn4JA_FYcOxVxX08WLB5psRcDc5wHX1gxcqYQo7jP-ALQEGh4BnT___8gzomec_dWAzmWHP-jbMmXOTyxsMdMPvQ7l25T_GHMHCk13z-MOVIoJbblcQR1jJyUQE3SiQ8qj513tZdpLPLIX/s1600/IMG_5549.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; font-size: 13.3333px; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjn4JA_FYcOxVxX08WLB5psRcDc5wHX1gxcqYQo7jP-ALQEGh4BnT___8gzomec_dWAzmWHP-jbMmXOTyxsMdMPvQ7l25T_GHMHCk13z-MOVIoJbblcQR1jJyUQE3SiQ8qj513tZdpLPLIX/s200/IMG_5549.JPG" width="150" /></a><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Sono sette, iniziano le loro riunioni al canto
d’un loro inno che dice:<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span><b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Si era</b> <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>le fate del Passo,<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span></span></div>
<div style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"><br /></span></span></div>
<div style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span></span><img height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjZElKL0eJ0ncWMbacwVUmryLxlx_92TobMisSd-wqGdlC5hRJzMo6tBqeRZFeyHBXn9LZa-TfsEudGE_w9AG9fg3x5-RW_iCs71xFkijasx5Hrxcbn1eScxMXPmT58UHfeCdcwvoJXkPz3/s200/IMG_5547.JPG" width="150" /></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>invece
abbiam resistito…<span style="mso-tab-count: 1;"> </span><o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Poi una alla volta si presentano:</span></div>
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><br /></span></div>
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 10pt;">Sono
la fata della fede</span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;">Sono
la fata della speranza<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;">Sono
la fata della carità<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;">Sono
la fata della prudenza<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;">Sono
la fata della giustizia<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;">Sono
la fata della fortezza<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div style="text-align: left;">
<span style="font-size: 10.0pt;">Sono
la fata della temperanza<o:p></o:p></span></div>
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
</div>
<span style="font-size: 10.0pt;"></span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh57d3mxTWNwb_2FhntGmMpXQ5mPdntkXEYQ8hljZ5Jft2wJ2UTVQ6lJeeOK1z-F6hwyUYOgIibF5MaIMuIiZULIWRxwOIhqZOPREix2Zv_8IjXRm12g87vVByCKqR7mJ_-xC_8oclH4HZC/s1600/IMG_5546.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; display: inline !important; float: left; font-size: 10pt; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEh57d3mxTWNwb_2FhntGmMpXQ5mPdntkXEYQ8hljZ5Jft2wJ2UTVQ6lJeeOK1z-F6hwyUYOgIibF5MaIMuIiZULIWRxwOIhqZOPREix2Zv_8IjXRm12g87vVByCKqR7mJ_-xC_8oclH4HZC/s200/IMG_5546.JPG" width="150" /></a></span></div>
<span style="font-size: 10.0pt;">
</span>
<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>La fata della prudenza ha i
piedi girati all’indietro, per lei infatti è sempre meglio un passo indietro
che un passo avanti.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"> La fata della speranza ha invece le ali, sostiene che
comunque non si deve mai smettere di volare in alto, almeno con la fantasia. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"> Quella della fede ne ha quattro di ali, come le libellule, a dire che la fede
vola ancora più in alto della speranza.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSLgiXHcTrFdopQIpuwqwFmUaF0qT0w23gT31MqLDfvzl1Le-4FtY0dvzNbGWlqb9HtDWUGRGTpJCr-UrfcI_OAL9yM2-dHiIkgJ_tNxm6cLe8bZpm1IitdTMaqs4KhMl70-GJda4oIwu3/s1600/IMG_5543.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; font-size: 13.3333px; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiSLgiXHcTrFdopQIpuwqwFmUaF0qT0w23gT31MqLDfvzl1Le-4FtY0dvzNbGWlqb9HtDWUGRGTpJCr-UrfcI_OAL9yM2-dHiIkgJ_tNxm6cLe8bZpm1IitdTMaqs4KhMl70-GJda4oIwu3/s200/IMG_5543.JPG" width="150" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13.3333px;"> Quella della giustizia gira tenendo in mano la stadera che s’usava un tempo anche nelle malghe.</span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13.3333px;"><br /></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13.3333px;"> Quella della forza, ha i piedi a forma di zoccolo di cavallo, a ricordare l’aiuto che viene all’uomo da questo animale. Ma la forza va usata con giudizio, sostiene la fata della temperanza, vestita da filosofo o da mago che dir si voglia. </span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13.3333px;"> C’è infine quella della carità che ha quattro braccia e quattro mani, sostiene che la felicità dell’uomo sta nel dare non nell’avere, “più dai e più ricevi” è il suo motto.</span><span style="font-size: 10.0pt;"></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: 10pt; text-align: justify;"> <i><b> </b></i></span><span style="font-size: 10pt; text-align: justify;"><i><b>Danzano in cerchio tenendosi per
mano, a significare che nessuna di loro è in grado di dare la felicità,</b></i></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: 10pt; text-align: justify;"><i><b> che per
gli uomini la vera felicità nasce dal concerto e dalla sintesi dei loro poteri.</b></i></span></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: 10pt; text-align: justify;"><i><b><br /></b></i></span></div>
<span style="font-size: 13.3333px; text-align: justify;"> </span><br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Danzano e cantano per tutta la
notte. Nelle pause s’appoggiano al tronco del larice da ognuna prescelto, che
così assorbe al contatto i loro poteri. Per questo, anche di giorno, si vede la
loro immagine sugli alberi. Per questo,<span style="mso-spacerun: yes;">
</span>chi si ferma nel boschetto delle Agane, sente il loro influsso e torna a
valle rigenerato.<o:p></o:p></span><br />
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="font-size: 13.3333px;">Fino all’alba. Poi salgono con</span><span style="font-size: 13.3333px;"> </span><span style="font-size: 13.3333px;">il sole che inonda di luce la montagna e si nascondono tra le rocce delle Vette Nere. Così è stata chiamata la montagna </span><span style="font-size: 13.3333px;"> </span><span style="font-size: 13.3333px;">a</span><span style="font-size: 13.3333px;"> </span><span style="font-size: 13.3333px;">ricordare il lutto perché le tiene sepolte</span><span style="font-size: 13.3333px;"> </span><span style="font-size: 13.3333px;">per l’intera settimana.</span></span><br />
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="font-size: 13.3333px;"><br /></span></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 13.3333px;"> </span><span style="font-size: 13.3333px;">Vi entrano infilandosi in una piccola grotta che prende il nome di “</span><i style="font-size: 13.3333px;">buse das Aganis”</i><span style="font-size: 13.3333px;">. A difendere la loro privacy hanno ora assunto un orso che fa da guardiano.</span><span style="font-size: 13.3333px;"> </span><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="font-size: 13.3333px;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGPaJeIpruOTwTLkohkB07PcV9VRk9XK-pHmiY-QD46gSZ-yQSWZBiGvXmFv0e3TEw2uv33ywqLcnxiRA3oH8v4yJXgvvw-7yX9QDGi_oWIxidCSRbYGLwyWOwhVWE0z25gnMlbUJwGU6L/s1600/La+buse+das+Aganes.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1196" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGPaJeIpruOTwTLkohkB07PcV9VRk9XK-pHmiY-QD46gSZ-yQSWZBiGvXmFv0e3TEw2uv33ywqLcnxiRA3oH8v4yJXgvvw-7yX9QDGi_oWIxidCSRbYGLwyWOwhVWE0z25gnMlbUJwGU6L/s200/La+buse+das+Aganes.JPG" width="149" /></a></span></div>
<span style="font-size: 13.3333px;">
</span><span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Dalle parole iniziali <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>del loro inno viene il nome Siera con il quale
ora si nomina <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>quello che un tempo era il
passo delle fate.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;">SPIEGAZIONE<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span><i style="mso-bidi-font-style: normal;">A fianco della carrareccia che porta al Siera Sergio Sabdaelli ha
incollato sugli alberi delle immagini di animali. </i></span><br />
<span style="font-size: 10.0pt;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"> A un certo punto in un
boschetto segnalato da apposita freccia ha inserito in sette alberi sette
immagini di<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>fate, (disegni naif). Sono immagini da portare a casa come foto ricordo non da asportare come oggetti-ricordo.</i></span><br />
<span style="font-size: 10.0pt;"><i style="mso-bidi-font-style: normal;"><br /></i></span></div>
<br />Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-49194296453592701892018-05-17T20:42:00.002+02:002018-05-24T11:52:27.891+02:00Le Fate del Monte Siera.<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;">Al passo Siera: tra Carnia e Cadore.<o:p></o:p></b><br />
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><i>(riportata dalla rivista In Carnia edita dalla tipografia Andrea Moro di Tolmezzo</i>)</b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<b style="mso-bidi-font-weight: normal;"><span style="mso-tab-count: 1;"> </span></b>Il passo Siera fa da ponte tra la Carnia e il Cadore.
Collegamento da sempre tra la valle del Boite e la Pesarina. Era un percorso
obbligato sia per i campi estivi che invernali per gli alpini di stanza in
Friuli.</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhymBTCCqA2IWP59oFD08hovHYB7mCZeYnJcEwkp3c8dOCakIpKf4Mxr2cwgZZ9bdSYmZbHqyyqQWYiu0kwi-FbT4kvuVzKz9lg9M1TbBgiVx9zhpMTzcThf_KmeBuUFqccUbtUr4-Osj-j/s1600/Ciro+Ettorre.jpg" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" data-original-height="703" data-original-width="1032" height="135" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhymBTCCqA2IWP59oFD08hovHYB7mCZeYnJcEwkp3c8dOCakIpKf4Mxr2cwgZZ9bdSYmZbHqyyqQWYiu0kwi-FbT4kvuVzKz9lg9M1TbBgiVx9zhpMTzcThf_KmeBuUFqccUbtUr4-Osj-j/s200/Ciro+Ettorre.jpg" width="200" /></a></div>
Anche io ci sono passato la prima volta da alpino, nel campo estivo del
1967.<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
Nel campo invernale dello stesso anno vi ha lasciato la vita l’artigliere
alpino Ciro Ettorre<br />
Salendo da Sappada, quasi all’arrivo del passo, si
incontra la lapide con la quale i suoi commilitoni hanno voluto rimanga memoria
del tragico evento.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOs8Y5EuGUGWAXVUcEaIERG31xXhuanPiX3HJ6UKbgdVFjIuJcqPDWN-72Lc1HfwXv50cv12xc38wq_2asbOkfnGliBkqZIQnhSjhijehWwnd_tGzX671t6eobuKDuJLKK_q2ojpdDPWdP/s1600/IMG_3709%255B1%255D.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1196" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgOs8Y5EuGUGWAXVUcEaIERG31xXhuanPiX3HJ6UKbgdVFjIuJcqPDWN-72Lc1HfwXv50cv12xc38wq_2asbOkfnGliBkqZIQnhSjhijehWwnd_tGzX671t6eobuKDuJLKK_q2ojpdDPWdP/s200/IMG_3709%255B1%255D.JPG" width="149" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px;">Il dipinto di Dalla Marta</td></tr>
</tbody></table>
Ricostruendo la storia della
Resistenza in Carnia ho dovuto dedicare un capitolo al passo. Infatti è stato attraversato
più volte dai garibaldini della Val Pesarina, per incursioni e fatti di sangue
che a Sappada non hanno lasciato certamente un bel ricordo. E’ stato durante uno di questi episodi che i Tedeschi di stanza a Sappada, per rappresaglia, hanno incendiato la casera della malga del passo. Avevano anche messo del veleno nella sorgente attigua. La strage fu evitata per l’intervento di Tiziano Dalla Marta, già Sindaco di Prato Carnico e di Tolmezzo, ai tempi partigiano-infermiere in val Pesarina. Ora, diventato anche un valente pittore, ha voluto ricordare l’episodio in un caratteristico quadro.<br />
<br />
<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Finalmente, nel 75 anniversario dall’incendio, la malga, acquistata dal carnico<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhu7TuuEBMGwtI0UaCO3frUVaHdSI9OJpIg__sUfO4XSxawKgOKX7z-yftU889KjElW_CUjTbiK2Zmt75C-E3sl389bxI8645_tYOBvQzLVJsH1-PZ8ZXP94YNgi3XUQI1_UEnj98uSGIG/s1600/IMG_3721%255B1%255D.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1196" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjhu7TuuEBMGwtI0UaCO3frUVaHdSI9OJpIg__sUfO4XSxawKgOKX7z-yftU889KjElW_CUjTbiK2Zmt75C-E3sl389bxI8645_tYOBvQzLVJsH1-PZ8ZXP94YNgi3XUQI1_UEnj98uSGIG/s200/IMG_3721%255B1%255D.JPG" width="149" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="font-size: 12.8px; text-align: center;">La malga in costruzione</td></tr>
</tbody></table>
<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Luigino Concina (Pilùc), è stata rimessa a nuovo.<o:p></o:p>Un motivo in più per salire al passo, a scelta da Culzei di Pesaris (Cai 231) su una comoda carrabile o da Sappada su una facile mulattiera (Cai 316).<br />
<span style="mso-tab-count: 1;"> </span><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Da qui poi si può fare una bella traversata da brivido, sulla ferrata Corbellini, fino al rifugio De Gasperi, o una camminata verso il suggestivo passo dell’Arco.</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Ma a indurmi a tornare al passo è stata la favola delle Agane della Val Pesarina.<br />
<table align="center" cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: right; margin-left: 1em; text-align: right;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheJgh1tO9gc2_NMpIVwIX0fS1Js3L88kHpVOg5Roc2_4cElAEyCLefrDWS69BWBVKF3xLFNR9VWRhHGAxtTbPW5hNIZgUyS0x1xJwN2wT1TvFWgO1COfuJIt9E8pg0bwcK6SLb7_Q9NYwm/s1600/Al+bosco+delle+agane.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEheJgh1tO9gc2_NMpIVwIX0fS1Js3L88kHpVOg5Roc2_4cElAEyCLefrDWS69BWBVKF3xLFNR9VWRhHGAxtTbPW5hNIZgUyS0x1xJwN2wT1TvFWgO1COfuJIt9E8pg0bwcK6SLb7_Q9NYwm/s200/Al+bosco+delle+agane.JPG" width="150" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Al boschetto delle Agane</td></tr>
</tbody></table>
<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Le fate, in <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Carnia, si chiamavano Aganes, da <i style="mso-bidi-font-style: normal;">àghe-acqua</i> perché abitavano nei corsi d’acqua. Chi aveva avuto la ventura di incontrarle, s’era imbattuto con loro sempre vicino ad un ruscello. Uscivano nelle notti di luna piena ad asciugare le loro vesti al chiarore della luna.<br />
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Poi ci fu il concilio di Trento. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Le Agane che, come apportatrici <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>di felicità,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>erano raffigurate come bellissime fanciulle, vennero considerate come brutte espressioni infernali, demoniache. A dire<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che non ci può essere salvezza al di fuori della Chiesa, da bellissime fate divennero orribili streghe!...<br />
<br />
<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>In questo modo avrebbero dovuto trasformarsi anche quelle della Val Pesarina. Popolavano la valle, nascoste nel rio Pesarina, e nei tanti ruscelli che scendono dalle montagne ad alimentare il torrente. Si riunivano poi ogni notte a danzare sul passo tra la valle del Boite e la Val Pesarina, che da loro prendeva il nome di passo delle fate. Si ristoravano nel laghetto del passo e nelle pause andavano a dissetarsi alla fontana degli Sbilf, subito dietro alla casera della malga.<br />
Una <i style="mso-bidi-font-style: normal;">gorne(gronda) <span style="mso-spacerun: yes;"> </span></i>alimentata dalla sorgente che prende l’acqua dal monte Siera.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span><br />
<br /></div>
</div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="text-align: justify;"> </span><span style="text-align: justify;"> </span><span style="text-align: justify;"> </span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifffwjJCmGysxMscw5vCKPUoqLNy-TTWkJfBq9nhYbvFn81T1-FyHinoAChdtPcV9hY5t9EY5Ykt3z8X_vWX85F_6QIDzu-GaZoS57vfXJR80Bya2ecyvQBhGPGBLdgr_aiaDRD-A57MTm/s1600/IMG_3727%255B1%255D.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; float: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1196" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEifffwjJCmGysxMscw5vCKPUoqLNy-TTWkJfBq9nhYbvFn81T1-FyHinoAChdtPcV9hY5t9EY5Ykt3z8X_vWX85F_6QIDzu-GaZoS57vfXJR80Bya2ecyvQBhGPGBLdgr_aiaDRD-A57MTm/s200/IMG_3727%255B1%255D.JPG" width="149" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuFwnoWRxY64usbUDoqciAhBKjaXVXAGn8IgAcqACPckqyn8-Ie_-25P8JqvIvRCWrRxCi5neOYgubeHxaYv95t39ebbaubWKQxD2ifbVGsXsNUy6MpsaxNe94Ck02ntRP4wroY1yCOkTg/s1600/IMG_5452.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; float: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1196" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjuFwnoWRxY64usbUDoqciAhBKjaXVXAGn8IgAcqACPckqyn8-Ie_-25P8JqvIvRCWrRxCi5neOYgubeHxaYv95t39ebbaubWKQxD2ifbVGsXsNUy6MpsaxNe94Ck02ntRP4wroY1yCOkTg/s200/IMG_5452.JPG" width="149" /></a><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Le agane pesarine avevano anche
il potere di trasformarsi in animali e così di giorno le si poteva incontrare sen rendersi conto che fossero loro, mentre si ascoltava estasiati il canto
d’un uccello, o si ammirava la grazia della corsa d’un capriolo o d’un cervo, la
furbizia d’uno scoiattolo, la forza d’un cinghiale, l’imponenza d’un orso.<br />
<o:p></o:p><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="text-align: justify;"> </span></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /><span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Per questo la valle era un parco
naturale dove la gente veniva per godere dello stupore dell’incontro
ravvicinato con gli animali, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>per bearsi
del <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>riecheggiare del canto di mille uccelli
che inondava la valle, come il suono degli strumenti di una unica grande orchestra
sinfonica. <o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-tab-count: 1;"> </span><span style="mso-spacerun: yes;"> </span>A ricordo del loro potere di diventare animali,
le Agane della Pesarina, chiesero di poter restare dentro agli alberi, mantenendo
l’immagine che avevano scelto da vive. E si vedono ancora, sulla carrareccia che
porta al passo.<br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<br /></div>
<o:p></o:p></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Sette di loro invece hanno
ottenuto di restare fate. <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>Nascoste non
più nel laghetto del passo, ma nel rio Siera, sulla strada di accesso.<o:p></o:p><br />
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtzfq_CooQ_izEn42ZPrPCvoJGo9EOfECXC5LqGGOfoOBCjrP6-9EYxlAaD5EnM-iigeBiCLOuVBqlnKw-vKlks-faEYFduEqBu5C0K0lACj028ryCjF2XODZT87f2vcLtJ_StEQaMz9ef/s1600/IMG_5544.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjtzfq_CooQ_izEn42ZPrPCvoJGo9EOfECXC5LqGGOfoOBCjrP6-9EYxlAaD5EnM-iigeBiCLOuVBqlnKw-vKlks-faEYFduEqBu5C0K0lACj028ryCjF2XODZT87f2vcLtJ_StEQaMz9ef/s200/IMG_5544.JPG" width="150" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiByocQSdq0q_J1A-TRdmmgQ1PQEUUPIS1OuoNcubCuijWZKX4-_wxBTY89vKfuAbFn8-WRgW9UyMzSBPlC0Pw-YovE8rwCQUFrKhnmyBBbO2A-aJrAP6LdB10vAGDbbagBecmrz0Y6gJxF/s1600/IMG_5543.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiByocQSdq0q_J1A-TRdmmgQ1PQEUUPIS1OuoNcubCuijWZKX4-_wxBTY89vKfuAbFn8-WRgW9UyMzSBPlC0Pw-YovE8rwCQUFrKhnmyBBbO2A-aJrAP6LdB10vAGDbbagBecmrz0Y6gJxF/s200/IMG_5543.JPG" width="150" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjN6ko4CbW0U29v7gdNKhAGv88-atPU0JXwQHIvqeM0oSfQSFfcRXBLzFOY7eWT8hadeEuxijZvUgAyt3Sp1vrrLbMZl4-ZrjvFw8B4otNFMjMahTP_7hfIOLZtqEAgU9vhb75-rm578yg5/s1600/IMG_5547.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjN6ko4CbW0U29v7gdNKhAGv88-atPU0JXwQHIvqeM0oSfQSFfcRXBLzFOY7eWT8hadeEuxijZvUgAyt3Sp1vrrLbMZl4-ZrjvFw8B4otNFMjMahTP_7hfIOLZtqEAgU9vhb75-rm578yg5/s200/IMG_5547.JPG" width="150" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt0dPp_FfH1KOpzMTzQO4W__jHYl1xW4LCgIatsRnMrvG9mStmG9yiGc9_j9XI6PNMxRtkD93KCRFheX8i9ed4rScKWyZ5iEZ6FQ_5Vvqp6GGA8fTI9Inssdj86j3sVCXFy63R89YE-u0X/s1600/IMG_5545.JPG" imageanchor="1" style="clear: right; margin-bottom: 1em; margin-left: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgt0dPp_FfH1KOpzMTzQO4W__jHYl1xW4LCgIatsRnMrvG9mStmG9yiGc9_j9XI6PNMxRtkD93KCRFheX8i9ed4rScKWyZ5iEZ6FQ_5Vvqp6GGA8fTI9Inssdj86j3sVCXFy63R89YE-u0X/s200/IMG_5545.JPG" width="150" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRsS5G2xQAwUtAAyxGrdUb6DPxkNbUSUyS5ms-yNd_5aXupgpe8Grz9V5OQAgMUjSj8e-uzhl_AN2FUnFS81XavqqVBUwz_8zpqyb7lgXlckQ9xgqKvfrUZUQ8XMeivX3Ke_n8gEKi-pGr/s1600/IMG_5548.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhRsS5G2xQAwUtAAyxGrdUb6DPxkNbUSUyS5ms-yNd_5aXupgpe8Grz9V5OQAgMUjSj8e-uzhl_AN2FUnFS81XavqqVBUwz_8zpqyb7lgXlckQ9xgqKvfrUZUQ8XMeivX3Ke_n8gEKi-pGr/s200/IMG_5548.JPG" width="150" /></a><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMTY7ezRemSA5E7peCeuEmc8OWdx-wpZmIzbu48SYtDaFbKgwEUhgv_b-bTBlXpXJeoAcVGCUthRG9vHtosDp-guqt-N6Pu0w3aXE4CJnqBOz1DY-KEO8y4o7IPqrQwrEDGLLcMIKZ8_RF/s1600/IMG_5549.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1600" data-original-width="1200" height="200" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMTY7ezRemSA5E7peCeuEmc8OWdx-wpZmIzbu48SYtDaFbKgwEUhgv_b-bTBlXpXJeoAcVGCUthRG9vHtosDp-guqt-N6Pu0w3aXE4CJnqBOz1DY-KEO8y4o7IPqrQwrEDGLLcMIKZ8_RF/s200/IMG_5549.JPG" width="150" /></a></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<table cellpadding="0" cellspacing="0" class="tr-caption-container" style="float: left; margin-right: 1em; text-align: left;"><tbody>
<tr><td style="text-align: center;"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEievX1QoNVOl3UzCa9qfI20TtAdKJZfgICbBmbg_uSMU1tP5HZjcsMBe1E-ONxk0-W7RbFncgl5ZGyWWYcCtL75ckDOFmTdD-Npk21pEK0zhLMaiU_-gp5uFvcAOX5UDa9YKsn5IVvSYsdU/s1600/Il+boschetto+delle+Agane.JPG" imageanchor="1" style="clear: left; margin-bottom: 1em; margin-left: auto; margin-right: auto; text-align: center;"><img border="0" data-original-height="1200" data-original-width="1600" height="150" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEievX1QoNVOl3UzCa9qfI20TtAdKJZfgICbBmbg_uSMU1tP5HZjcsMBe1E-ONxk0-W7RbFncgl5ZGyWWYcCtL75ckDOFmTdD-Npk21pEK0zhLMaiU_-gp5uFvcAOX5UDa9YKsn5IVvSYsdU/s200/Il+boschetto+delle+Agane.JPG" width="200" /></a></td></tr>
<tr><td class="tr-caption" style="text-align: center;">Il boscut das Aganis</td></tr>
</tbody></table>
<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Da lì escono a danzare al
limitare del ruscello, in un piccolo bosco di larici, <span style="mso-spacerun: yes;"> </span>che da loro prende il nome di boschetto delle Agane,
<i style="mso-bidi-font-style: normal;">il boscùt da Agànis</i>. Fino all’alba. Poi salgono con. il sole che inonda di luce la montagna e si nascondono tra le rocce delle Vette Nere. Così è stata chiamata la montagna a ricordare il lutto perché le tiene sepolte. La montagna ove ora si diverte
ad aprire nuove vie Adriano Sbrizzai.<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>Vi entrano infilandosi in una piccola grotta che prende il nome di “<i>buse das Aganis”</i>. <span style="mso-tab-count: 1;"> </span> Danzano
e cantano per tutta la notte. Nelle pause s’appoggiano al tronco del larice prescelto
da ognuna, che al contatto assorbe<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>i
loro poteri. Per questo, anche di giorno, si vede la loro immagine sugli
alberi. Per questo,<span style="mso-spacerun: yes;"> </span>chi si ferma nel
boschetto delle Agane, sente il loro influsso e ritrova la serenità.<br />
<span style="mso-spacerun: yes;"></span><o:p></o:p><br />
<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;">
<span style="text-align: justify;"> </span></div>
<div class="MsoNormal">
<o:p></o:p></div>
</div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="mso-tab-count: 1;"> </span>L’originalità della favola sta
nel fatto che ora la si rilegge camminando, mentre si sale dalla val Pesarina.
Nei disegni di Sergio Sabadelli, suocero del proprietario della malga. <b>Una vera camminata da
favola! </b><br />
<b><o:p></o:p></b></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-size: 10.0pt;"><span style="mso-tab-count: 2;"> </span><o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal">
<br /></div>
<br />Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-49241898001855534532017-10-26T08:50:00.001+02:002017-10-26T08:50:41.291+02:00L'origine storica del Tiramisù<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
</div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
<b>L’origine del Tiramisù
e del Mascarpone.<o:p></o:p></b></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
<br /></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Raimondo della Torre
fu Patriarca d’Aquileia dal 1273 al 1299. Appena insediato si rese conto dell’
importanza per l’economia del Patriarcato del passo di Monte Croce Carnico e quindi del
ruolo di Tolmezzo a presidio sulla
strada per il passo. Alla cittadina concesse il privilegio della raccolta del
dazio sul commercio della Carnia perché si facessero le mura. I tolmezzini, in
segno di gratitudine, sulla porta di sopra, hanno scolpito il suo stemma. </div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Ma oltre le
motivazioni geo-politiche a rinsaldare i
vincoli di amicizia di Raimondo con Tolmezzo contribuì il suo amore per la
buona tavola. Aveva nominato gastaldo della Carnia suo cugino Eghelberto della
Torre, famoso buongustaio milanese e la tavola del gastaldo della Carnia si
distinse subito per la raffinatezza. Merito soprattutto del cuoco Cromazio che il Gastaldo era riuscito a scovare nel
paese di Cazzaso, un innovatore appassionato, affascinato dal desiderio di nuove pietanze con nuovi gusti e sapori e ma
preoccupato anche della genuinità del
cibo. Al punto che, volle produrre in proprio
il formaggio, alimento base della sua cucina. Nelle cantine del castello s’era fatto costruire una piccola
latteria e il gastaldo obbligò i suoi contadini a conferire al castello la
decima del latte prodotto. Poteva così far colazione con il burro di giornata,
mentre il formaggio e la ricotta venivano stagionati a seconda delle pietanze a
cui erano destinati. Per non sprecare nulla Cromazio s’era inventato anche la
ricetta del Formàdi Frant. Faceva fermentare i resti del formaggio e persino le
croste, unendovi delle erbe sempre diverse, ottenendo così un prodotto con sapori sempre più inusitati.<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Ma come capita spesso, fu invece opera del caso la scoperta
del formaggio che rese Cromazio famoso in tutto il Patriarcato e oltre. Una mattina aveva appena raccolta la panna
affiorata nelle mastelle nelle quali era stato conservato il latte durante la
notte. Aveva deciso di cuocerla per farne l’ont (burro fuso in friulano) da
conservare. Fu chiamato dal Gastaldo
proprio mentre aveva sul fuoco sia la
pentola del burro che quella del formadi frant. Aveva appena ordinato ad un suo
inserviente di spremere alcune gocce di
limone in quella del formadi frant. Voleva verificare che gusto ne sarebbe
derivato a fermentazione avvenuta. </div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Al richiamo del
superiore si precipitò lasciando perdere ogni cosa. Al ritorno chiese
all’inserviente se aveva spremuto il limone. Gli rispose di sì, indicandogli il
recipiente che conteneva la panna. Ci si può immaginare la scena! Urla,
bestemmie, pedate nel sedere dell’inserviente. Ma ormai era fattal Rovinato il
burro della giornata! Anche perché si era spento il fuoco e si era interrotta
la cottura del burro. Come aveva dimostrato
con l’invenzione del formadi frant, Cromazio era cresciuto a Cazzaso nella
miseria e non sarebbe stato capace di sprecare nulla. Tanto meno la brume (la
panna), la parte più pregiata del latte.
Rovesciò la pentola con la panna su una delle tele che usava per fare la
ricotta e ne fece un sacchetto, come appunto fosse ricotta. Bestemmiando ancora contro la stupidità del
suo inserviente portò il nuovo prodotto nel fresco della cantina e l’appese, accanto ai salami. “Vedrò cosa farne
un giorno” e con una ultima imprecazione, preso da altre cose, si dimenticò dell’incidente.<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Solo il giorno
dopo, mentre staccava un salame, gli tornò agli occhi il sacchetto.<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
“Son curioso di sapere che
cosa ne è avvenuto della panna al limone!” disse. Rovesciò il sacchetto in un piatto e si trovò davanti un
composto cremoso, bello anche da vedersi. Quando prese ad
assaggiarlo, non potè trattenere una bestemmia di soddisfazione. Una
prelibatezza! Qualcosa dal gusto raffinato. La stupidità del suo inserviente aveva
inventato un derivato dal latte che non era né burro nè formaggio nè ricotta,
ma qualcosa di nuovo. D’una bontà eccezionale.<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Capì subito che
il miracolo era opera delle gocce di limone ma anche del fatto che il fuoco si
era spento fermando la cottura ad una
temperatura ideale per realizzare il prodotto. Ci mise alcuni giorni a definire
la ricetta, con diverse prove andate a vuoto. Bisognava trovare la giusta
temperatura e la giusta quantità di limone che aveva provocato il miracolo.
Alla fine ci riuscì e scrisse la ricetta</div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Si doveva
scaldare in una casseruola la panna a
fuoco lento mescolandola con un frusta fino a fare raggiungere gli 80/85 gradi.
Poi aggiunte alcune gocce di limone si doveva continuare la cottura per
un’altra decina di minuti . Lasciar quindi raffreddare nell’ambiente per 35
minuti, poi scolare in una tela, come fosse ricotta e mettere in fresco per
almeno mezza giornata.</div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Annunciò allora al
gastaldo, gonfio il petto d’orgoglio e soddisfazione, di aver inventato un
nuovo tipo di formaggio. Proprio in quei
giorni era in visita il cugino Patriarca. L’occasione cadeva a fagiolo per
sentire i commenti sul nuovo prodotto.<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
“Masse bon!”
esclamò con enfasi l’arcidiacono della Carnia che era stato invitato per
l’occasione e che come di regola i prelati, era anche un buongustaio. “Che
prelibatezza!” aggiunse il Patriarca con fare estasiato. “Come l’hai chiamato?”
chiese il gastaldo a Cromazio, soddisfatto per la bella figura che gli stava
facendo fare. “Non ci ho ancora pensato, non ho dimestichezza con le parole”
confessò quello. Allora intervenne il giullare, anche lui di Cazzaso, che si
divertiva invece a giocare con le parole e a fare anagrammi: “Mettendo assieme
le vostre esclamazione se ricaverebbe un Maschèpre. “Non mi pare granchè, ma
riconosco che è un nome originale, se va bene al cuoco tuo compaesano può andar
bene a noi, cui più che il nome interessa il gusto veramente nuovo e squisito,”
disse il Gastaldo. Il cuoco non aveva parole e quindi nel Patriarcato si
diffuse la voce che a Tolmezzo era stato inventato il Maschépre.<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
A questo punto il
lettore vorrà sapere come mai non s’è continuato a produrlo.<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Per rispondere
bisogna tornare alla storia. Nel 1279 il
Patriarca Raimondo guidò in Lombardia un contingente di truppe friulane in
aiuto dei suoi parenti in lotta contro i Visconti, per il dominio della Signoria di Milano.
Naturalmente si offerse come volontario anche il nipote, Gastaldo della Carnia,
che si portò al seguito anche il cuoco Cromazio.<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Con i buongustai però
non si vincono le guerre! Fu così che i Torriani subirono una sonora sconfitta
a Vaprio sull’Adda. L’armata friulana fu disfatta. Anche Cromazio cadde
prigioniero e finì i suoi giorni a fare il cuoco nel castello di Abbiategrasso,
che già dal 1277 era passato con i Visconti, insegnando ai nuovi padroni la ricetta del Maschépre, che nel frattempo
aveva cambiato nome.</div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Mentre si abbuffavano con quella nuova delizia
del palato invece che prepararsi alla battaglia, i feudatari patriarchini si
erano resi conto che almeno il nome della
specialità che gustavano ogni giorno doveva essere appropriato per l’ambiente
militare. Maschèpre sapeva di frocio, per questo il giullare, lasciando inalterata
la base, propose di cambiarlo nel più militaresco Mascherpòn, o Mascarpòn.<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Oltrechè sul nome
ci furono grandi discussioni su quali fossero gli accostamenti migliori, se con
il dolce o con il salato . Anche qui fu il caso a dare la soluzione.<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
In una delle
scaramucce che precedettero lo scontro finale, l’armata friulana si era
scontrata con quella dei Conti di Savoia, alleati dei Torriani, ed era riuscita
a fare qualche prigioniero. Tra questi il cuoco del conte. Cromazio si trovò ad
avere così un valido collaboratore e assieme inventarono ricette eccezionali
che fondevano la tradizione della Savoia con quella del Friuli. Come specialità
il nuovo arrivato portava dei biscotti d’una particolare leggerezza che
chiamava “savoiardi”. Fu per loro quasi inevitabile mettere assieme le due
ricette: uno strato di savoiardi e uno strato di Mascherpòn il tutto farcito
con ottimo zabaglione al vino moscato del Piemonte e ne venne fuori un dolce
tanto squisito quanto facile a farsi.</div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
“Una bomba energetica!” commentò il giullare
con questo “Tiramisù” saremo invincibili”, aggiunse, dando così il nome al
nuovo dolce. Non fu così, perché malgrado il Tiramisù furono sonoramente
sconfitti. I Visconti si presero la
signoria di Milano, mentre i Torriani si spostarono in Friuli al seguito del
loro Patriarca a godere dei feudi loro assegnati, ove deliziarsi di Tiramisù e
Mascarpone. <span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Quando, nel 1420,
Venezia pose fine allo Stato Patriarcale, prese a considerare il Friuli poco
più che una colonia dalla quale importare legname per le proprie navi. Anche le
buone tradizioni culinarie sviluppate con i Patriarchi si sono perse. Solo
nell’ultimo dopoguerra, negli anni del boom economico è tornato in voga il
Tiramisù Come mai sia venuta l’idea a Norma Pielli titolare e cuoca dell’Albergo
Roma di Tolmezzo negli anni cinquanta del
Novecento, è facile a spiegarsi alla luce di questa storia. La Torre Raytemberger
porta di accesso al castello patriarchino era al tempo, diventata cantina
dell’Albergo. E’ facile immaginare che
vi aleggiasse lo spirito di Cromazio,
tornato da morto nei luoghi che avevano visto brillare la sua stella di
grande cuoco. Invece che i numeri del lotto, come sono soliti fare i defunti,
Cromazio ha portato a Norma la ricetta.
Come suggerito dall’anima di Cromazio, Astori
ha preso a importare da Abbiategrasso il Mascarpone che i lombardi avevano continuato a produrre,
sulla ricetta insegnata loro dal carnico prigioniero. Norma , da cuoca
innovativa quanto Cromazio, ha arricchito la ricetta del Tiramisù, che gli era venuta in sogno, con i gusti del
caffè e del cacao che lui non poteva
conoscere.</div>
<br />
<div align="left" class="MsoNormal" style="background: white; text-indent: 19.2pt;">
Ecco come la
storia da sempre “magistra vitae” è anche in grado di tagliare la testa al toro
sulla querelle dell’origine del Tiramisù. Alla luce della storia che s’è letta,
è fuor di dubbio che il moderno Tiramisù è nato a Tolmezzo, recuperando la
ricetta dei tempi del Patriarca Raimondo Della Torre.<span style="color: #222222; font-family: "Arial","sans-serif"; font-size: 10.5pt; mso-fareast-font-family: "Times New Roman"; mso-fareast-language: IT;"><o:p></o:p></span></div>
Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-74814105454004223402015-11-20T03:15:00.002+01:002017-10-26T09:21:07.804+02:00La Madonna di Castoia.<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 106.2pt; margin-right: .2pt; margin-top: 0cm; text-align: justify; text-indent: .3pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-bottom: .0001pt; margin-bottom: 0cm; margin-left: 106.2pt; margin-right: .2pt; margin-top: 0cm; text-align: justify; text-indent: .3pt;">
<i><span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Le chiesette di montagna, si può anche immaginare siano dei luoghi di culto
celtici, ripensati in chiave cristiana.<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<i><span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;"> <o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Molti
santuari mariani sono legati a racconti di apparizioni, nelle quali è stata la
Madonna stessa a richiedere l’erezione della Chiesa, indicando anche il luogo.
Ma la leggenda collegata al santuario della Madonna Ausiliatrice, meglio noto
come della Madonna del Clap o di Castoia in Comune di Paularo, ha una sua
originalità. Un pastore del paese raccogliendo sassi nel Rio Malmedìli ne
avrebbe trovato uno che ha suscitato la sua curiosità. Per guardarlo meglio
l’ha pulito, e si è accorto che c’era scolpita l’immagina d’una Madonna con il
bambino.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;"> Si può immaginare la sua sorpresa, forse anche
il suo spavento, perché un povero pastore con quel sasso scolpito in mano, va
subito a pensare a qualche sortilegio, a qualche stregoneria. Si era
nell’Ottocento, e in Carnia a quei tempi si incontravano streghe ad ogni
angolo. Corse in paese a raccontare l’accaduto, salirono le donne con il prete
in testa a verificare la veridicità del racconto. Il sasso c’era, ed aveva
effettivamente scolpita l’immagine della Madonna. Era una lastra di pietra a
forma quasi triangolare e dalla pietra emergeva in altorilievo una immagine
della Madonna dai lineamenti delicati.
Come fece notare subito il prete, ripeteva uno schema molto usato
nell’iconografia mariana, aveva infatti la mano sinistra aperta in segno di
accoglienza, e il bimbo in grembo con il dito della mano che indicava la madre. Come fosse finita nel
rio Malmedili, chi ve l’avesse lasciata, chi l’avesse scolpita erano tutti
interrogativi senza risposta. Tutti furono concordi nel cercare di dare degna
collocazione a quella immagine. E la Maina delle Madonna che già esisteva a
poche centinaia di metri dal rio, in mezzo ai prati, di fronte alla imponente
catena del Serio, parve a tutti la soluzione più opportuna. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Nella
maina c’era in effetti già un’ altra originale Madonna con i vestiti di stoffa e il viso della madre
e del bambino scolpiti nel legno. Ma in qualche modo si sarebbe trovata una
soluzione per sistemarle entrambe…<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">La
mattina del giorno dopo le donne che erano salite ad accudire le bestie
passarono a dire un’Ave Maria alle due Madonne, ma dovettero constatare che la
nuova non c’era più. Riportata la notizia in paese, di nuovo si formò la
processione delle donne con il prete in testa a salire l’erto sentiero per
andare a verificare cosa fosse accaduto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Chi
poteva mai essere quel dannato così sacrilego da permettersi di rubare la nuova Madonna? Mentre stavano a ragionare
sul fatto, al prete venne in mente di spostarsi nel luogo ove era stata
trovata, nel Rio Medili. La pietra con l’immagine era di nuovo lì, dove era
stata trovata il giorno prima, vicino ad una piccola sorgente…<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Chi
ve l’aveva riportata? Chi poteva aver interesse a salire di notte per riportare
l’immagine dove era stata rinvenuta originariamente? Non si sapeva cosa
pensare, prevalse ancora l’opinione che la Madonna non poteva essere lasciata
lì all’aperto e fu riportata nella Maina e messa assieme all’altra.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Non
ci credereste! Ma la mattina dopo le donne non l’hanno trovata più dove era
stata sistemata… Qualcuno l’aveva
riportata di nuovo vicino alla sorgente. Quale mistero si nascondeva dietro a
quegli spostamenti? Fra le donne iniziò a girare la parola miracolo… Ed anche
il prete non sapeva cosa pensare. La portò di nuovo, per la terza volta, nella
Maina, e per la terza volta la mattina dopo l’immagine fu ritrovata vicino al
Rio Medili. Per tre volte Pietro aveva rinnegato Cristo, per tre volte, pensò
il prete, si era rinnegata la volontà della Madonna di restare nel posto ove si
era fatta trovare. Non si poteva andare oltre!
<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Nella
vicenda c’era certamente del miracoloso, e comunque non si poteva non dare
degna accoglienza a quella Madonna che era comparsa così all’improvviso,
scolpita nel sasso, nel luogo dove aveva voluto farsi trovare. Tutto il paese
partecipò ai lavori per la costruzione di una piccola cappella. Anche perché,
nel frattempo erano intervenuti dei veri miracoli per intercessione di quella
Madonna. Miracoli che si ripeterono e portarono il paese a decidere di
ingrandire la cappella originaria, per farne una vera Chiesa di dimensioni
ragguardevoli. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">E’
l’attuale Santuario, ubicato appunto in un luogo non ci si aspetta di trovare
una Chiesa, infossata come è nel canalone del Rio Malmedìli. C’è ancora sul
sagrato anche la fontanella d’acqua corrente, a ricordo della sorgente
originaria.Al miracolo o si crede o non si crede. E’ qualcosa che va al di là
del naturale e che quindi non può essere affrontato con la ragione, per cercare
delle spiegazioni. E non si possono inventare altre storie per dare spiegazioni
alla storia del miracolo. E’ quindi solo a titolo di cronaca che riporto la
leggenda con la quale il solito miscredente ha cercato di spiegare il fatto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Si
era qualche anno prima del 1870, l’anno al quale si fa risalire il ritrovamento
del sasso con l’immagine, quando la Carnia era ancora sotto la dominazione
austriaca. A Salino viveva un giovane povero di famiglia, ma di grande ingegno.
Faceva lo scalpellino, ma non si limitava a squadrare i sassi, ne sapeva
ricavare dei rosoni artistici, ed anche delle figure più complesse. I suoi,
morendo, gli avevano lasciato in eredità solo dei prati scomodi, “gràtules”
come lui diceva, e fra questi, su La Mont, un ritaglio di terreno infossato in
un rio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;"> Malgrado la estrema povertà, viveva felice.
S’era infatti innamorato di Maria, la più bella ragazza del paese, e lei
l’aveva voluto, anche se era così povero. Non ci sono molte coppie che si
uniscono come i due pezzi della mela di Adamo, a formare un tutt’uno. Ma questa
era una di quelle…Stavano aspettando il primo figlio e la loro felicità era
alle stelle. Lei, anche se incinta, lo continuava ad aiutare nei lavori della
fienagione. Era normale a quei tempi. Si racconta di donne che lavorando fino
all’ultimo sono finite a partorire nel prato. Un giorno d’estate stavano
appunto raccogliendo il fieno di quel pezzo di terreno in ripido pendio, sul
prato de La Mont, e stavano costruendo
la mede. Il terreno che ora è stato spianato per costruire la
Chiesa era ripidissimo e l’impresa non era semplice. Lei stava sopra a calpestare il fieno
tenendosi al medili, il palo attorno al quale si doveva costruire il covone,
lui con la forca le lanciava il fieno. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">D’un
tratto, forse perché lui aveva lanciato troppo forte e si era spaventata, si sbilanciò bruscamente, il medili cedette e la mede già quasi
completata si rovesciò verso il basso, trascinandosi dietro Maria con il suo
bambino in grembo. Silverio, così si chiamava lo scalpellino, si precipitò in
soccorso della moglie. Ma non c’era purtroppo più nulla da fare. Cadendo aveva
battuto la testa e non respirava già più.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Si
può immaginare la disperazione del povero uomo!..<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">A
questo punto il racconto fa una divagazione per spiegare il nome di Malmedili
che è stato dato al rio. Il fratello di Silverio s’era dovuto recare al
Municipio di Paularo a dichiarare la morte della cognata, e l’ufficiale
d’anagrafe un po’ sordo gli aveva chiesto di che male fosse morta. L’uomo
affranto per la morte della cognata e preoccupato per la disperazione del
fratello, avrebbe voluto obiettare che quando uno è morto è morto, e non ha
senso registrare anche il male che aveva causato la morte. E del resto,
nel caso che stava denunciando non c’era
stato nessun male. Era stata una disgrazia!<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Nessun
male, rispose spazientito, è stata colpa del medili piantato male”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Cosa?”
chiese l’ufficiale d’anagrafe, che come s’è detto era un po’ sordo, ed essendo
austriaco non capiva bene l’italiano.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Il
medili!” gli gridò nell’orecchio il fratello di Silverio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Ho
capito, disse l’altro e ripetè ad alta voce quel che stava scrivendo. “Morta di
Mal medili”. In seguito il fratello di Silverio raccontò più volte in osteria a
Salino l’aneddoto del suo incontro con l’ufficiale d’anagrafe. Fu così che per
l’ignoranza e la sordità d’un ufficiale d’anagrafe, indicando il luogo dove era
morta Maria, si iniziò a chimarlo Malmedili, e il luogo finì per dare il nome
al rio che lo attraversa.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Ma
lasciando le divagazioni e tornando al racconto principale, si dice che
Silverio sia impazzito dal dolore e si sia ritirato a vivere come un eremita
sulla montagna dove era morta la sua Maria. Se ne stava nascosto in qualche
grotta, come un animale selvatico, e non si faceva mai vedere dai paesani che
salivano per la fienagione o per accudire alle bestie. Soltanto i pastori
raccontavano alle volte d’averlo intravisto, come si racconta d’aver intravisto
l’orso. Ad un certo punto non si registrarono più avvistamenti, e si dedusse
che fosse morto. Ma la sua scomparsa avvenne dopo il ritrovamento della pietra
con la Madonna scolpita. A quell’epoca era certamente ancora in vita…<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Si
potrebbe quindi così spiegare il miracolo della Madonna. Era stata scolpita da
Silverio per ricordare la sua Maria e il suo figlio mai nato, e l’aveva
riportata per tre notti di seguito nel posto ove avrebbe voluto che restasse, a
testimonianza della disgrazia che aveva distrutto la sua vita.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Con
questa versione, si perde l’idea del miracolo del sasso che torna, per tre
volte, da sé, nel luogo ove la Madonna chiedeva le fosse dedicata una Chiesa,
ma per un altro verso si rafforza la suggestione del luogo. Se veramente
Silverio avesse trasfigurato in quella della Madonna l’immagine della sua
Maria, il santuario potrebbe veramente essere considerato il monumento alle
donne di Carnia, donne da santificare per i sacrifici che hanno fatto, in
situazioni al limite, come quella dei pendii ripidissimi dei prati di Castoia, per ricavare il
necessario per far crescere i figli. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Ma
di questa come di altre leggende, ci
sono più varianti. Dopo aver fatto
circolare per Paularo la voce che stavo cercando se c’era qualcuno che conosceva altre versioni
riguardanti la storia della Madonna di Castoia, una sera fui avvicinato per
strada da una vecchia che mi trascinò a sé in un angolo buio, quasi volesse
violentarmi.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Non
è una Madonna!”, mi disse in un soffio avvicinando la sua bocca al mio
orecchio.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Che
modo di spaventare la gente!” protestai.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Non
voglio che mi riconosca. Nessuno deve sapere che le ho parlato” continuo a
dirmi, trattenendomi a forza, per potermi parlare da vicino.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Anche
se la riconoscessi non avrei alcun motivo per rivelare il suo nome,” obiettai.
“Ma come fa a dirmi che non è la Madonna?”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Non
sono la sola a saperlo! Ma nessuno ne vuole parlare, per paura delle
maledizioni del parroco!”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Che
io sappia i preti non maledicono ma benedicono!”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Signore,
io non so quale esperienza lei possa avere. Ma chi sa benedire, sa anche
maledire!”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Sarà!
Ma insomma mi dica cosa sa della Madonna”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“E’
una immagine molto più antica, è l’immagine di una Agana del tempo dei Celti”.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Questa
poi!...” borbottai.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">“Le
dico che è così! Se è uno studioso, provi ad approfondire l’argomento ed alla
fine mi darà ragione”. Così dicendo la donna si infilò in un vicolo e scomparve
nel buio. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;">Che
molte delle chiese, soprattutto quelle di montagna, possano farsi risalire ad
epoca pre-cristiana, è un fatto che viene sostenuto da molti studiosi. Il
sincretismo cristiano può aver trasformato nel volto di una Madonna quella che
invece era il volto di una Agana. Ma non in questo caso! La Madonna di Castoia
è rappresentata con in braccio il bambino che tiene il dito alzato ad indicare
la madre. E’ una tipica iconografia della Madonna.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;"> A meno che la pietra non sia stata
scolpita nuovamente modificando una immagine preesistente! Se la mia
informatrice senza volto avesse veramente ragione, la pietra potrebbe essere stata
ripulita già dopo l’editto del Concilio di Tours nel 567 che condannava quelli
che continuavano “nella stoltezza di praticare culti presso alberi, pietre e
fonti” e chiedeva che “questo uso pessimo e incompatibile con la religione sia
distrutto” .<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="text-align: justify;">
<span style="font-family: "garamond" , "serif"; mso-bidi-font-size: 12.0pt;"> Ma
a questo punto si potrebbe anche arrivare a pensare che ci sia stato veramente
il miracolo della pietra, che non voleva allontanarsi dal rio! Le Agane si sa,
sono fate dell’acqua, e l’Agana di Malmedili preferiva la vicinanza dell’acqua al sole della maina sull’altopiano, dove volevano collocarla gli abitanti di
Salino!...<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<br /></div>
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<br /></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="margin-right: .2pt; text-align: justify; text-indent: 36.0pt;">
<br /></div>
Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-86659902138248349472015-11-10T02:26:00.000+01:002015-11-10T02:26:59.203+01:00San Martino in Carnia,<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<b><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;">San Martino in Carnia.</span></b><i><span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;">(da un’idea di Giulio
Astori)<o:p></o:p></span></i></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Come si legge nella sua biografia,
San Martino di Tours è nato nel 316 a Szombathely (al tempo Sabaria Sicca), la prima
cittadina che si incontra arrivando in Ungheria dall’Italia, subito dopo il
confine con l’Austria. Suo padre era tribuno militare della legione che
presidiava quella che allora era diventata la capitale della Pannonia
superiore. Un avamposto rispetto alle colonie di Aquilieia e Julium Carnicum,
ma, sulla via dell’ambra, il centro era subito cresciuto ed era diventato una
città importante, con tanto di sede imperiale, terme ed anfiteatro.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Quando il padre di Martino andò in
pensione, come tutti i veterani dell’esercito romano, secondo le usanze,
ottenne l’assegnazione di un podere a Pavia. Vi
si trasferì con la famiglia quando il figlio, che aveva voluto chiamare Martino, in onore del
Dio Marte, aveva solo dieci anni. A dispetto del nome che il padre gli aveva
dato nella speranza di vederlo diventare almeno comandante di legione, il
ragazzo, più che per la guerra, si sentiva portato per la preghiera e la
meditazione. A Pavia una volta scomparve di casa per alcuni giorni. Il padre lo
cercò disperato e lo trovò in una chiesa, tutto assorto nelle sue riflessioni
sul senso della vita. Aveva così ripetuto le gesta di Gesù che, facendo disperare
Giuseppe e Maria, s’era perso a
discutere con i dottori del Tempio di Gerusalemme.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Ma nel 331 un editto dell’Imperatore
Costantino obbligò tutti i figli dei veterani ad arruolarsi nell’esercito
romano. Suo malgrado, fu quindi reclutato nella “ Schola imperiali” un corpo
scelto di militari perfettamente equipaggiati. Ognuno infatti disponeva d’un
cavallo e d’uno schiavo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Nel 335 l’imperatore Costantino
decise di trasferirsi in Ungheria per definire un trattato con i barbari
Visigoti. Avrebbe concesso loro di
stanziarsi sulla riva sinistra del Danubio, ponendo il fiume come confine dell’Impero
Romano. Riteneva così di farseli alleati.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> In questa spedizione senza pericoli,
diplomatica e non militare,volle che lo accompagnassero i ragazzi della “Schola
imperiali” appena arruolati, giovani di
appena quindici sedici anni. Non avendo fretta, prima di attraversare le Alpi
si fermò per alcuni giorni nella colonia di Julium Carnicum ospite dell’amico Caio
Bebio, che da poco aveva premiato con l’incarico di governatore di quella colonia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> I ragazzi della Schola erano
accampati appena fuori le mura, nella località detta Formeaso. In libera uscita si riversavano
nella cittadina di Julium in coda per poter consumare nel lupanare. Martino no!
Ogni sera si faceva a piedi la salita fino alla chiesa metropolitana dedicata a
San Pietro dove officiava il vescovo Callisto. La Chiesa era circondata da due
monasteri uno riservato alle monache e uno ai monaci. Si pregava molto e ancor
più si discuteva di teologia sul mistero della Trinità, l’argomento più in voga
al momento. C’erano infatti alcuni monaci che ancora esprimevano delle riserve
sulla dottrina dell’homoousion ed erano vicini all’ eresia di Ario, malgrado
già dieci anni prima nel 325 a Nicea, proprio per l’intervento dell’Imperatore
Costantino, fosse stato definito il
dogma della consustanzialità sotto la forma del simbolo niceno<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Martino non era però interessato a
queste discussioni pensava che il cristianesimo dovesse richiamarsi agli
insegnamenti di Cristo, al precetto che considerava come vero dogma fondante della nuova religione,
quello di amare gli altri come noi stessi, di vedere Cristo nel prossimo, soprattutto
nei poveri. Si sentiva così più vicino a Elena, la madre dell’Imperatore, che,
invece di filosofare, aveva preferito cercare in Palestina i segni
dell’esistenza di Gesù e, sul Golgota, aveva trovato i resti della croce.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Uscendo una sera dal convento della
Chiesa di San Pietro per rientrare
all’accampamento in tempo per la tromba della ritirata, Martino aveva visto,
proprio accanto alla porta, un povero affamato e intirizzito.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> “Perché non bussi e ti fai
ospitare?” gli aveva chiesto.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> “Ho bussato, ma mi hanno detto che
non hanno né tempo né posto per me, occupati come sono a disquisire sul dogma
della Trinità”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> “Ma prima di disquisire, Gesù ha
insegnato ad amare!” protestò il giovane soldato romano. Volendo poi passare
dalle parole ai fatti, gli era venuta l’idea di tagliare un pezzo del suo
mantello per coprire il corpo del poveretto. Ma, in libera uscita, non aveva
preso con se le armi. Non aveva una spada e neppure un pugnale per tagliare il
mantello in due. Esitò un momento, poi preso da un impeto di carità, senza
pensarci, né frapporre indugi si tolse il bianco mantello, la clamide bianca
della guardia imperiate, e coprì il
poveretto perché non prendesse altro freddo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Senza pensarci. Ma ci dovette
pensare rientrando all’accampamento. L’ufficiale di guardia gli chiese conto
del mantello, e non potendo dire che l’aveva regalato si giustificò dicendo che
gli era stato rubato. L’ufficiale stabilì che nella libera uscita del giorno
dopo avrebbe dovuto recuperarlo, altrimenti gli sarebbe stato addebitato e
avrebbe trascorso dieci giorni di punizione in cella di rigore.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Fu così che la sera dopo Martino
risalì alla Chiesa di San Pietro alla ricerca del povero. Voleva scusarsi e
chiedergli che gli restituisse il mantello. Ma durante il giorno c’erano stati
degli sviluppi imprevisti. Il suo mantello era già molto lontano sull’altopiano
centrale della Carnia.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Glauco, il poveretto a cui l’aveva
dato aveva una sorella avara e taccagna che aveva sposato un contadino di
Sezza, ancora più gretto di lei. Quando la donna, che di solito neppure lo
salutava, vide addosso al fratello quel
mantello bianco di pregevole fattura, volle sapere dove l’avesse rubato. Glauco
invece spiegò come e dove l’aveva ricevuto in regalo. E proprio perché l’aveva
avuto in dono si rifiutò di consegnarlo alla sorella che lo pretendeva con
insistenza.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Anzi, pensò fosse un suo dovere di
gratitudine girare per i paesi a rendere testimonianza della generosità che
caratterizzava i giovani soldati romani,
e partì subito per recarsi nei villaggi di Cazzaso e di Lauco, ancora abitati
dai Celti, che avevano in odio i romani. <o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Tania, così si chiamava la sorella, con il
marito architettò allora uno stratagemma per ottenere il regalo del mantello.
Si vestirono entrambi di stracci e si accucciarono ai lati della porta del
convento di San Pietro, in attesa che uscisse il giovane soldato romano.
L’avevano seguito e avevano notato che l’addetto al vettovagliamento gli aveva
assegnato un nuovo mantello.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Quando lo videro uscire sulla porta
presero a lamentarsi del freddo.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> “Non riusciremo a sopravvivere al
freddo di questa notte,” piagnucolava la donna.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> “A meno che non ci sia qualche
buonanima che ci offre il suo mantello,” aggiunse il marito.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> A quella battuta, il giovane
Martino, un ragazzo molto perspicace, intuì che i due sapevano qualcosa del suo
mantello, e che lo volevano raggirare.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Ad ogni buon conto, quella sera era
uscito armato. Sfoderò quindi la spada e la puntò con decisione contro il petto
della donna. “Che ne è del mantello che ho donato ieri sera al povero del quale
voi avete occupato il posto, qui sulla porta del monastero?”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> “Non sappiamo niente, di poveri e di
mantelli,” si provò a dire la donna, ma quando sentì contro la sua carne la
punta della spada che Martino spingeva per far capire che non aveva intenzione
di scherzare, biascicò: “Il povero, di ieri sera è mio fratello, ma adesso
chissà dove è, in giro per i paesi a portare il racconto della tua generosità.”<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Preso atto che non avrebbe potuto
recuperare il mantello Martino ebbe la brillante idea di risolvere a suo
vantaggio lo stratagemma che i due
avevano pensato per approfittare della sua generosità. Li costrinse a
incamminarsi davanti a lui, pungolandoli con la punta della spada, e li portò
all’accampamento, denunciandoli come le persone che gli avevano rubato il
mantello.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Era una bugia! Ma a volte anche le
bugie servono a far valere la giustizia. Sulla parola di Martino, i due furono
condannati per furto a passare sei mesi nelle carceri di Julium Carnicum.
Espiarono così la giusta pena per l’intenzione che avevano avuto di farsi
passare per indigenti per ottenere il suo mantello. L’intenzione di rubare, è
una colpa quanto il furto in sé.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Avendo così trovato i presunti ladri del suo mantello Martino non fu punito, e gli fu lasciato in dotazione il
nuovo mantello. Probabilmente lo stesso che poi riuscirà a dividere in due con la
spada e che lo renderà famoso nei secoli a venire. Come si sa, in seguito Martino, ricevendo il battesimo, è diventato ufficialmente cristiano. Ha fatto
il monaco in Francia ed è stato poi acclamato vescovo di Tours. Anticipando il
modo di fare i papa Francesco, anche lui non è andato ad abitare nell’edificio del Vescovado, ma ha fatto il
vescovo, restando a vivere nella sua cella di monaco.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Ma, per quanto voglia far vita
riservata e nascosta, un Vescovo è sempre un vescovo, e trova sempre qualche
scrittore, più o meno importante, pronto a raccontare le sue gesta. E’
diventato così famoso il suo gesto,
carico di pathos, d’aver tagliato il
proprio mantello, senza neppure scendere da cavallo, per coprire un poveretto
che, tutto infreddolito, gli chiedeva la carità. Prima d’ora non aveva
trovato ancora nessuno che raccontasse di quando aveva anticipato il gesto, sulle alpi carniche,
quando era soltanto un soldato semplice.<o:p></o:p></span></div>
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;"> Seppure in ritardo, sono soddisfatto d’aver
potuto metterci una toppa! Giusto in
tempo per celebrare il prossimo anno con questa novità il 1700° anniversario
della nascita del santo Martino nella vicina Szombathely.<o:p></o:p></span></div>
<br />
<div class="MsoNormal" style="background: white; margin-bottom: 0.0001pt; text-align: justify;">
<span style="background-attachment: initial; background-clip: initial; background-image: initial; background-origin: initial; background-position: initial; background-repeat: initial; background-size: initial; color: #252525; font-family: 'Palatino Linotype', serif;">Tolmezzo, 11
novembre 2015. Omaggio a San Martino. <o:p></o:p></span></div>
Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-81775197789031670542015-07-20T10:19:00.001+02:002015-07-20T10:19:58.875+02:00<h3 class="post-title entry-title" itemprop="name" style="background-color: white; color: #707070; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 18px; font-stretch: normal; font-weight: normal; margin: 0px; position: relative;">
<a href="http://raccontipiutti.blogspot.it/2010/10/la-sorgente-del-tof-illegio.html" style="color: #7ea9d4; text-decoration: none;">La sorgente del Tof a Illegio.</a></h3>
<div class="post-header" style="background-color: white; color: darkgrey; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 13.5px; line-height: 1.6; margin: 0px 0px 1.5em;">
<div class="post-header-line-1">
</div>
</div>
<div class="post-body entry-content" id="post-body-5605840149593680460" itemprop="description articleBody" style="background-color: white; color: #707070; font-family: Arial, Tahoma, Helvetica, FreeSans, sans-serif; font-size: 14.8500003814697px; line-height: 1.4; position: relative; width: 578px;">
<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMIb8lDm39xf7IKdPyDHZYEpJ0vY7WRRcqYMXfLf3fRel_UVcP88DhFpGsPK_7Tj2eq21mNDN4SZRpHMojmnR6xSVLtY4JOXahu8D2BvgHhPpNvsK_8PLCr0VjGiOBx2MzOMMZdLt1XH8v/s1600/100D2449.JPG" style="color: #54b7ff;"><img alt="" border="0" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5529392624947095426" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEhMIb8lDm39xf7IKdPyDHZYEpJ0vY7WRRcqYMXfLf3fRel_UVcP88DhFpGsPK_7Tj2eq21mNDN4SZRpHMojmnR6xSVLtY4JOXahu8D2BvgHhPpNvsK_8PLCr0VjGiOBx2MzOMMZdLt1XH8v/s320/100D2449.JPG" style="border: none; cursor: pointer; float: left; height: 240px; margin: 0px 10px 10px 0px; position: relative; width: 320px;" /></a><br /><br /><br />A seguito di qualche scavo archeologico è emerso che, risalendo a ritroso nella storia, il paese di Illegio ha avuto una importanza ben maggiore di quella che ha oggi. Non era isolato come ora, ma attestato su un a via di comunicazione molto importante. Era la strada che salendo da Imponzo per Lovea entrava nella valle d’Incarojo e poi attraversava le alpi al passo di Lanza per scendere in Carinzia.<br />Una strada che è diventata molto importante nell’alto Medioevo, forse a seguito dell’abbandono di quella per il passo di Monte Croce Carnico, ma che deve aver avuto una sua importanza anche nel periodo romano, come alternativa alla salita non agevole al passo, come si può dedurre dalla leggenda che mi è arrivata nella mente attraverso nonna Giulia una anziana donna del paese. Per una donna di novanta anni potrebbe sembrare più appropriata l’aggettivo di vecchia, ma non fa certo al caso di nonna Giulia che ci tiene al titolo di bis bis nonna, ma ha i movimenti i comportamenti e soprattutto la lucidità mentale d’una sessantenne. L’ho incontrata venendo da Imponzo al termine di quella che dovrebbe diventare la prima tappa de “Il cammino delle Pievi della Carnia”. Nell’autunno incipiente ero rimasto colpito dai colori del bosco scendendo dallo sperone su cui s’adagia la Pieve di S.Floriano. Il bosco che era stato verde durante l’estate, trasformato in una tavolozza di colori con infinite sfumature che andavano dal rosso al giallo ocra e persino al bianco. Ma qua e là a sorpresa qualche cespuglio di verde resisteva ancora, a ricordare l’estate. E Giulia m’era parsa una di questi alberi ancora verdi a sfidare l’autunno. Verde come se il tempo non fosse passato, con la freschezza delle foglie che s’agitano al vento, ricordando le brezze della primavera.<br />Ed è proprio perché sono stato colpito dalla sua prodigiosa capacità di memoria e dalla prontezza nelle battute e nei ragionamenti mi sono convinto che la leggenda pur nella sua stranezza abbia un fondo di storicità. Ad essere sincero e per amore di verità, devo dire che non so bene neppure se l’ho sentita da lei o se mi si è formata nella mente come conseguenza della emozione e la suggestione che mi ha provocato il suo incontro.<br />Mi aveva colpito la prontezza e l’immediatezza con la quale mi aveva recitato a poi trascritto la preghiera a S.Floriano.<br />O Martiri di Dio discepoli fedeli, col sangue avete lavato la veste dell’amore, con Cristo dividete la speranza e il martirio, la croce e la vittoria del regno dei Beati. S.Floreano e san Florido, S.Pietro e San Paolo intercedete per Illegio, pregate e nutrite ogni cuore alla mensa della pace, aiutateci a sperare, insegnateci a fondare una famiglia unita dal segno della fede. A te la lode o Cristo, parola viva e vera che sveli nel martirio la forza di chi crede. Amen<br />Non avevo capito l’accostamento tra S.Florido patrono di San Marino con Floriano, ma non avevo voluto provocarla chiedendole la spiegazione, e la sera mi ero addormentato pensando a nonna Giulia ed alla stranezza di questo accostamento, tra i due santi per la sola similitudine del nome. Nel frattempo mi ero documentato scoprendo che in effetti era stato concesso alla Pieve di S.Floriano di custodire i resti di un martire cristiano sepolto a Roma nel cimitero di S.Priscilla, al quale per convenzione era stato attribuito il nome di Florido. Non so se è stato un sogno o l’effetto di questo incrocio di nomi e di santi o se nella mente è riemerso un ricordo legato alle parole di nonna Giulia, fatto sta (così diceva mio nonno) che alla mattina avevo chiara nella mente la scena della nonna che raccontava, e nella mente fin nei dettagli il suo racconto…<br />Correva l’anno trecento dopo Cristo. Così mi stava dicendo, e con un incipit così classico e così deciso, credo che non si possano avere dubbi sulla storicità del racconto…<br />L’imperatore Diocleziano aveva elaborato un progetto di riforma dell’Impero romano per metterlo in sicurezza, con una organizzazione capace di consentire all’Impero di resistere alla pressione delle continue invasioni barbariche. Con il sistema noto con il nome di tetrarchia aveva diviso l’impero in due parti, quella orientale con capitale Nicomedia e quella occidentale con capitale Milano, con a capo due imperatori chiamati Augusti. Le due parti erano poi a loro volta suddivise e affidate in parte a due Cesari, che avrebbero dovuto essere i loro successori. Vespasiano si tenne l’oriente è insediò come imperatore d’occidente Massimiano. L’impero fu poi organizzato in Diocesi rette da Vicari a loro volta suddivise in Province guidate da Prèsidi, e il fatto assunse una grande importanza anche per i nostri territori, per la prima volta infatti sulle alpi carniche si stabilizzo un confine: quello che divideva la Provincia della Venezia et Histria da quella della Pannonia inferiore, che era però anche confine tra i due Imperi perché confine tra la Diocesi Italiciana, facente parte dell’Impero d’occidente e la diocesi delle Pannonie, parte dell’Impero d’Oriente.<br />Fra i due Imperi c’erano evidentemente delle relazioni, come tra le Diocesi e le Province, fu così che un certo Floriano veterano dell’esercito romano che ricopriva la carica di princeps offici a Cetia (presso l’odierna Kirchdorf an der Krems in Austria), fu mandato come ambasciatore dal Preside della Provincia della Pannonia al suo collega della Venezia et Histria. Non si sa quale fosse l’importanza del messaggio e dove l’abbia recapitato. Neppure nella “Passio Floriani” cioè nella biografia del messaggero, poi diventato santo, scritta nell’ottavo secolo, si dice nulla al riguardo. Comunque al ritorno da quel viaggio, per qualche motivo che non è dato sapere Floriano con i suoi uomini invece di prendere la strada per monte Croce per valicare le Alpi, prese quella per Lanza e si fermò a dormire nel romitorio di Illegio.<br />Fu svegliato nella notte dai paesani che gridavano “al fuoco”. Non era raro a quei tempi che scoppiassero degli incendi. Le case erano dei poveri tuguri ad una stanza sola, con il fuoco libero al centro protetto solo da alcuni sassi. I tetti erano fatti di scandole e quindi erano facilmente incendiabili. Bastava una “falisçje”, una scintilla che saliva troppo in alto, e la casa finiva in un rogo. Ma da una casa poi il fuoco stava poco ad estendersi a quella vicina, ed una piccola scintilla bastava a provocare l’incendio di tutto un paese. Era già capitato altre volte anche ad Illegio, e sarebbe finita così anche quella sera se non fosse intervenuto Floriano…<br />Il veterano romano s’era da qualche tempo convertito alla religione cristiana, e viveva la nuova fede con una convinzione assoluta, come il Centurione romano di cui parla il Vangelo. Anche Floriano come il Centurione era convinto che, per chi ha fede, bastasse una parola per provocare un miracolo. Quando si trovò davanti alla scena dei paesani che correvano con le anfore e le brocche a versare acqua per spegnere l’incendio, si rese conto da comandante militare quale era, che non ce l’avrebbero fatta: era troppo lontana la sorgente da cui si attingeva l’acqua dal luogo dell’incendio.<br />“Signore, fai sgorgare dell’acqua più vicino al fuoco!” gridò.<br />E come se le sue parole fossero state un comando, d’un tratto sgorgò dell’acqua abbondante, a formare un piccolo invaso. Attingendo alla nuova sorgente, in breve l’incendio fu domato e il paese fu salvo.<br />I suoi soldati e gli abitanti di Illegio che avevano assistito al miracolo, spento l’incendio attorniarono Floriano chiedendogli come avesse fatto a compiere quel miracolo.<br />“Non c’è nulla di strano” rispose lui “per la nostra religione se uno ha fede quanto un granello di senape e dice ad una montagna “trasportati di qui sin là” essa si trasporterà, allo stesso modo è possibile che sgorghi dell’acqua da una montagna”.<br />Il ragionamento di Floriano non faceva una grinza, anche secondo nonna Giulia. Ma un racconto non è il genere letterario più adatto per aprire una discussione di questa importanza… Resta il fatto che ad Illegio si può ancora ammirare il Tof,una sorgente che sgorga improvvisa con una grande portata d’acqua al centro del paese e che ha fatto funzionare nella storia una serie di mulini e di officine e che ancora fa girare la macina dello storico mulino del Flec.<br />La storia di Floriano ci dice invece che rientrato in Pannonia durante l’ultima persecuzione dei cristiani voluta da Diocleziano, nella città di Lorch fu arrestato e condotto dal preside, il quale non riuscendo a farlo sacrificare agli dei, lo fece flagellare e quindi lo condannò ad essere gettato nel fiume Enns con una pietra al collo: la sentenza fu eseguita il 4 maggio 304. Il corpo fu, in seguito, ritrovato e seppellito da una certa Valeria e Floriano venne elevato agli onori degli altari come santo e martire.<br />Dal XV secolo ed ancora oggi viene invocato come protettore contro gli incendi perché, secondo una leggenda spense un incendio divampato in un edificio e secondo alcune varianti in una intera città, con un solo secchio d’acqua. La leggenda che m’è tornata nella mente dopo l’incontro con nonna Giulia è senza dubbio più credibile, e spiega anche la fede della nonna e di tutti gli abitanti di Illegio nel loro santo patrono.<br />Questo miracolo dell’antichità può spiegare anche come gli abitanti di Illegio mantengano ancora fede nelle capacità taumaturgiche di San Floriano, malgrado il fatto che nel 1700, il paese sia andato completamente distrutto dal fuoco proprio una sera nella quale tutti gli abitanti si trovavano a pregare nella chiesa dedicata al Santo nella pieve che porta il suo nome.</div>
Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-88323213703630986292011-05-29T18:21:00.001+02:002011-05-29T18:22:47.991+02:00Zoncolan<span class="Apple-style-span" style="color: rgb(85, 85, 68); font-family: tahoma, 'Trebuchet MS', lucida, helvetica, sans-serif; font-size: 13px; "><h3 class="post-title entry-title" style="margin-top: 5px; margin-right: 0px; margin-bottom: 0px; margin-left: 0px; padding-top: 0px; padding-right: 0px; padding-bottom: 0px; padding-left: 0px; font-size: 16px; ">Zoncolan</h3><div class="post-header"><div class="post-header-line-1"></div></div><div class="post-body entry-content" id="post-body-8114246984063339020" style="line-height: 18px; margin-top: 5px; margin-bottom: 1em; "><p class="MsoNormal" style="line-height: 18px; margin-top: 5px; margin-bottom: 1em; ">Zoncolan è un nome entrato nel mito della storia del ciclismo. Ma era già nel mito dei Dobes il Piccolo Popolo che ha abitato la Carnia nella notte dei tempi. Zon Colan era infatti uno dei tre capi tribù e da lui viene il nome entrato nella storia del ciclismo.</p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18px; margin-top: 5px; margin-bottom: 1em; "><span></span>Nella storia dei Dobes, come in quella dei Maya, c’è la profezia sulla fine del mondo al 21 dicembre 2012 , ma con un originale interpretazione dell’idea della fine del mondo.</p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18px; margin-top: 5px; margin-bottom: 1em; "><span></span>La profezia e la storia del Piccolo Popolo sono state scoperte in una pergamena ritrovata casualmente sul monte Arvenis in Carnia da un mio amico, che poi ha provveduto alla traduzione ed alla trascrizione, e mi ha lasciato in eredità il manoscritto.</p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18px; margin-top: 5px; margin-bottom: 1em; "><span></span>Io ho ritenuto di dover portare<span> </span>alla luce storia e profezia <span></span>nel libro “I Dobes, la saga del Piccolo Popolo di Carnia”.</p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18px; margin-top: 5px; margin-bottom: 1em; "><span></span>Il libro è <span></span>acquistabile nelle Librerie Feltrinelli.</p><p class="MsoNormal" style="line-height: 18px; margin-top: 5px; margin-bottom: 1em; "><span></span>E’ possibile<span> </span>leggere l’anticipazione delle prime pagine (e anche acquistare il libro) all’indirizzo:</p><span style="font-size: 12pt; font-family: 'Times New Roman'; "><span></span><a href="http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=590175" style="font-weight: bold; text-decoration: none; color: rgb(102, 153, 34); background-image: initial; background-attachment: initial; background-origin: initial; background-clip: initial; background-color: transparent; background-position: initial initial; background-repeat: initial initial; ">http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=590175</a></span></div></span>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-18121074631744489202011-03-26T10:08:00.000+01:002011-03-26T10:09:14.238+01:00La profezia dei Dobes sulla fine del mondo.<p class="MsoNormal"><span style="mso-spacerun:yes"> L</span>a profezia sulla fine del mondo al 21 dicembre 2012 si ritrova anche nella storia dei Dobes, il Popolo dei Piccoli Uomini che ha abitato la Carnia nella notte dei tempi, ma con un originale interpretazione dell’idea della fine del mondo. </p> <p class="MsoNormal"><span style="mso-spacerun:yes"> </span>La profezia e la storia del Piccolo Popolo sono state scoperte in una pergamena ritrovata casualmente sul monte Arvenis in Carnia da un mio amico, che poi ha provveduto alla traduzione ed alla trascrizione, e mi ha lasciato in eredità il manoscritto. </p> <p class="MsoNormal"><span style="mso-spacerun:yes"> </span>Io ho ritenuto di dover portare<span style="mso-spacerun:yes"> </span>alla luce storia e profezia <span style="mso-spacerun:yes"> </span>nel libro “I Dobes, la saga del Piccolo Popolo di Carnia”. </p> <p class="MsoNormal"><span style="mso-spacerun:yes"> </span>Il libro è <span style="mso-spacerun:yes"> </span>acquistabile nelle Librerie Feltrinelli. </p> <p class="MsoNormal"><span style="mso-spacerun:yes"> </span>E’ possibile<span style="mso-spacerun:yes"> </span>leggere l’anticipazione delle prime pagine (e anche acquistare il libro) all’indirizzo: </p> <p class="MsoNormal"><span style="mso-spacerun:yes"> </span><a href="http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=590175">http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=590175</a></p> <p class="MsoNormal">Mandi.</p> <p class="MsoNormal">Igino Piutti.</p> <p class="MsoNormal"><o:p> </o:p></p>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-54940221281696785262011-03-02T17:00:00.003+01:002011-03-02T17:10:51.311+01:00L'orma del tempo.<span class="Apple-style-span" style="font-family: 'Trebuchet MS', 'Lucida Grande', 'Lucida Sans Unicode', 'Lucida Sans', LucidaGrande, Geneva, Arial, Verdana, sans-serif; "><div id="584630" style="position: relative; "><div class="title" style="font-size: 24px; color: rgb(102, 102, 102); font-weight: normal; "><br /></div><div class="title" style="color: rgb(102, 102, 102); font-weight: normal; "><span class="Apple-style-span" >Ho raccolto tutti i racconti pubblicati nel blog in un volume che si può leggere in anteprima o acquistare on line nella </span><span class="Apple-style-span" style="font-size: medium; ">Libreria di Il Mio Libro. <a href="http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=584630">CLICCA QUI PER ENTRARE.</a></span></div><div class="title" style="font-size: 24px; color: rgb(102, 102, 102); font-weight: normal; "><a href="http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=584630">L'orma del tempo</a></div><div class="author" style="font-size: 18px; font-weight: normal; color: rgb(238, 28, 41); text-decoration: none; margin-bottom: 10px; ">di <a href="http://ilmiolibro.kataweb.it/autore.asp?id=10146" style="font-size: 18px; font-weight: normal; color: rgb(238, 28, 41); text-decoration: none; ">Igino Piutti</a></div><div class="photo" style="float: left; background-image: url(http://ilmiolibro.kataweb.it/images/boxMiddle_shade.gif); padding-top: 2px; padding-right: 5px; padding-bottom: 10px; padding-left: 5px; margin-right: 15px; position: relative; z-index: 1; font-size: medium; background-position: 50% 100%; background-repeat: no-repeat no-repeat; "><img src="http://ilmiolibro.kataweb.it/storage2/vetrina/238066_copertina_frontcover_icon.png" width="120" height="182" style="border-top-style: none; border-right-style: none; border-bottom-style: none; border-left-style: none; " /></div><div class="price" style="font-size: 20px; color: rgb(238, 28, 41); padding-top: 5px; padding-right: 5px; padding-bottom: 5px; padding-left: 5px; ">Prezzo di stampa 8,43</div><div class="price" style="font-size: 20px; color: rgb(238, 28, 41); padding-top: 5px; padding-right: 5px; padding-bottom: 5px; padding-left: 5px; ">Prezzo di vendita 15,35</div><div class="copy2" style="color: rgb(102, 102, 102); font-size: 12px; line-height: 16px; padding-bottom: 0px; ">Prezzo di copertina: 16 €</div><span class="Apple-style-span" >Ean: 2120005846309</span></div><div class="copy2" style="color: rgb(102, 102, 102); font-size: 12px; line-height: 16px; padding-bottom: 0px; "><span class="redText02" style="color: rgb(238, 28, 41); font-size: 12px; text-decoration: none; line-height: 14px; ">Racconti</span><br />1a edizione 2/2011<br />Formato 15x23 - Copertina Morbida - bianco e nero<br />232 pagine</div><div style="font-size: medium; ">Il libro è anche acquistabile presso le Librerie Feltrinelli.</div></span>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-7831890592099285912011-02-20T08:53:00.003+01:002011-02-20T09:09:19.157+01:00La saga del Piccolo Popolo di Carnia.<span class="Apple-tab-span" style="white-space:pre"> </span>Forse l'amore per la mia terra m'ha preso la mano, e la fantasia mi ha condotto in uno strano percorso che ho intitolato"I Dobes, la saga del Piccolo Popolo di Carnia"... <div><p class="MsoNormal"><span style="mso-tab-count:1"> </span>Nella notte dei tempi, in un’epoca sospesa tra storia e preistoria, quando sulle Dolomiti s’era affermato il regno dei Fanes, qualcuno sostiene che <span style="mso-spacerun:yes"> </span>le Alpi Carniche fossero abitate dal Piccolo Popolo dei Dobes. Per qualcuno sono estinti, per altri vivono ancora, invisibili nelle terre di <span style="mso-spacerun:yes"> </span>Carnia, montagna senza confini tra cielo e terra, tra storia e fantasia, tra realtà e poesia…</p> <p class="MsoNormal" style="text-indent:35.4pt"><span style="mso-spacerun:yes"> </span>Vivono ancora <span style="mso-spacerun:yes"> </span>nel respiro dei boschi e nel mormorio dell’acqua, nel palpito delle albe e nel brivido dei tramonti. Parlano ancora nella ingenuità del sentire degli ultimo carnici…</p> <p class="MsoNormal" style="text-indent:35.4pt"><span style="mso-spacerun:yes"> </span>La loro leggenda è stata ritrovata in una pergamena che, finalmente, viene portata alla luce nelle pagine di questo libro, acquistabile nelle librerie Feltrinelli e in internet <a href="http://ilmiolibro.kataweb.it/schedalibro.asp?id=581574">nel sito di Il mio libro…</a></p><p class="MsoNormal" style="text-indent:35.4pt">Il lettore che volesse avventurarsi nella lettura dovrà scusare la forma approssimativa, ma non ho la pazienza necessaria per tornare a rivedere e correggere la prima stesura fatta di getto al computer in vari momenti.</p></div>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-63421774085746521282011-02-15T04:23:00.002+01:002011-02-15T04:32:58.784+01:00Il lago di Monte Cucco.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghDXolZXiG1Bm0ZXtDmKzUnEcMG1gaOD3QoLk5kDtmfMoPzCkusR1AARAKUNBxZufiKtPyq2XESgZ2SkUrebnh4z9ph7_ISnbvgYJj2Vw5pjl4DlKWwYxwTOsjgrhr0-KSCzYPqAhWouzf/s1600/minotauro.gif"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 218px; height: 320px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEghDXolZXiG1Bm0ZXtDmKzUnEcMG1gaOD3QoLk5kDtmfMoPzCkusR1AARAKUNBxZufiKtPyq2XESgZ2SkUrebnh4z9ph7_ISnbvgYJj2Vw5pjl4DlKWwYxwTOsjgrhr0-KSCzYPqAhWouzf/s320/minotauro.gif" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5573752903964087330" /></a><br />Il bèc d’àur (il caprone d’oro).<br /><br /> La valle del Chiarsò nella quale sorge il Comune di Paularo viene chiamata anche valle di Incaroio. Un nome anche questo probabilmente storpiato nella traduzione dal carnico. Il termine locale Cjaròi infatti, doveva semmai venir tradotto con Caroio. Ma la frase andare “in Cjaròi” per significare l’andare nella valle del Cjaroi, credo alla fine abbia dato luogo alla storpiatura per cui oggi ci troviamo a parlare della valle d’Incarojo invece che di quella del Caròio. Ma comunque la si voglia chiamare la valle di Paularo, l’etimo di Cjaròi nella parlata locale è chiaramente di derivazione celtica.<br /> La conferma indiretta viene dal fatto che in nessuna valle della Carnia si sono trovate evidenti tracce della presenza dei Celti come in questa, in particolare con il ritrovamento del cimitero celtico di Misincinis. E’ quindi logico che nella tradizione orale di questa valle ci siano molti leggende che si richiamano erspressamente al periodo celitco. Fra queste la più famosa è senza dubbio quella del bèc d’àur (caprone d’oro) che si racconta a Valle e Rivalpo.<br /> Anche di questa leggenda non c’è una versione unica, ci sono varianti diverse che concordano tuttavia su alcuni elementi. L’elemento comune è il fatto che gli altopiani di mezza montagna in destra del Chiarsò erano un tempo abitati dai Pagàns. E’ questo il nome con il quale i conquistatori romano-cristiani, chiamavano gli ultimi residui del clan celtici, che continuavano a vivere la loro cultura e la loro religione isolati sulle montagne. In molte zone della Carnia ci sono delle grotte denominate dei Pagàns o Salvàns, a ricordo degli ultimi gruppi di pagani o selvatici uomini dei boschi che vi hanno abitato. Solo nella valle del Cjaròi tuttavia, si raccontano delle leggende espressamente riferite a queste persone.<br /> Si racconta dunque a Valle Rivalpo che sopra il paese, in località Chiaserualis c’era un villaggio, del quale si possono ancora vedere i resti, abitato dai Pagàns. Un villaggio analogo sorgeva nei pianori di Pornescis, sopra il paese di Cleulis al di là del rio di Valle. Quello di Cjaserualis era il villaggio celtico più importante della valle perchè oltre al solito villaggio con le case dai tetti di paglia, aveva un grande castello. Già questo fatto sarebbe stato sufficiente a distinguerlo dagli altri villaggi, ma il fatto straordinario era che il castello non era stato costruito da mani umane, e che non vi abitavano degli umani. Era stato portato lì da non si sa dove, da essere ultraterreni... Un po’ come si racconta per la casa di Nazareth portata dagli angeli a Loreto. Vi abitava un caprone d’oro, o rivestito d’oro. Qui i racconti si differenziano. Secondo quelli di Valle che sono più portati ad esagerare il Bèc era proprio interamente fatto di oro, secondo quelli di Rivalpo, più realisti il caprone era un vero animale, con il pelo fatto di fili di oro. Che tra le due borgate ci siano due versioni diverse, risulta più che naturale, se si pensa che neppure sul nome della località hanno la stessa versione, ciò che a valle è Cjarsovalas a Rivalpo diventa Cjarasualas. Per non far torto nè agli uni nè agli altri, nel raccontò userò d’ora in poi il termine di Chiaserolis, usato dal Lazzarini che all’inizio del secolo scorso è stato il primo a studiare i resti del villaggio.<br /> Comunque, lasciando perdere la disputa sul nome, nel merito a me onestamente (non me ne abbiano quelli di Valle!) sembrerebbe più credibile l’idea di un animale con il manto d’oro. Se così fosse gli studiosi troverebbero un interessante spunto di ricerca per provare a capire come sia possibile che in una valle della Carnia, si sia diffuso lo stesso mito del vello d’oro che secondo la mitologia greca si trovava nella Colchide, nell’attuale Asia Minore, e che fu rapito da Giasone e Medea. Un collegamento che intriga anche uno come me che, pur non potendosi considerare uno studioso della materia, non può dimentica d’essersi laureato con una tesi proprio sulla tragedia di Medea.<br /> Guarda il caso! Studiare all’Università il mito di Medea che rapisce il vello d’oro, per poi ritrovarsi da vecchio sui monti della Carnia, con lo stesso mito!...<br />Perchè, caso vuole, che anche la leggenda della valle del Cjaròi si sviluppi sul tema del rapimento del vello d’oro, o del bèc fatto d’oro. Comunque, anche per quelli di Valle che lo credevano fatto d’oro, il bec non era una semplice statua, ma un essere soprannaturale vero e proprio. Tutte le tradizioni orali convengono sul fatto che si trattava di un essere straordinario che proteggeva i Pagàns, privilegiando come è evidente quelli del villaggio dove risiedeva. Aveva una particolare virtù, si diceva che favorisse la fecondazione delle donne...Forse era soltanto una diceria, ma sta di fatto che tutte le famiglie di Cjarsevualis avevano nove o dieci figli, mentre la gran parte delle donne di Pronescis non avevano figli. Se non si fosse invertita la tendenza, era in pericolo la stessa sopravvivenza del villaggio, per questo a quelli di Pronescis, (ad estremi mali estremi rimedi!) venne l’idea di rapire il Bec d’àur, per portarlo nel proprio villaggio.<br /> Nel mito greco Medea si mosse accompagnata dagli Argonauti per rapire il vello d’oro custodito da Creonte. Quelli di Pornescis si mossero in massa, uomini e donne, con tutte le armi di cui potevano disporre, guidati dal loro Druido. Attraversarono il rio Valle di notte per prendere di sorpresa nel sonno quelli di Chiarsevualis. Ma quelli di Chiarsevualis avevano il bèc d’aur che da essere sopranaturale qual’era, intuì il pericolo e nella notte prese a suonare all’impazzata la campanella che, dalla torre più alta del castello, di solito suonava al far dell’alba e quando le prime ombre del tramonto si distendevano sulla valle. Il Druido che s’era recata al castello a chiedere il perchè di quell’allarme, venne informato del pericolo che stavano correndo il villaggio ed organizzò immediatamente una spedizione che si mosse per fermare quelli di Pornescis, prima che si potessero avvicinare alle casupole usate come abitazione per incendiarle....<br /> Secondo una delle versioni lo scontro avvenne dove oggi sorge la malga di Albareit bassa, che prenderebbe il nome dal biancore che si notava anche da grande distanza dove oggi si stendono i pascoli della malga, che era dato dalle ossa dei cadaveri della carneficina in cui era finita la battaglia. . Secondo un’altra versione invece lo scontro avvenne sui prati di malga Plombs e mentre “nel castello il Bec d'Aur assisteva allo scontro fra i Pagans l'ira crebbe in lui. Come potevano quei miseri uomini pretendere di trattare un dio come se fosse qualcosa di loro proprietà? Così il Bec d'Aur si animò ed uscì dal castello per punire la presunzione degli uomini. Corse verso il crêt che sovrastava Cjaserualis, e con i colpi delle sue potenti corna fece saltare in frantumi la roccia, questa franò improvvisamente con un enorme boato, e precipitò sul campo di battaglia uccidendo gran parte dei Pagans impegnati nello scontro. Anche il castello fu travolto e distrutto in un solo istante, con tutte le sue mura che avevano sfidato intatte i secoli.<br /> A me, confesso, questa seconda versione non convince... La malga Plombs e il crepaccio che si sarebbe formato per l’ira del bèc che ha frantumato la montagna, si trova oltre il villaggio di Chiaserolis per chi viene da Pronescis. Se veramente dovesse essere questa l’origine del crepaccio, cioè l’ira del Bec d’àur per la guerra tra pagàns, si dovrebbe supporre che ci sia stato un altro assalto a Chiaserolis da parte degli abitanti del villaggio di Ciagnòn situato sull’altopiano sopra l’attuale abitato di Cabia. Con quelli di Ciagnon gli abitanti di Cjarsevalis, avrebbero potuto incontrarsi a metà strada nei pressi di Suart, e lì il Bec d’aur avrebbe potuto mandare in frantumi la roccia dando luogo al crèt di Plombs, tuttora visibile, ma non con quelli di Pronescis che erano dall’altra parte...<br /> Se anche nei Vangeli ci sono quattro diverse versioni di come gli apostoli hanno scoperto che Gesù era risorto, non deve far meraviglia che ci siano delle imprecisioni su come sia finita la guerra tra Chiaserolis e Pronescis...L’unica cosa certa è che oltre malga Plombs c’è un crepaccio che si sarebbe formato a seguito della cornate del Bec d’àur.<br /> “Credere o lasciare”, soleva dire mio nonno. Tutti concordano invece sull’ultima parte della leggenda nella quale si racconta di come dopo questa battaglia fratricida, i pochi supersiti si dispersero sulle montagne della Carnia, nei boschi e nelle caverne tanto è vero che le madri minacciano i figli più irrequieti dicendo loro "Cjale che vegnin i Pagans e ti puartin vie se no tu fâs il brâf" (attento che vengono i pagani ei ti portano via se non fai il bravo)..<br />Il Bec d'Aur offeso per quanto avevano fatto i Pagans non tornò più fra gli uomini e tutt'ora vaga per le montagne senza che nessuno lo possa mai incontrare. Camminando lascia impronte profonde nel terreno e dove si ferma a riposare la sua sagoma rimane segnata sull'erba bruciata dal potere che emana il suo corpo. Ogni tanto i montanari trovano queste tracce e sanno che sono quelle del Bec d'Aur che un tempo viveva nel castello di Cjaserualis.<br /> A conferma che si tratta d’una storia vera e non di una leggenda gli abitanti sia di Valle che di Rivalpo sono concordi nel sostenere che, nel rio Plombs, così è chiamato il primo tratto del rio Pòi, affluente del Chiarsò, è stata trovata la campanella che dalla torre del castello, suonò l’allarme nella famosa notte dello scontro. La si può ancora vedere nella chiesa di S.Martino. E’ la campanella in bronzo sulla porta della sacrestia che avverte dell’ingresso in chiesa del prete, per l’inizio delle funzioni religiose.<br /> Qui comunque, con la testimonianza di questa campanella, finiva il racconto, con il Bèc d’àur disperso non si sa bene dove sulle montagne della Carnia. Sarebbe finito così anche il mio racconto, se non avessi per caso incontrato a Rivalpo la Sepe. che di storie ne sapeva a bizzeffe. Era una vecchietta dall’età indefinibile. Molto piccola, con il viso che faceva pensare ad un teschio sul quale si fosse rinsecchita la pelle come si vede nelle mummie di Venzone. Il suo corpo, rimasto quello d’una bambina di dieci anni, era stato anche rattrappito ed ingobbito dalla vecchiaia, per cui sembrava ancora più piccola. Non una donna, ma uno dei “piccoli uomini” che anche secondo le leggende che lei andava raccontando, vivevano in Carnia ancor prima dei Carni. Abitava in una casupola sopra al paese, che sembrava fatta a sua misura. Entrando, anche a me che pure non sono alto, veniva istintivo di abbassare la testa per non correre il rischio di incocciare nel soffitto.<br /> Le avevo portato in regalo una bottiglia di grappa perchè mi avevano detto che le piaceva e che la facilitava nel racconto. L’aprì ne bevve a canna alcuni sorsi. Ma ancora non si decideva a rispondere alla mia domanda su quanto sapesse a proposito del Bec d’Aur e mi tenne sulle spine per oltre un quarto d’ora. Poi, finalmente, come se la grappa fosse riuscita a liberarla d’un groppo che teneva in gola: “Non è nulla la leggenda del rapimento del Bèc, che già saprai,” prese a dire, “a confronto del suo seguito”.<br /> “Quale seguito?” la incalzai curioso. Prese così a raccontarmi di come non sia vero che il Bec d’Aur abbia abbandonato Valle e Rivalpo, e di rimessa mi ha dato la spiegazione sul perchè nella sua piccola casa si vedevano di continuo in visita delle giovani coppie. Secondo quel che mi ha raccontato la Sèpe, il bèc d’Aur vive ancora a Chiaserolis nella dimensione dell’invisibile, ed ha conservato tutti i suoi poteri nell’aiutare le donne ad avere figli. Mi ha riportato così una serie di casi di giovani coppie che da anni non avevano figli, che avevano provato ad interpellare i più grandi specialisti in ginecologia senza alcun risultato, e che seguendo il suo consiglio erano andati a far l’amore nel bosco tra i resti del villaggio di Chiaserolis, bevendo l’acqua del rio Plombs e immancabilmente dopo nove mesi erano venute a ringraziarla accompagnate dal pianto d’un bambino in fasce.<br /> “Ma un giorno solo a fare l’amore in Chiaserolis?” ho dovuto per mio malgrado interromperla stupito, “per risolvere tutti i problemi di fecondazioni assistite, o eterologhe! Te l’immagini avremmo frotte di gente da tutto il mondo!”<br /> “Io non so cosa sono queste fecondazioni “estrologhe”, mi ribattè lei imperterrita e piccata “e mi darebbe anche fastidio che la gente accorresse a frotte a Valle Rivalpo, io ti ho solo detto come stanno le cose...”<br /> “Ma perchè tu non hai ricorso alla fecondazione del Bèc d’àur?” la provocai allora, sapendo che non aveva avuto figli. Mi vergognai di me stesso, per la battuta infelice. Ma oramai m’era uscita di bocca. Lei non parve particolarmente offesa, mi rispose tranquillamente che il Bec d’aur non è lo Spirito santo, ci vuole comunque un uomo, perchè la sua l’influenza abbia effetto, e lei era invece come Maria Vergine che per tutta la vita non aveva conosciuto uomo.<br /> Quasi a chiedere scusa per la mia impertinenza, dimostrando interesse per il racconto le chiesi se bastava una visita a Chiaserolis per godere del miracolo. “No!” mi rispose precisa e convinta, guardandomi fisso negli occhi, quasi a sfidare la mia incredulità. Si deve tornare per quindici giorni di seguito. E dopo aver fatto l’amore la donna deve bere dell’acqua ferruginosa alla sorgente che si trova sotto i “ciampùs” i piccoli campi, che non sono altro che le tombe del cimitero dei Celti...<br /> L’aggiunta che la Sèpe faceva alla leggenda corrente, mi aveva confermato nell’idea che quella del Bèc d’Aur fosse la leggenda più importante dei Carni, che in qualche modo collegasse la cultura celtica a quella greca. Desiderai quindi sentire al riguardo il parere di Diver Dalce, l’autore che è riuscito ad inventarsi la storia di un soggiorno in Carnia nell’antichità, dello stesso Pitagora.<br /> L’ho trovato che stava rovistando nella campagna dietro alle case del paese di Misincinis, per trovare conferma d’una sua teoria nella quale la leggenda del Bec d’àur aveva un riferimento di assoluto rilievo. “Scusi,” gli chiesi a bruciapelo, “lei che ha persino immaginato Pitagora tra queste montagne cosa mi dice d’una possibile relazione tra le leggende del Bèc d’Aur a Valle Rivalpo e del Vello d’Oro in Grecia?”. All’udire la mia domanda, si fermò di scatto, come se qualcosa l’avesse ferito. Aveva in mano una punta di freccia e prese a pulirla. Puliva la freccia e mi parlava, come se la sua attenzione fosse rivolta alla freccia e non alle parole che mi diceva.<br /> “Lei è più intelligente di quanto può sembrare!” iniziò. Non risposi e non mi offesi perchè sapevo che per parlare con lui si dovevano subire gli attacchi della sua originalità e lo lasciai parlare, lasciando partire il registratore. Risentendo le sue parole, uno sproloquio più che un racconto, ho pensato che fosse finito per dar di matto come l’architetto dei suo romanzo sui Celti. Comunque senza assumermi nessuna responsabilità, solo per dovere di cronaca, mi pare giusto riportare ciò che mi ha detto.<br /> A suo dire, in epoca preromana il collegamento tra la Grecia e l’Altoadriatico era un fatto normale. Per i collegamento con le cave di sale di Halstatt e della Baviera, si preferiva il collegamento via mare, più agevole rispetto alle difficoltà che avrebbe comportato l’attraversamento a piedi dell’attuale penisola balcanica. Si risaliva poi il corso del Tiliaventus e quindi quello del Chiarsò per poi attraversare le Alpi al passo di Meledis. Se si conviene su questa teoria è evidente l’importanza che sin dall’antichità più remota aveva la valle del Cjaròi, la valle di sosta prima dell’attraversata delle Alpi. Per questo assieme ai Carni si insediarono nella valle delle colonie greche, e fra queste la più famosa fu quella che si insedio sull’altopiano ai piedi del monte Tersadia. Anche questo nome è stato storpiato. Si chiamava a quei tempi Tessaglia, a ricordo della regione della Grecia da cui erano arrivati i coloni, e il vello di Chiaserolis è lo stesso della storia di Medea!<br /> “Questa poi!” non riuscii a far a meno di esclamare e con l’esclamazione chiusi i registratore pensando che il mi interlocutore si fosse bevuto il cervello.<br /> Ma ripensando poi a ciò che mi aggiunse, a registratore spento, mi pentii d’averlo fatto. Avrei potuto documentare almeno la fantasia senza limiti di Diver...<br /> Mi portò a ragionare sul fatto che le case del villaggio erano a base rettangolare, mentre quelle celtiche, come si vede bene sul monte Sorantri a Raveo sono rotonde. E questo, a suo dire era sufficiente a dimostrare che il villaggio non era celtico.<br /> Mi ricordò come nella leggenda greca si dica che Giasone e Medea tornando dalla Colchide, puntiti da Giove, smarriscano la rotta e finiscano nell’Adriatico per poi risalire il Po e attraverso il Rodano raggiungere la Liguria e poi la Sardegna e infine il Monte Circeo, per purificarsi presso la maga Circe. Secondo Diver i trascrittori non conoscendo la geografia hanno fatto un errore i georeferenziazione. In effetti i fiumi percorsi, uscendo dall’Adriatico, sono proprio il Tiliaventus e il Cjaròi, e la maga Circe abitava nel lago che c’era a quel tempo sulla cima della montagna del Cucco proprio dirimpetto al Tersadia. Lassù Giasone e Medea furono purificati dalla maga Circe per gli omicidi che avevano commesso, e in segno di gratitudine, lasciarono agli abitanti di Chiaserolis che li avevano ospitati un pezzetto del vello d’oro che aveva la virtù di favorire la fecondità delle donne, ma anche degli animali e di tutta la natura.<br /> Quando ci si lascia prendere dalla fantasia e la si mescola all’amore per il proprio paese, si finisce per immaginare il proprio paese al centro del mondo. In questa ottica si può capire la ricostruzione fantastica di Diver. Anche se, a dir il vero, anch’io ho trovato qualche riscontro nei racconti che mi ha fatto la Sepe legati alle montagne di Valle Rivalpo.<br /> Anche lei infatti mi ha detto che sul monte Cucco c’era un lago. Il monte sarebbe stato un vulcano, come ce ne sono altri al mondo, il cui cratere era riempito d’acqua a formare un lago. Poi a seguito d’un terremoto s’era spezzato un lato dell’argine e l’acqua era precipitata portandosi dietro la montagna, dando origine ai crepacci del Lander, e travolgendo infine il municipium romano di Iulium Carnicum. Anche la Sèpe mi ha detto che sulle acque del lago del monte Cucco, si nascondeva una fata che ogni tanto usciva a prendere il sole come fanno ora le colonie di marmotte che numerosa popolano la conca nella quale sorgeva il lago. Una fata che sembra sia scesa in forma d’angelo ad avvertire gli abitanti di Zuglio del pericolo incombente. Ma anche allora, come adesso non si credeva nè alle fate nè agli angeli, per cui quando l’onda del lago si precipitò sul paese distrusse le case e travolse tutti gli abitanti, come in tempi recenti è capitato al paese di Longarone travolto dall’onda del lago artificiale del Vajont invaso da una enorme frana.<br /> Resterebbe il problema di spiegare come il termine Circe sia stato storpiato fino a diventare Cucco, ma se Cjaròi e diventato Incaroio tutto è teoricamente possibile...Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-82079242392363530362011-01-08T09:33:00.002+01:002011-01-08T09:42:04.786+01:00Da Menocchio a Romedio.<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGjGbBf6FAj_GpBzAyLESa_ZJD-BHLNnfvRLQqThGetmTdRqNjt7rPidKuCqNIMzXUyLOB5UT86x7nvADzJ9WOXzU18IOJoocTZhA0PfnZLYS8AExEFm2WRSPlJZWaCmhlZnae4WcuqD91/s1600/Spisulot+003.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjGjGbBf6FAj_GpBzAyLESa_ZJD-BHLNnfvRLQqThGetmTdRqNjt7rPidKuCqNIMzXUyLOB5UT86x7nvADzJ9WOXzU18IOJoocTZhA0PfnZLYS8AExEFm2WRSPlJZWaCmhlZnae4WcuqD91/s320/Spisulot+003.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5559732119653509570" /></a><br /><br /> Da come sono ricostruite le vicende per le quali è finito al rogo Domenico Scardella detto Menocchio, mugnaio a Montereale Valcellina nel 1500, si ricaverebbe l’impressione che il suo sia stato un caso isolato. In quegli anni in Friuli imperversava il Tribunale dell’Inquisizione e non passava giorno che in un paese e nell’altro non ci fosse chi finiva al rogo. Ma si trattava di solito di streghe. Menocchio invece era stato arrestato nel 1584 e bruciato qualche anno dopo proprio come eretico. Sosteneva che “questo che fu crocifisso era uno dei figlioli de Dio, perché tutti semo fioli de Dio, homo come noi ma di maggior dignità”. E non rinunciò a professare questa sua fede, anche a costo di lasciarci la pelle. Che ad un mugnaio mentre vedeva girare le ruote del suo mulino mosse dall’acqua sia venuta l’idea che “tutti semo fioli de Dio”, mi era sempre parso poco credibile. Ci doveva essere per forza una corrente di pensiero che era arrivata fino alle pale del suo mulino, con questa teoria teologica così originale che si collegava a quell’altra, non meno originale che al principio “ tutto era caos e quel volume feze una massa come si fa il formazo nel latte et in quel deventorno vermi et quelli furono anzeli et tra quel numero di angeli vi era ancho Dio, creato anchora lui”. Erano gli anni della riforma protestante. Molti friulani frequentavano “le Germanie” come cramars, era logico si fosse diffuso anche in Friuli lo spirito della riforma. Anche a Tolmezzo in quegli anni era finito sotto processo tale Matteo Bruno che per salvarsi dal rogo abiurò mentre a Vinaio nel 1588 venne giustiziato Daniele Dionisio.<br /> In questo contesto si colloca la leggenda dell’Eremita di Vuerpa, ed anche in questo caso la leggenda serve a capire ed a ricostruire meglio il momento storico. Anche in questo caso Romina, la vecchia che me l’ha raccontata, sosteneva che non di leggenda ma del racconto d’un fatto realmente accaduto e quindi di un fatto storico. Ma a me, come ho già detto altre volte, interessano gli elementi del racconto che aiutano a ricostruire il momento storico, non mi fa differenza sapere se i fatti sono realmente accaduti o se sono usciti dalla fantasia di qualcuno.<br /> Comunque, al di la delle solite divagazioni, Romina era una vecchia che avevo incontrato a Vuerpa, borgata poco sopra il paese di Vinaio in Comune di Lauco. C’ero arrivato per la tradizionale festa del pastor, organizzata ogni anno a settembre per celebrare il ritorno del bestiame dall’alpeggio e più che dalla festa ero rimasto incuriosito proprio da quelle quattro case adagiate su un pianoro alle falde del monte, con davanti un panorama eccezionale. <br /> Non c’era nessuno nel piccolo borgo. Erano tutti alla festa. Almeno così m’era parso, ma poi avvicinandomi alle case sono stato attratto da una vecchia che sedeva su una panca accanto all’ingresso d’una vecchia casa. Immobile come se fosse stata una statua. Fissava in silenzio il panorama, con l’attenzione di chi guarda per la prima volta una scena, mentre non c’era scena che le potesse risultare più familiare, dal momento che non c’erano dubbi che quella fosse la sua casa.<br /> Avvicinandomi, un po’ guardavo a lei un po’ seguendo il suo sguardo guardavo al panorama che lei stava fissando. S’apriva davanti la conca tolmezzina che si perdeva a mezzogiorno in una serie infinita di valli e di quinte di montagne. Lei continuava a guardare immobile come se non si fosse accorta del mio avvicinarmi, ma quando le fui accanto, quasi fosse un saluto o una riflessione ad alta voce, senza fare un cenno di movimento verso di me disse <br /> Mi stupiva il suo comportamento, ma mi stupì ancor di più il fatto che le parole con le quali mi accolse erano le stesse che avevo nella mente mentre guardavo quel panorama. Come se avesse potuto leggermi nel mio pensiero. <br /> “E mi sovvien l’eterno, e le morte stagioni!” disse tra sé e sé ma a voce alta in modo che sentissi. Pensai ad uno strano modo di salutare, colpito dal fatto che anche a me, mentre guardavo al confondersi dell’orizzonte lontano con l’azzurro del cielo, erano venute in mente i versi dell’Infinito di Leopardi: “Tra queste immensità s’annega il pensier mio, e il naufragar m’è dolce in questo mare”. Da lassù le valli della Carnia, coperte ancora da un trine leggero di nebbia che s’andava dissipando al sole del mattino, parevano appena uscite dall’Oceano primordiale. E le montagne torno a torno erano fate appena uscite dall’acqua, adagiate ad asciugarsi all’ultimo sole di settembre. <br /> Lei invece, la vecchia pareva uscita da una stampa antica. Volata a caso fin davanti a quella casa, come una immagine ritagliata da un vecchio libro ed incollata su uno fotografia. Tra le profonde rughe che segnavano il viso, si riusciva a leggere e distinguere bene la bellezza d’un tempo, i lineamenti delicati le fattezze armoniose. Gli occhi ormai infossati quasi si stessero ritirando nelle cavità del cranio, avevano ancora la luce e la vivacità degli occhi d’una giovane ragazza esuberante e sbarazzina. Ma ciò che più colpiva erano i capelli. Malgrado l’età non erano bianchi: il biondo d’un tempo s’era appena scolorito in un grigio con sfumature dorate. Ed erano attorcigliati in lunghi boccoli, come usano certi popoli primitiva dell’Australia. Ma non bastava! I boccoli erano raccolti in una crocchia dietro dalla nuca, dalla quale poi si dipartivano nuovamente a raggiera a formare una sorta d’aureola. Se mi avesse detto che era una fata o una strega non avrei potuto non crederle. Era più difficile pensare che fosse una donna nata e vissuta tra quelle quattro case sulla montagna. Invece era proprio, così a dimostrare che anche a Vuerpa di Lauco la realtà può superare l’immaginazione. <br /> “Che cosa cerca da queste parti?” mi chiese quando le fui davanti.<br /> “Nulla di particolare,” le risposi. “Sono qui per la festa, e m’è venuta l’idea di esaminare meglio la borgata per capire come si possa vivere tra quattro case in cima ad una montagna”.<br /> “Si vive, si vive!” replicò, “come in qualsiasi altra parte. Un giorno dopo l’altro, sospinti dal tempo fino ad incontrare la morte” Poi notando il mio stupore alla sua risposta aggiunse: “Non so perché ma pensavo che fosse uno che si interessa di leggende”. <br /> Sorpreso per la sua risposta filosofica, al sentire l’aggiunta restai basito. Mi aveva letto nel pensiero sull’Infinito di Leopardi, ed ora s’immaginava il vero motivo del mio interesse a quelle case anche se non le avevo fatto neppure il minimo accenno…In effetti mi ero inoltrato nella borgata proprio pensando che, isolati come erano vissuti, quando fin lassù non arrivavano che sentieri, certamente avevano prodotto nei secoli qualche favola particolare legata al particolare ambiente di montagna.<br /> “Non so come ha fatto ad immaginarlo,” le dissi. “Ma è vero sto cercando di raccogliere delle leggende, prima che se ne perda la memoria. Fino alla vostra generazione c’è stata una trasmissione continua da generazione in generazione. Oggi anche quassù è arrivata la strada asfaltata. Come l’asfalto ha coperto i sassi della carrareccia, così il progresso sta cancellando ogni memoria del passato.”<br /> “Se è vero!” commentò lei. “E’ arrivato nel posto giusto,” aggiunse poi, “perché qui è la casa stessa ad essere una storia che pare una leggenda”.<br /> Senza aggiungere altro, si alzò tutta arzilla e mi aprì la porta invitandomi a seguirla. Era una tipica casa carnica del primo novecento. Sull’atrio, dal pavimento lastricato a grandi pietre irregolari, davano due stanze una a destra ed una a sinistra e davanti partivano le scale in legno per il piano superiore. A fianco s’apriva la porta che dava alla dispensa. La aprì e mi fece scendere per alcuni gradini. Tutto normale ci trovavamo nella cantina. Ma era la cantina ad essere fuori dal normale. Non si trattava d’una vera cantina in muratura ma d’una grotta.<br /> “E’ in questa grotta che inizia la storia della casa…” prese a raccontarmi Romina. <br /> Mi spiegò che si trattava d’una grotta naturale che il caso dell’evoluzione geologica aveva voluto si formasse su quella montagna. Forse era stata abitata anche in epoca preistorica, ma questa poteva essere solo una supposizione. Era certo invece che era stata abitata nel 600 da un originale eremita eretico di nome Romedio. Negli anni successivi si era sviluppato una sorta di culto popolare che aveva fatto del frate un santo, capace di grandi miracoli, per cui sulla grotta era stata costruita una chiesetta. Poi il santo aveva perso l’abitudine di fare i miracoli e così era venuta meno la devozione nei suoi confronti, la chiesetta era stata abbandonata e finita in macerie.<br /> “Con i sassi della Chiesa mio nonno a iniziato a costruire questa casa, inglobando la grotta come cantina”. Era emigrato come molti altri carnici a fare il muratore in Baviera ed era tornato, come tanti altri soprattutto in Val Pesarina, tutto preso dalle idee del socialismo anarchico, convinto che la religione fosse “l’oppio del popolo”. Si gloriò per tutta la vita d’aver trasformato le fondamenta d’una chiesa nelle fondamenta della sua casa, finchè non fu trovato impiccato, senza nessuna ragione plausibile, ad una trave della soffitta della casa…<br /> “La maledizione del capostipite in qualche modo è scesa fino a me, che sono l’ultima erede senza figli. Con me si estinguerà la discendenza. Nessuno vorrà abitare in una casa maledetta, e in breve ci sarà solo un cumulo di macerie a coprire l’ingresso di questa grotta. Non si saprà neppure che esista e si perderà la storia legata ad essa, la storia dell’eremita Romedio”.<br /> Non trovai parole per commentare espressioni così prive di speranza ed in silenzio la seguii di nuovo sull’aia, per sedermi accanto a lei sulla panca di legno a guardare la fuga delle montagne giù nelle valli ed a sentire il racconto della vita di Romedio l’eremita di Vuerpa.<br /> Durante il Seicento molti furono accusati di eresia o stregoneria e bruciati al rogo. Chi si voleva liberare di un nemico non doveva far altro che inventarsi un accusa, e il Tribunale dell’Inquisizione provvedeva al resto. Ma anche se tutti in Carnia sapevano che Romedio era un eretico, nessuno s’arrischiò a denunciarlo. Come si sapeva che era eretico, così si sapeva che aveva dei poteri straordinari, che aveva compiuto miracoli eccezionali.<br /> Tutti si chiedevano da dove gli potessero venire questi poteri. Dal momento che non credeva in Dio, non potevano che derivargli dal Demonio, e nessuno s’arrischiava a mettersi contro un figlio del demonio, neppure il prete di Vinaio che pure aveva avuto modo di confrontarsi con lui in uno scontro verbale nell’osteria del paese, avendo la conferma che fosse eretico. “E della peggiore specie!” Forse per paura, per non mettersi contro il Diavolo, forse per stima per una persona che sapeva sviluppare dei ragionamenti molto profondi, forse soltanto perché affascinati dal suo modo di parlare, erano comunque in molti quelli che ogni giorno da Vinaio e da tutta la Carnia salivano a far visita all’eremita. Fra di loro si era formata una sorta di setta segreta, la setta degli amici di Romedio e non c’era pericolo che si tradissero denunciandosi a vicenda all’Inquisizione. L’unica eccezione era stata quella di Daniele Dionisio di cui ho già ricordato la brutta fine. Era anche lui uno dei più assidui frequentatori dell’eremita. Ma a denunciarlo per altri motivi erano state altre persone del paese. Non uno dei devoti di Romedio.<br /> L’eremita quando sentiva che si erano raccolte alcune persone all’imboccatura della grotta, usciva e sullo spiazzo che sarebbe poi diventata l’aia della casa, e quindi nel luogo ove mi trovavo assieme a Romina, teneva dei discorsi, un po’ come si legge faceva qualche secolo prima S.Francesco. “Discorsi i cui contenuti sono giunti fino a me, di generazione in generazione”, soggiungeva la mia interlocutrice, “e che finiranno con me, non avendo io discendenti a cui trasmetterli. Con questo preambolo, quasi volesse coinvolgermi nel compito di tramandare il pensiero di Romedio, mi fece il riassunto d’una serie di ragionamenti e di riflessioni, che in qualche parte mi ricordavano quelli di Menocchio. Per questo dicevo in premessa che probabilmente in quegli anni sulle montagne friulane s’era sviluppata una originale forma di religione, come via di mezzo tra quella cattolica e quella protestante, una sorta di teologia della liberazione. <br /> Romedio metteva in discussione la Bibbia per tanti aspetti a partire dalla prima riga. Non è vero diceva che “ in principio Dio creò il cielo e la terra”, all’inizio c’era il caos, la materia informe, eterna ma inconsapevole della propria esistenza. Poi ci fu la luce, nel senso che la materia prese coscienza della propria esistenza. La luce era Dio, era nel mondo e per mezzo suo si fece il mondo, imponendo un ordine alla materia. La materia è il principio del male, ossia il demonio da cui nasce la schiera dei diavoli, la coscienza dell’esistere è il principio del bene da cui si sviluppa la schiera degli angeli. La storia dell’umanità è la guerra dei due principi, fatta di tante storie di individui in ognuno dei quali si scontra un angelo ed un demonio. <br /> Una cosmogonia evidentemente molto vicina a quella di Menocchio. La contestazione sulla Bibbia si trasferiva poi ai vangeli. Le evidenti contraddizione anche tra i quattro vangeli canonici, dimostrano che non possono essere presi come verità di fede sosteneva, ripetendo Menocchio che diceva agli inquisitori “circa le cose delli evangeli credo che parte siano veri et parte li evangelisti abbiano messo de suo cervello, come si vede nelli “passi” che uno dice a un modo et uno dice a un altro”. <br /> Ma l’elemento che più avvicinava la teologia di Romedio a quella di Menocchio, era la convinzione che ribadiva in ogni suo discorso che l’uomo è figlio di Dio, che ognuno di noi è figlio di Dio. <br /> Su questi concetti sviluppava poi una sua particolare teoria religiosa che in qualche modo tentava di mediare tra i concetti del libero arbitrio e del servo arbitrio, dando una sua particolare soluzione al problema della predestinazione.<br /> Se lo spirito di Dio è la coscienza di esistere dell’Universo e nel corpo di ogni uomo vive lo spirito che è la sua coscienza di esistere, è evidente che cosa si voglia intendere definendo l’uomo come figlio di Dio, come è evidente che in questa definizione è implicito il concetto della sua immortalità. Il corpo nasce dalla materia e soggiace alle leggi della materia, lo spirito viene dallo Spirito universale e torna allo spirito avendo maturato con il corpo l’esperienza di individuo. C’è un atomo della coscienza universale che si incarna in un uomo e diventa coscienza individuale, per tornare per sempre alla coscienza universale mantenendo la sua individualità.<br /> Nel periodo della convivenza, gli anni della vita dell’uomo, la sua esperienza di vita è quella del conflitto tra il demone della materia e l’angelo dello spirito. L’uomo è come un campo di battaglia nel quale si combatte un conflitto che non dipende da lui se non in minima parte. Il suo demone e il suo angelo cioè i caratteri positivi e negativi che gli vengono dalla natura si combattono generando una serie di circostanze che condizionano la sua vita. Ma come in un gioco virtuale, l’uomo può partecipare modificando le condizioni del campo di battaglia, che possono influire sull’esito della battaglia. La vita è quindi una battaglia a tre tra un demone un angelo ed un uomo, come diceva anche Menocchio, “tra un corpo un’anima ed uno spirito”.<br /> Per capire l’umanità si deve immaginare che l’atmosfera sia carica di semi e ne lasci cadere alcuni che vivono le regole della natura sulla terra riproducendosi per poi diventare di nuovo semi capace di librarsi nuovamente e per sempre nell’aria. Le leggi della terra non sono imposte dall’atmosfera, il seme è libero di trasformarsi, dipende da lui il processo di trasformazione e quindi il risultato con le caratteristiche che avrà il seme tornando a vivere nell’aria. <br /> Romina avrebbe continuato all’infinito a parlarmi delle teorie di Romedio l’Eremita, ma mi stavano aspettando gli amici che avevo lasciato alla festa del Pastor. Con questa scusa, l’ho salutata promettendole che sarei tornato a trovarla con più tempo e più calma. Non ci sono più tornato. Ho infatti ripensato più volte a ciò che mi aveva detto e non ho saputo darmi una risposta. Si trattava di fantasie di un matto? O c’era un senso, se Menocchio per queste teorie s’era lasciato morire sul rogo, pur di non rinunciare all’idea di essere figlio di Dio?...Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-69505340970059240842010-05-04T18:23:00.001+02:002010-05-04T18:28:22.567+02:00Dagli Sbilf al bluetooth<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjA36yZBL9ao2eLD3bFPRuot1pYpCHRtnHQbi5MZc9ww4G0lp08SJQ9ESefJg41uSBSMjf7Zt276bAodPOUiVe-ssu8byNrRum-z-z3gUbWsWW0u10zkSMG5fY2nGbYw9DQlLj0Q1Tn2p9S/s1600/CIMG3369.jpg"><img style="float:left; margin:0 10px 10px 0;cursor:pointer; cursor:hand;width: 320px; height: 240px;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjA36yZBL9ao2eLD3bFPRuot1pYpCHRtnHQbi5MZc9ww4G0lp08SJQ9ESefJg41uSBSMjf7Zt276bAodPOUiVe-ssu8byNrRum-z-z3gUbWsWW0u10zkSMG5fY2nGbYw9DQlLj0Q1Tn2p9S/s320/CIMG3369.jpg" border="0" alt=""id="BLOGGER_PHOTO_ID_5467452506815900466" /></a><br />Non è per dar torto alla Bibbia. Ci mancherebbe! Ma potrebbe anche darsi che l’evoluzione della specie animale fino alla nascita dell’uomo, non sia avvenuta in tutti i luoghi del globo terracqueo, allo stesso modo. Non metto in dubbio che nel Medio Oriente, dopo aver ordinato alla terra di produrre “esseri viventi secondo la loro specie”, Dio il giorno dopo abbia creato l’uomo a sua immagine. Ma da noi, in Europa prima dell’età dell’uomo, c’è stata quella dei piccoli uomini: la terra era popolata dagli Sbilfs e le acque dalle Agane. A Tolmezzo gli sbilf abitavano alle falde del monte Strabut, (che a quel tempo chissà come si chiamava), le Agane invece ai piedi della montagna nelle acque del But, che a quel tempo passava molto più vicino alla montagna, proprio ove oggi c’è il centro storico del paese. Chi volesse una conferma di questo assunto, può salire fino a Precefìc e, addentrandosi nel pianoro a mezza costa dello Strabut, troverà nell’atmosfera che vi si respira, una evidente e incontrovertibile prova della presenza nel luogo dei piccoli uomini, nella notte dei tempi.<br /> La differenza tra gli Sbilf e gli uomini, non era tanto o non era solo nella dimensione del corpo. Erano degli uomini in miniatura, ma avevano la testa se si vuole anche più grande di quella degli uomini d’oggi, perché nel loro cervello si era sviluppata una grandissima capacità di pensiero. Gli uomini devono mediare con la parola o con la scrittura la comunicazione del loro pensiero, gli sbilf comunicavano direttamente. Il pensiero di chi voleva comunicare, si metteva immediatamente in relazione con il pensiero degli interlocutori, come se le onde del pensiero fossero onde radio<br />Nella evoluzione dai piccoli uomini agli uomini s’è persa questa particolare capacità di comunicazione. Derivava infatti dalla grande disponibilità degli sbilf a comunicare ed a rapportarsi in positivo con i propri simili. Diventando, con l’evoluzione, più consistente la massa corporea, ha preso sempre più rilievo la coscienza di sè, è diventato sempre più forte l’egocentrismo, sempre minore la disponibilità verso gli altri, e così anche la capacità di pensiero negli uomini si è chiusa in sé, è diventata capacità di riflessione più che di comunicazione. Obiettivo primario per l’uomo è diventato il proprio corpo e si è persa quella capacità di pensiero che faceva in modo che gli sbilf fossero tutti poeti. La capacità rimasta ora soltanto in qualche uomo eccezionale di saper cogliere e vivere la bellezza della natura, di godere nell’emozione nel rapporto immediato ed istintivo con la bellezza del creato.<br />Non è comunque che anche i piccoli uomini non avessero i loro problemi!... In particolare li angustiava l’impossibilità di conservare nel tempo il pensiero comunicato. Non conoscendo la scrittura e non avendo altre forme di registrazione, potevano comunicare solo in tempo reale e non in differita. Finchè non ci fu la invenzione di Gil e Tiz!...<br />Erano questi due Sbilf che vivevano in una grotta ai piedi dello Strabut, poco sopra l’attuale Museo Carnico. Tra l’imbocco della grotta e il greto del fiume passava un sentiero molto frequentato dai cani a passeggio. “Dovremmo riuscire ad inventare qualcosa del genere!” disse un giorno Tiz fra sé e sé.<br />“In che senso?” gli chiese Gil.<br />“Vedi! I primi fanno la pipì e quelli che vengono dopo la riconoscono. Se riuscissimo a far in modo che il pensiero si attaccasse alle cose, come la pipì dei cani, potremmo far in modo che quelli che seguono possano sentire il pensiero di chi li ha preceduti”.<br />Gil era un tipo che quando gli davi un input, gli si scatenavano i neuroni nel grande cervello. A forza di pensare gli venne la febbre, gli si sballarono tutti i valori, la glicemia gli andò alle stelle, ma alla fine pur stremato e sfinito ebbe ancora la forza di dire: “Ho trovato!”<br />“Che cosa hai trovato?” gli chiese Tiz, che, ormai quasi convinto di non poter salvare l’amico, si disperava per essere stato, con la sua domanda, la causa di tutto quel male.<br />Aveva trovato il modo di legare il pensiero ai dei punti che lui decise di chiamare punti di interesse! Presero così a segnare tutta la Carnia con il loro brevetto, e invitarono le Agane a ripetere i percorsi segnati da loro, riascoltando i loro pensieri. Loro due di giorno, come due cani, segnavano un nuovo sentiero, ed alla sera le Agane in folla uscivano dal But, per ripercorrere il sentiero accompagnate e suggestionate dai pensieri poetici che gli sbilf avevano legato ai punti di interesse. <br />Si ripeteva così ogni sera una scena di incredibile bellezza. Le fate dell’acqua uscivano dalla corrente, mentre gli ultimi riverberi di porpora del sole si spegnevano ad ovest sui Monfalconi e trasportate dalla brezza della sera, come uno sciame di farfalle, salivano le valli di Carnia traducendo in musica con le loro voci armoniose i pensieri suggeriti dagli sbilf. Una scena che si ripete forse ancora e che, come ho già detto, solo la sensibilità di quegli uomini eccezionali, che sono i poeti, può vedere…Deve essere infatti la scena che descrive Carducci nella poesia “In Carnia”:<br />De la But che irrompe e scroscia<br />elle ridono al fragor,<br />e in quel vortice d’argento<br />striscian via le chiome d’òr.<br />Questa leggenda mi è stata raccontata da persona degna di fede che abita nei pressi del luogo dove ci sarebbe stata la grotta dei due sbilf. Ma una conferma indiretta sul fatto che non è soltanto una leggenda mi viene dalla coincidenza per la quale proprio in quel posto, in ambiente che richiamava molto quello d’una grotta, gli uomini della ditta BoDi, hanno pensato ad un progetto che utilizza le moderne tecnologie per riproporre l’idea che hanno avuto, nello stesso luogo, ì due sbilf.<br />Agli sbilf che, come si è detto, erano poeti non ne è venuto nulla e neppure nessuno li ricorda, agli uomini di BoDi deve essere venuta invece una improvvisa ricchezza. Tant’è che si sono subito trasferiti in ambienti più luminosi e prestigiosi!!!<br />Per il “bene comune” c’è solo da augurarsi che come le Agane in folla seguivano i suggerimenti degli Sbilf, ci sia ora una folla di turisti che segue Bodì sui sentieri della Carnia diffondendo su tutto il territorio benessere e ricchezza.<br /><br />(Favola scrittali 1°marzo 2010 in occasione del trasferimento di BoDi all’Agemont con i migliori auguri a Gil a Tiz e di riflesso a Stefano ed a tutti i collaboratori. Buon lavoro!)<br /><br />.Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-73105786328633333352010-02-26T00:13:00.002+01:002010-02-26T00:21:33.258+01:00La lavanda di Venzone.<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9EDkjN09hIvwr74qJBtvJoKtaHM0MCq4WGEgB4kHlTj9PC64p0M7mdSPY4kH26xbaqot-SJ-jBuL2mvu6TQ8tXpm_iDl4L7Q7MrqlCb5X7i_7HMkGAd1Xfcc4xWLpHSzYP3g1SPD7XDsW/s1600-h/lavanda.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5442324086600761522" style="FLOAT: right; MARGIN: 0px 0px 10px 10px; WIDTH: 117px; CURSOR: hand; HEIGHT: 200px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEj9EDkjN09hIvwr74qJBtvJoKtaHM0MCq4WGEgB4kHlTj9PC64p0M7mdSPY4kH26xbaqot-SJ-jBuL2mvu6TQ8tXpm_iDl4L7Q7MrqlCb5X7i_7HMkGAd1Xfcc4xWLpHSzYP3g1SPD7XDsW/s200/lavanda.jpg" border="0" /></a><br /><div><br />Una volta, nel tempo prima della storia, la Carnia era abitata dagli Sbilfs e dalle Agane, le fate dell’acqua. Nella stretta di Venzone che prendeva il nome di porta della Carnia perché al tempo con questo nome si comprendevano anche le valli del torrente Fella, una colonia di Sbilfs si era insediata dove ora sorge il paese, mentre al di là dell’acqua del Tagliamento ove ci sono ora le case di Pioverno nelle grotte sotto all’attuale chiesa dell’Immacolata si erano insediate le Agane. La scelta non era stata casuale. A quei tempi si viveva secondo natura, non c’era la necessità di lavorare la terra, ma ci si doveva collocare dove la terra produceva i suoi frutti. Sulla sinistra del Tagliamento cresceva spontaneo il frumento il cibo preferito dagli Sbilfs. Sulla destra invece cresceva quella che oggi chiamiamo lavanda, il profumo preferito dalle Agane. A primavera la stretta tra il S.Simeone e il Plauris pareva la valle dell’eden con l’acqua limpida che si scioglieva in riflessi di cristallo, tra la distese dorate del frumento da una parte e del viola della lavanda dall’altra. Gli Sbilfs che credevano nella Madre Natura, avevano dato un nome femminile alle piante da cui traevano sostentamento e le avevano chiamate spighe. Le Agane che vivevano del profumo dei fiori avevano dato un nome maschile alle loro piante e chiamano spigo i gambi di quella che noi oggi chiamiamo lavanda.<br />Quando nel rincorrersi dei secoli iniziò la storia degli uomini le nostre montagne furono prima popolate dai Celti venuti dll’Est, e infine anche da queste parti arrivarono i romani a portare la civiltà con la guerra e gli eserciti. I soldati venivano reclutati da ogni parte dell’Impero. Fu così che arrivò nella piana di Venzone una legione tutta formata da Galati, i Celti dell’Asia Minore. Fra loro c’era un centurione di nome Venzo, finito a fare il militare per dimenticarsi le pene d’amore.<br />In patria era un alchimista innamorato del suo lavoro. Coltivava una pianta che i greci chiamavano nardo celtico, appunto perché coltivato dai Celti d’Asia minore, ed i romani invece lavandula spica. Dalle radici aveva imparato a distillare degli oli essenziali e dei profumi d’una delicatezza raffinata, e degli unguenti che avevano del miracoloso. Di lui si era innamorata una bellissima donna di nome Maddalena. Si erano sposati. Egli l’amava nel profondo del suo cuore, ma tutto preso dal suo lavoro la trascurava. Passava le notti a studiare nuove ricette, cercando le soluzioni più innovative per ricavare il massimo beneficio dalle virtù della pianta del nardo. Fu così che un mattina e non trovò più Maddalena in casa. La cercò invano per tutto il paese, ma invano. Si accorse che era sparito anche l’asino, e che era stato svuotato il magazzino nel quale teneva i suoi prodotti. Un amica della moglie gli riferì che s’era caricata i profumi e gli unguenti sull’asino e che era partita alla volta della Palestina, dove aveva sentito stava predicando un nuovo profeta di nome Gesù. Qualcuno sostiene sia la stessa donna di cui parla l’evangelista Luca raccontando che si era introdotta nella casa d’un fariseo ove Gesù si trovava a pranzo, “era venuta con un vasetto di olio profumato e stando dietro presso ai suoi piedi, piangendo cominciò a bagnarli di lacrime, poi li asciugava con i suoi capelli, li baciava e li cospargeva di olio profumato”. Era conosciuta come una peccatrice ma per quel gesto Gesù le disse “Ti sono perdonati i tuoi peccati”. Forse il collegamento può essere fantasioso oppure no, dal momento che non si specifica di che olio profumato si trattasse. Ma in una scena analoga nella quale a ungere i piedi di Gesù d’olio balsamico è Maria di Betania, la sorella di Lazzaro il resuscitato, si dice espressamente che ha usato “una libbra di olio profumato di vero nardo” e quindi non si può escludere si sia trattato proprio dell’olio di Venzo..<br />Comunque il nostro essendosi trovato alla porta della Carnia, celta galata a dover combattere contro altri Celti, i Carni, entrò in crisi di nuovo e chiese di essere congedato ed ottenne la proprietà dei campi di lavanda che già dal tempo degli Sbilfs cresceva dove oggi sorge il paese di Pioverno. Prese dimora nella grotta che s’apriva nel rilievo sul quale sorge ora la Chiesa del paese. Grotta che era stata delle Agane, e che lo è ancora perché non è che le fate dell’acqua siano sparite, sono solo diventate invisibili per l’incapacità dell’uomo a vedere oltre la dimensione del reale, come è diventata invisibile la grotta perché l’imboccatura è crollata a seguito d’un dei terribili terremoti che hanno interessato ed interessano ancora il monte S.Simeone<br />Qui, non più distratto dalle grazie della bella Maddalena, riprese con nuova lena le ricerche sulle proprietà benefiche dello spigo e a forza di innesti ed impianti riuscì a sviluppare un nuovo tipo di pianta con maggiori proprietà terapeutiche. Mentre dal nardo celtico l’olio essenziale ed il profumo si ricava dalla radice, nella nuova pianta le proprietà benefiche si trasferirono nel fiore esaltandosi. Divenne in breve famoso in tutta la Carnia perché con i medicamenti tratti da questo nuovo spigo sapeva curare ogni tipo di malattia.<br />Per ogni tipo di dolore prescriveva dei bagni di spigo. Si deve lavare la parte malata, scriveva, e quindi prescriveva delle diverse composizione di acqua ed olio di spigo. Da militare aveva imparato la lingua latina e in latino le sue ricette iniziavano sempre con “lavanda est” si deve lavare, e così un poco alla volta gli uomini della Carnia presero a parlare di ricette di lavanda, e lo spigo finì per essere chiamato lavanda: la lavanda di Venzo, che in latino diventava appunto “Lavanda Venzonis”, termine oggi correttamente tradotto in italiano come “Lavanda di Venzone”. I botanici la chiamarono lavandula angustifolia per la caratteristica delle foglie strette, distinguendola dalla lavandola spica, detto anche nardo celtico o valeriana celtica, che si coltiva ancora nella montagna carinziana e viene utilizzata soprattutto nelle terme di Bar Kleinchirhheim.<br />A sentire l’attuale nome comune, di primo acchito viene da pensare che sia stato il paese a dare la denominazione alla lavanda, e invece la storia del legionario Venzo, dimostra il contrario in modo inconfutabile…Comunque anche nel caso dello spigo, le Alpi divennero confine e discrimine, il genere spica si continuò a coltivare al di là, mentre l’angustifolia si diffuse al di qua per tutto l’arco alpino fino alla Liguria per poi da qui debordare in Provenza.<br />I carnici son gente rude poco portata ai profumi: gli uomini nel bosco e le donne con la gerla, ma anche Carnia pur se è venuta meno, non è mai scomparsa l’usanza di coltivare la lavanda. Valentino Osterman in La vita in Friuli” scriveva alla fine dell’Ottocento che “è pianta benefica; si coltiva negli orti per raccoglierne i fiori che a mazzi vengono collocati tra la biancheria sia per il loro gradevole odore, sia perché si ritiene giovino a tener lontane le tignole l’incubo (calciùt) e le malie tentate contro il compimento dei doveri matrimoniali. Giova pure contro il mal di capo e di nervi, per curare le ferite e per regolare le funzioni muliebri. Ha maggiore virtù se colta nella famosa notte di S.Giovanni.<br />Con questa ultima annotazione il richiamo dell’Osterman a Venzo è evidente, perché ormai tutti gli studiosi concordano sul fatto che risalgono al Celti i riti della notte di S.Giovanni. Anche la messa in evidenza dei poteri sulle “malie tentate contro il compimento dei doveri matrimoniali” è probabilmente riconducibile a Venzo che nella solitudine della grotta di Pioverno, rimpiangeva di aver trascurato la bella Maddalena, che se n’era andata a far la peccatrice in Palestina.<br />A proposito! C’è qualcuno che sostiene d’aver letto nei soliti documenti di cui non si trova ormai traccia che lo stesso nome di Pioverno è legato al legionario. Alla sua morte infatti sarebbe stata costruita una chiesetta dedicata al Pio Venzo, delle cui fondamenta risulterebbe si sia trovata traccia quando è stata costruita la Chiesa attuale. Nei secoli poi, come è capitato spesso, il nome sarebbe stato storpiato in quello di Verno.<br />Ma forse queste sono illazioni di storici che si lasciano guidare dalla fantasia invece che dall’amore per la ricerca. Certo è invece il fatto che Venzo teneva a precisare, consegnando le sue ricette, che per trarne i massimi benefici, gli oli essenziali ed i profumi di spigo o lavanda che dir si voglia, devono essere diluiti nell’acqua delle sorgenti popolate dalle Agane. In Carnia ce n’è diverse, ma sembra che sopra tutte egli consigliasse l’acqua di Applis ad Ovaro, dove l’acqua sgorga fresca e purissima direttamente dal terreono.<br />Per inciso si deve ricordare che come sono presenti nel mondo degli umani le Agane, così sono ancora presenti gli sbilf anche se invisibili. Come è noto ce n’è di diversi tipi e nomi come il Gan, il Mazarot, il Bagan, e il Pavàr . Ci sono quelli favorevoli agli uomini e quelli pericolosi come il Cialciùt che nell’era moderna s’è montato la testa, ha cambiato nome e si fa chiamare “stress” all’inglese. Gira di notte per le case degli uomini diffondendo la malattia della depressione. Come già ricordava l’Ostermann il potere benefico della lavanda si riscontra soprattutto nel tener lontano gli incubi provocati dai Cialcùt.. In termini moderni, come è ormai ampiamente dimostrato da tanti studi, si direbbe che ha dei poteri quasi magici per vincere il male del secolo: la depressione causata dallo stress.</div>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-51607345159768561962009-08-29T18:01:00.004+02:002009-09-03T15:41:48.827+02:00La grotta di Attila.<div align="justify"><a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxiKJX3YaT54BAqtNu8atRJr6ojJn6bHpfsiQawlnR-l5CtzTCtENnyMGMln9Qx4W3_xwkjp8n9eSCCMUTiQffPpjO78pjWLDGkVlUipA9S3g8AFDkmKpqWqr7KZ89CTsBOGMi8lgvUYQt/s1600-h/100D2140.JPG"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5375417553833059522" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 320px; CURSOR: hand; HEIGHT: 240px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEjxiKJX3YaT54BAqtNu8atRJr6ojJn6bHpfsiQawlnR-l5CtzTCtENnyMGMln9Qx4W3_xwkjp8n9eSCCMUTiQffPpjO78pjWLDGkVlUipA9S3g8AFDkmKpqWqr7KZ89CTsBOGMi8lgvUYQt/s320/100D2140.JPG" border="0" /></a><br /></div><div align="justify">Sopra Cason di Lanza in Comune di Paularo, sul sentiero che porta al passo omonimo, al confine austriaco verso Rattendorf, ci si imbatte in quella che viene chiamata la grotta di Attila. E’ una piccola fenditura nella roccia che un corso d’acqua, poco più che un ruscello, s’è scavato nel calcare nel corso dei secoli. Una delle tante grotte che si incontrarono negli ambienti carsici, ma con un nome che la lega al grande condottiero degli Unni. Come mai? Cosa ha a che fare Attila con l’incantevole altopiano a cavallo tra l’Italia e l’Austria, tra Paularo e Pontebba?<br />Come si legge nella storia, Attila invase l’Italia nel 452 dopo Cristo, e dopo aver distrutto diverse città del nord, avrebbe distrutto anche Roma se papa Leone non l’avesse fermato al Po. Secondo alcuni ad incutere timore al barbaro sarebbe stato il crocefisso che il papa brandiva, alla stregua di una lancia. I soliti infedeli sostengono che in una mano teneva il crocefisso e nell’altra un bel sacco di monete d’oro con le quali riscattava la città eterna da un nuovo sacco. Ma sono diatribe che interessano gli storici… Ciò che è certo, purtroppo, è che la prima città ad venire distrutta dal nuovo invasore è stata Aquileia, e in qualche modo si collega a questo fatto la leggenda della grotta al passo di Lanza.<br />Da qui, da questo passo infatti, Attila aveva deciso di iniziare l’invasione dell’Italia, perché aveva saputo che qui era nascosta la spada di Marte che avrebbe garantito la vittoria in tutte le battaglie e chi la portava. Giordane lo storico al quale si deve la gran parte delle notizie sulla vita del condottiero unno, dice che un pastore al pascolo con il suo gregge aveva visto zoppicare una pecora, e non capendo la causa della ferita, aveva seguito le tracce di sangue lasciate dall’animale, trovando alla fine una spada sulla quale la bestia era inciampata brucando l’erba. Aveva quindi recuperato l’arma e l’aveva portata in dono ad Attila. Questi, pensando d’aver trovato la spada di Marte, si convinse di essere stato eletto padrone assoluto del mondo intero.<br />Non so se sia credibile il racconto d’un pastore che trova per caso una spada magica, e tanto meno so se sia credibile la variante per la quale questo fatto sarebbe avvenuto proprio in Lanza. So invece per certo che qui, sull’altopiano, secondo una antica tradizione orale, ormai dimenticata, Attila ha trovato la famosa lancia che, come si racconta ancora in qualche leggenda friulana, era in grado di “infilzare tante persone in una sola volta”. Era una lancia magica che pareva avesse una prolunga invisibile. Consentiva di trafiggere tanti soldati in un sol colpo, ma anche di perforare la roccia e quindi di demolire edifici. Il nome di Lanza chiaramente derivato da lancia, costituisce una indiretta conferma della tradizione e della leggenda. E quindi si può confermare che proprio qui Attila ha trovato la lancia magica. Con altrettanta certezza si può ritenere che non ha trovato la spada di Marte, tant’è che non è diventato proprio invincibile.<br />Secondo una ricostruzione che, non senza fatica e dopo estenuanti ricerche, sono riuscito in qualche modo a mettere assieme, pare accertato che le cose siano andate più o meno in questo modo. ..<br />Risulterebbe infatti che nella notte dei tempi un essere magico, venuto forse da un altro pianeta, abbia forgiato per i Guriùs che lavoravano quassù per estrarre il ferro dalle miniere, due armi straordinarie, una spada ed una lancia capaci di rendere invincibile chi le usava. Ma i Guriùs erano pacifici, credevano nell’arma della desistenza piuttosto che in quella dell’offesa e non sapevano cosa farsi di armi da guerra. Non volendo tuttavia che le armi di distruzione venissero usate da altri, tennero consiglio per decidere che cosa farne. Prevalse il suggerimento del Druido che consigliò di purificarle, perché il loro maleficio non si diffondesse nel mondo e poi di nasconderle perché nessuno potesse utilizzarle. Si trovò quindi una soluzione intelligente per purificarle e nasconderle allo stesso tempo.<br />Sull’attuale confine italo austriaco, proprio a ridosso della crinale che costringe le gocce di pioggia a separarsi per prendere delle strade assolutamente diverse: le une a scendere nell’Adriatico le altre invece attraverso il Danubio a finire nel Mar Nero, c’era (e c’è ancora!) una sorta di piccolo anfiteatro naturale, all’interno del quale affiora una polla d’acqua. Era una sorgente sacra per i Gurius, credevano infatti avesse il potere di riportare in pace l’animo di chi la beveva. Il Druido propose di immergervi le armi, e poi di coprire il tutto. L’acqua della pace avrebbe vinto per sempre la carica distruttiva delle armi. I Gurius rinunciavano alla loro pace per portare la pace nel mondo!...<br />Con una grande cerimonia alla quale partecipò tutto il popolo del Gurius, una notte di luna piena, di fronte al monte Zermula che brillava come fosse d’alabastro, deposero la spada e la lancia nella sorgente e poi, di giorno in giorno, le coprirono con tutto il materiale di risulta che andavano estraendo dalle miniere.<br />Quando abbandonarono l’altopiano, perché non c’era più ferro da estrarre, al posto dell’anfiteatro naturale, c’era una enorme montagna artificiale fatta con i sassi che avevano estratto. E sotto al grande cumulo c’erano le armi magiche… Il fatto avrebbe dovuto restare un segreto di quelli che si perdono nel fiume del tempo, con la morte dell’ultimo Guriut. Ma, come diceva anche mio nonno, i segreti sono come l’odore della polenta, per quanto tu chiuda imposte e finestre, si diffonde all’esterno, e tutti sanno che in casa si mangia polenta. Allo stesso modo in tutta l’Europa si diffuse la leggenda delle armi magiche dei Guriuts, nascoste sui piani di Lanza. Tuttavia malgrado le continue ricerche nei secoli successivi, nessuno era riuscito a trovarle e neppure si riusciva ad immaginare il luogo ove potevano essere nascoste.<br />La notizia arrivò anche ad Attila, che avendo deciso di invadere l’Italia colse l’occasione per entrare proprio dal passo di Lanza, alla ricerca delle armi magiche che l’avrebbero reso invincibile.<br />“Se ci sono queste armi, io le troverò!” diceva ai suoi salendo al passo dalla valle del Gail. “Se i folletti sono stati tanto furbi nel nasconderle, io sarò più furbo di loro nel ritrovarle.” In effetti quando, appena superato il passo, si vide davanti un enorme montagna che pareva sorta dal terreno circostante per effetto d’un vulcano, intuì al volo che proprio quello era il colpo di furbizia dei Guriuts.<br />“Qui non ci sono vulcani!” disse ai suoi. “E’ evidente che questa è una montagna artificiale. Scavatela. E, se non si tratta di una favola, ritroveremo le armi magiche!...”<br />Diede quindi l’ordine, a tutti i soldati del suo immenso esercito, di riempire gli elmi con i piccoli sassi che avevano scaricato i Guriuts. L’esercito prese ad avanzare come una fiumana che scendeva sui prati di Val Dolce per poi risalire al passo di Zermula e ridiscendere nella valle di Incarojo, passando per il cimitero celtico di Minsincinis. Man mano che l’esercito avanzava, la montagna dei Giurius, diminuiva. Era come se fosse fatta di neve e si stesse sciogliendo al sole di primavera. Erano così numerosi i soldati dell’esercito, che in breve tempo riapparve l’anfiteatro e la fonte sacra dove i Guriuts avevano deposto le armi. Agli ultimi passaggi, Attila volle assistere di persona. Era sicuro che si sarebbero state ritrovate le armi, e non voleva perdere il momento nel quale sarebbero riapparse…<br />In effetti, come si può vedere anche adesso, riemerse una sorgente, dalla quale aveva origine un piccolo ruscello che, dopo un percorso di pochi metri, si inabissava in una caverna. Dall’acqua della fonte, emerse la lancia là dove era stata deposta dal Druido dei Guriuts, ma della spada che avrebbe garantito l’invincibilità a chi la portava, non si trovò traccia. O meglio, si capiva benissimo che l’acqua miracolosa della pace, l’aveva sciolta. Si vedevano distintamente le tracce di ferro lasciate nella sorgente è nel ruscello che spariva nella grotta. Attila ordinò al suo scudiero nano di entrare nella grotta alla ricerca della spada. Ma questi ritornò dopo poco tempo raccontando che la grotta faceva un gomito, ma poi si interrompeva subito dopo pochi metri, e l’acqua si perdeva nella roccia per scendere chissà dove…<br />Per la rabbia il feroce condottiero uccise il nano trafiggendolo con la lancia che aveva appena impugnato. Ma la morte del nano non fece sbollire la delusione per non aver ritrovato la spada, che l’avrebbe reso invincibile. Si può immaginare quali imprecazioni abbia rivolto ai Gurius che avevano distrutto per sempre la spada dell’invincibilità…<br />Scese comunque in Friuli con il grosso del suo esercito, per dare man forte all’avanguardia che aveva mandato in avanscoperta e che già da alcuni mesi stava tentando inutilmente di espugnare Aquileia.<br />“Ma cosa devono fare i soldati dei sassi che hanno raccolto negli elmi?” gli chiesero i generali quando furono nella pianura friulana.<br />“Rifacciamo in pianura la collina che nascondeva la mia lancia,” rispose. “Voglio salirvi in cima, per contemplare da lassù l’incendio di Aquileia, la prima di tante città italiano che andremo a saccheggiare”. E indicò un luogo nella piana tra i torrenti Cormor e Torre che volle si chiamasse con il nome di U-Din. Era il nome dello scudiero che aveva appena ucciso. Pentendosi d’aver ucciso in un momento d’ira il nano che gli aveva allietato tante serate inventandosi le leggende più fantasiose, voleva che restasse perenne il suo nome. Un nome che avrebbe ricordato nei secoli che l’ira ricade a danno di chi l’alimenta. Il povero nano non aveva avuto altra colpa se non quella di non aver ritrovato una spada che non si poteva trovare perché s’era sciolta nell’acqua della sorgente della pace.<br />Mentre il grosso dell’esercito, passando nel luogo indicato, prese a dar forma alla collina artificiale, Attila raggiunse l’esercito appostato attorno ad Aquileia. Si pose subito alla testa ordinando un nuovo attacco alla città. Con la sua lancia magica demolì la torre nord e dalla breccia l’esercito si rovesciò dentro alle mura della città, come si rovescia sulla campagna circostante, un fiume in piena che è riuscito a far breccia in un argine.<br />Lasciati i suoi a divertirsi nel saccheggio della città, Attilà cavalcò di nuovo verso la collina che intanto i suoi soldati avevano formato, e salì sulla cima per godersi lo spettacolo dell’incendio della città romana.<br />Una leggenda racconta che, sul far della sera, una colomba sia uscita dalla città di Aquileia, ed abbia raggiunto Attila, in attesa sulla montagnola artificiale, per annunciargli l’inizio dello spettacolo. Può anche essere, se si vuole credere alle leggende…Certo è che avendo egli dato l’ordine di procedere all’incendio al calare della notte, non aveva bisogno di annunci per avere conferma che il suo ordine sarebbe stato rispettato…E infatti quella sera l’orizzonte del Friuli, a sud verso il mare, divenne una striscia di fuoco. Pareva che la pianura avesse dato vita ad un drago di fuoco dalle mille lingue che si agitava tra il cielo e la terra. Attila si vide come trasformato in quel drago e pensò che gli dei, facendogli ritrovare la lancia magica gli avessero concesso il potere su tutta l’umanità…<br />Ma non aveva trovato la spada…Fu così che quando si trovò davanti a papa Leone ebbe il dubbio che fosse invece questi ad avere la spada di Marte, e decise di rinunciare alla conquista di Roma. Così ho potuto ricostruire i fatti. In verità Attila si era messo ad attendere il papa in atteggiamento provocatorio, con una mano sulla lancia piantata a terra e con l’altra appoggiata all’elsa della spada. Ma il papa, dimostrando di non temerlo, s’era piantato di fronte a lui con analogo atteggiamento di sfida, puntando a terra una strana lancia che finiva in alto con una elsa a forma di croce che portava in rilievo la scultura di un uomo crocefisso. Il barbaro superstizioso pensò che poteva anche trattarsi di una strana lunghissima spada, la spada di Marte appunto, con l’elsa ornata dalla figura magica di un Dio crocefisso…<br />“Deve essere questa l’arma che rende invincibili” pensò il barbaro, impressionato anche dall’imponenza dell’uomo che gli stava di fronte, che non a caso era soprannominato “magno”. Il papa per l’occasione s’era anche vestito con i paramenti sacri, portava un piviale ricamato d’oro ed aveva in testa una enorme mitria dorata e ornata di pietre preziose che gli conferivano l’immagine di una grande forza ed imponenza.<br />Come ho già detto, qualcuno sospetta che il papa avesse con se anche qualcosa d’altro per convincere il barbaro a rinunciare all’idea di conquistare Roma. Ma io ritengo sia stata proprio quella strano oggetto che il papa aveva piantato in terra a mo’ di lancia, a fargli cambiare idea. Attila non poteva sapere che si trattava soltanto di una croce astile…<br />A volte le convinzioni ci influenzano più della realtà…<br />Comunque, come siano andate le cose tra Attila e Papa Leone, è una verità che può interessare soltanto gli storici. Ai carnici interessa maggiormente la verità che il castello dove sedeva il Parlamento del Friuli sia costruito su terra di Carnia. Se questo non è un dato emblematico su cui riflettere… a conferma che ben a ragione la Carnia è stata definita la madre del Friuli!!!...<br />Agli abitanti di Paularo, ed ai turisti che frequentano la valle d’Incarojo, può interessare invece ancor più sapere la fine che ha fatto l’acqua carica delle molecole di ferro della spada miracolosa dei Guriùts... Chi sale ai piani di Lanza, si imbatte ancora oggi nella fonte che poi si insinua nella grotta di Attila, e può constatare senza ombra di dubbio, per i residui lasciati dall’acqua sui sassi del greto, come sia effettivamente un’acqua che trasporta del ferro. Ma per trovare l’acqua ferruginosa non occorre salire fin lassù… L’acqua che, come ha dovuto constatare il nano di Attila, si perde all’interno della grotta, filtra poi tra le rocce del monte Zermula e fuoriesce subito sotto alla borgata di Ravinis, a fianco del cimitero dei Celti a Misincinis, E’ un’acqua che conserva ancora la capacità di ispirare la pace, come faceva all’origine la fonte dei Guriuts ed allo stesso tempo di trasmettere la forza che gli viene dal ferro della spada magica che continua a sciogliersi.<br />Chi la beve ne ricava forza da usare in pace!…<br />E’ la forza che gli uomini imparano ad utilizzare, non contro gli altri, ma in pace con i propri simili, con la natura e con tutto il creato, ed a proprio vantaggio e beneficio. Una forza da utilizzare per esaltare il proprio spirito di intraprendenza e la propria libertà, che deve trovare un limite soltanto nella libertà degli altri. E’ la forza che in passato ha fatto di Paularo la culla di tanti grandi imprenditori, a cominciare da Jacopo Linussio.<br />Da un po’ di tempo, (è più che evidente!), gli abitanti di Paularo non si abbeverano alla fonte dell’acqua ferruginosa. L’hanno sistemata molto bene…oggi l’acqua fuoriesce da un bellissimo mascherone, a ricordo dell’ origine mitica dell’acqua, ma gli uomini hanno smesso di berla e quindi di assorbirne i suoi poteri magici, ossia la capacità di mettere in sintonia la forza con la pace…<br />C’è da augurarsi che i giovani paularini, e i giovani che vengono in ferie nella valle, tornino a prendere l’abitudine di dissetarsi a questa fonte, per fare di Paularo nuovamente un faro dal quale si sprigiona la voglia di intrapresa, e la capacità di coniugare forza e generosità, un faro con il quale illuminare nuovamente tutta la Carnia, come aveva già fatto Jacopo Linussio. </div>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-33715570180018997332009-01-31T10:16:00.001+01:002009-01-31T10:20:30.234+01:00Melie dai vuès.<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_AWmI0vKEtHkbP0MfBA23rmy9SIFY0donYv_J5nkXktl8vmMw6k_cFksrw01jHowC-Bs4O75UqWRqscE4Pv7pmTD6ZWiFZ0kXP1TSWUqeay_qmx1LHMr9jljDvOmyy0SmNZj-x1iQSWd0/s1600-h/100D1566.JPG"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5297385219518490914" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 200px; CURSOR: hand; HEIGHT: 150px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEg_AWmI0vKEtHkbP0MfBA23rmy9SIFY0donYv_J5nkXktl8vmMw6k_cFksrw01jHowC-Bs4O75UqWRqscE4Pv7pmTD6ZWiFZ0kXP1TSWUqeay_qmx1LHMr9jljDvOmyy0SmNZj-x1iQSWd0/s200/100D1566.JPG" border="0" /></a><br /><div align="justify">Già al sentirne il nome, un brivido mi percorreva la schiena... Mèlie dai vuès che in lingua farebbe Amelia delle ossa, mi faceva pensare ad una forza bruta capace di spezzare le ossa, piuttosto che all’abilità che tutti le riconoscevano di rimettere a posto le ossa rotte. Nella valle in realtà, Mèlie sostituiva di fatto il reparto di ortopedia. Quando qualcuno, per qualche incidente, si ritrovava con una gamba o un braccio rotto, od anche con una semplice distorsione, prima di pensare all’ospedale, era normale pensare a lei, alla donna capace di ricomporre le ossa, e solo se lei lo suggeriva, ad estremi mali estremi rimedi, si ricorreva alle cure dell’ortopedico.<br />Qui ci vuole Amelia delle ossa, fu l’unanime sentenza di tutti gli accorsi a constatare cosa m’ero fatto a seguito d’una banale caduta della moto. Io stavo ancora cercando di capire come fosse potuto succedere che, quasi da fermo, la moto mi fosse scivolata via da sotto al sedere, lasciandomi sull’asfalto con un piede che aveva assunto una direzione per nulla naturale rispetto alla gamba. La sorpresa dell’imprevista ed improvvisa caduta, e lo stupore per quel piede divaricato, prendevano tutta la mia attenzione, al punto che non sentivo alcun dolore e le voci delle persone accorse mi giungevano come un brusio indistinto.<br />Mi resi conto della situazione solo quando dal brusio emerse e si definì nella mia mente la frase: qui ci vuole Amelia delle ossa.<br />Evidentemente quella posizione innaturale del piede stava a significare che s’era rotto qualcosa, se attorno a me tutti ritenevano indispensabile l’intervento della donna capace di riparare le ossa.<br />Avrei potuto dire, che preferivo essere portato direttamente in ospedale. Ma alla fin fine anch’io ero pur sempre un uomo della valle, e le leggende della valle riportavano infiniti casi di persone rimaste zoppe o sciancate per non aver voluto ricorrere alle cure di Amelia. Si narrava persino di casi in cui la donna aveva dovuto rompere nuovamente gli arti che erano stati riparati male in ospedale, con terribili sofferenze per i malcapitati. Io male ancora non ne sentivo, ma certamente non mi avrebbe fatto piacere vivere il resto della vita, con quel piede così terribilmente rivolto verso l’esterno<br />In effetti tutte le volte che in passato avevo sentito i racconti della leggenda d’Amelia, professandomi scettico e moderno allo stesso tempo, avevo sempre sostenuto che se mai (tocca ferro!) mi fosse capitato qualcosa alle ossa, sarei ricorso alle cure d’uno specialista e non d’una fattucchiera. Ma lì, in mezzo alla piccola folla accorsa, mentre ero ancora a terra frastornato ed incapace di rendermi conto di come avessi potuto cadere così stupidamente, sullo scettico vinse l’uomo della valle. ed accettai la proposta d’un amico che s’era offerto di accompagnarmi in macchina dall’Amelia delle ossa.<br />Mi sentivo come il miscredente che dopo essersi proclamato tale per tutta la vita, capendo d’essere in punto di morte, accetta la proposta della moglie che vuole mandare a chiamare il prete. Si ha un bel credere alla scienza, ma quando non c’è più speranza, anche il tentativo più irrazionale acquista un senso!... E quel piede così fuori posto, per me che fortunatamente non avevo mai avuto modo di fare esperienze ortopediche, era qualcosa che aveva necessità d’un intervento miracoloso, per poter tornare allo stato naturale.<br />La leggenda di Amelia delle ossa veniva raccontata con mille particolari sulle sue caratteristiche fisiche, su dove viveva, su cosa faceva, su quando e come aveva imparato quella capacità quasi taumaturgica, di rimettere a posto le ossa rotte. Ma, appunto, era una sorta di leggenda... Erano elementi a cui avevo prestato l’attenzione che si dà ai particolari con i quali viene di solito allestita una favola nel racconto d’un narratore fantasioso. Quando l’amico fermò la macchina davanti alla casa di Amelia, mi resi conto che almeno per quanto si riferiva alla casa d’abitazione, la realtà superava ogni immaginazione.<br />L’impianto era quello d’una casa tipica casa carnica. Due arcate molto basse al piano terreno e poi un sistema complesso di scale e di poggiolo in legno a vista che portavano ai piani superiori, che lasciavano appena intravvedere la muratura di pietra. In mezzo alle altre case rimesse a nuovo ed intonacate sembrava veramente un errore del tempo che s’era dimenticato di cancellare quello strano ricordo di modi di vivere ormai dimenticati. L’interno era ancora più originale, ma non lo sto a descrivere, perchè ciò che vorrei raccontare non è tanto il mio primo incontro con Melie dai vuès, quanto il seguito. Nel mio primo incontro si rivelò pari alla fama. Mi unse il piede con unguenti dagli strani odori e me lo rimise a posto senza quasi farmi provare dolore. Mi raccomandò di tenerlo fasciato a di ritornare dopo un mese perchè voleva controllare se tutto fosse tornato a posto.<br />Mentre l’assicuravo che avrei fatto tutto secondo le sue raccomandazioni e che sarei tornato per la visita di controllo, mi interruppe per chiedermi: “E’ lei quello che, ho sentito dire, s’interesse dei Celti?”<br />“Si, sto cercando di raccogliere leggende che in qualche modo li riguardino.”<br />“Ne parleremo la prossima volta.” E mi lasciò così per un mese intero a pensare di quali originali racconti poteva essere depositaria la vecchia. Pochi giorni prima dello scadere del trentesimo fissato per la visita di controllo, passai per chiederle a che ora le andava bene di ricevermi.<br />“Alle otto di sera!” Mi disse senza alcun commento.<br />La strana casa, l’originale vecchia, l’ora insolita per una visita che pur doveva essere una visita medica...confesso che entrai in agitazione nell’attesa del giorno fissato...E ce n’era ben donde!!!<br />Dentro la casa era costituita da una grande cucina-sala da pranzo con un grande tavolo di noce in mezzo, un grande lavello di pietra sulla parete a sinistra con appesi ancora di secchi “cjaldìers” di rame con i quali si andava a prendere l’acqua alla fontana, quando non c’erano ancora gli acquedotti a portare l’acqua in casa. Di fronte si apriva un vano più stretto con il focolare al centro. Era un focolare di quelli di cui resta memoria solo nei libri, senza la cappa. Sui tre lati girava una panca di legno con lo schienale alto, e in mezzo, su un rialzo di un metro per un metro per l’altezza della panca, ardeva il fuoco. Mancando la cappa il fumo saliva libero per raccogliersi sul soffitto ed uscire da un una apertura che dava direttamente sull’esterno.<br />Al mio bussare, al mio saluto, aveva risposto con quello che m’era parso più un grugnito che il saluto d’una voce umana. Stava seduta sul lato sinistro del focolare e non s’era mossa per venirmi incontro, per venirmi a salutare. Non mi disse neppure di sedermi. Per togliermi in qualche modo dall’imbarazzo, chiesi se potevo sedermi. Continuava a guardare il fuoco, senza rispondermi. Lo presi per un silenzio assenso e mi sedetti sulla panca di fronte a lei, dall’altra parte del fuoco.<br />Inquadravo il suo viso poco sopra le fiamme d’un fuoco che ardeva vigoroso, tra il fumo nel quale si scioglieva la fiamma. Era segnato da rughe profonde. I capelli bianchi erano in parte nascosti da un fazzoletto nero che pareva soltanto posato sulla testa, con le estremità piegate di sopra, come usava ancora anche mia nonna. Un grande scialle nero le copriva le spalle e si incrociava davanti coprendole il petto. Era tutta assorta nel guardare il fuoco e sembrava non s’accorgesse neppure che la stavo scrutando, pareva anzi si fosse già quasi dimenticata della mia presenza, tutta presa da chissà quali pensieri. Continuavo a fissarla, quasi volessi fissarmi in testa i particolari della sua immagine, e il fumo che saliva tra me e lei, era come un filtro che dava sempre sfumature nuove e diverse al suo volto.<br />Sulla sua immagine filtrata attraverso il fumo mi persi come ci si perde nel sonno mentre si sta leggendo un libro. La sua immagine svanì nel fumo e mi ritrovai nel sogno... Già al sentirne il nome, un brivido mi percorreva la schiena... Mèlie dai vuès che in lingua farebbe Amelia delle ossa, mi faceva pensare ad una forza bruta capace di spezzare le ossa, piuttosto che all’abilità che tutti le riconoscevano di rimettere a posto le ossa rotte. Nella valle in realtà, Mèlie sostituiva di fatto il reparto di ortopedia. Quando qualcuno, per qualche incidente, si ritrovava con una gamba o un braccio rotto, od anche con una semplice distorsione, prima di pensare all’ospedale, era normale pensare a lei, alla donna capace di ricomporre le ossa, e solo se lei lo suggeriva, ad estremi mali estremi rimedi, si ricorreva alle cure dell’ortopedico.<br />Qui ci vuole Amelia delle ossa, fu l’unanime sentenza di tutti gli accorsi a constatare cosa m’ero fatto a seguito d’una banale caduta della moto. Io stavo ancora cercando di capire come fosse potuto succedere che, quasi da fermo, la moto mi fosse scivolata via da sotto al sedere, lasciandomi sull’asfalto con un piede che aveva assunto una direzione per nulla naturale rispetto alla gamba. La sorpresa dell’imprevista ed improvvisa caduta, e lo stupore per quel piede divaricato, prendevano tutta la mia attenzione, al punto che non sentivo alcun dolore e le voci delle persone accorse mi giungevano come un brusio indistinto.<br />Mi resi conto della situazione solo quando dal brusio emerse e si definì nella mia mente la frase: qui ci vuole Amelia delle ossa.<br />Evidentemente quella posizione innaturale del piede stava a significare che s’era rotto qualcosa, se attorno a me tutti ritenevano indispensabile l’intervento della donna capace di riparare le ossa.<br />Avrei potuto dire, che preferivo essere portato direttamente in ospedale. Ma alla fin fine anch’io ero pur sempre un uomo della valle, e le leggende della valle riportavano infiniti casi di persone rimaste zoppe o sciancate per non aver voluto ricorrere alle cure di Amelia. Si narrava persino di casi in cui la donna aveva dovuto rompere nuovamente gli arti che erano stati riparati male in ospedale, con terribili sofferenze per i malcapitati. Io male ancora non ne sentivo, ma certamente non mi avrebbe fatto piacere vivere il resto della vita, con quel piede così terribilmente rivolto verso l’esterno<br />In effetti tutte le volte che in passato avevo sentito i racconti della leggenda d’Amelia, professandomi scettico e moderno allo stesso tempo, avevo sempre sostenuto che se mai (tocca ferro!) mi fosse capitato qualcosa alle ossa, sarei ricorso alle cure d’uno specialista e non d’una fattucchiera. Ma lì, in mezzo alla piccola folla accorsa, mentre ero ancora a terra frastornato ed incapace di rendermi conto di come avessi potuto cadere così stupidamente, sullo scettico vinse l’uomo della valle. ed accettai la proposta d’un amico che s’era offerto di accompagnarmi in macchina dall’Amelia delle ossa.<br />Mi sentivo come il miscredente che dopo essersi proclamato tale per tutta la vita, capendo d’essere in punto di morte, accetta la proposta della moglie che vuole mandare a chiamare il prete. Si ha un bel credere alla scienza, ma quando non c’è più speranza, anche il tentativo più irrazionale acquista un senso!... E quel piede così fuori posto, per me che fortunatamente non avevo mai avuto modo di fare esperienze ortopediche, era qualcosa che aveva necessità d’un intervento miracoloso, per poter tornare allo stato naturale.<br />La leggenda di Amelia delle ossa veniva raccontata con mille particolari sulle sue caratteristiche fisiche, su dove viveva, su cosa faceva, su quando e come aveva imparato quella capacità quasi taumaturgica, di rimettere a posto le ossa rotte. Ma, appunto, era una sorta di leggenda... Erano elementi a cui avevo prestato l’attenzione che si dà ai particolari con i quali viene di solito allestita una favola nel racconto d’un narratore fantasioso. Quando l’amico fermò la macchina davanti alla casa di Amelia, mi resi conto che almeno per quanto si riferiva alla casa d’abitazione, la realtà superava ogni immaginazione.<br />L’impianto era quello d’una casa tipica casa carnica. Due arcate molto basse al piano terreno e poi un sistema complesso di scale e di poggiolo in legno a vista che portavano ai piani superiori, che lasciavano appena intravvedere la muratura di pietra. In mezzo alle altre case rimesse a nuovo ed intonacate sembrava veramente un errore del tempo che s’era dimenticato di cancellare quello strano ricordo di modi di vivere ormai dimenticati. L’interno era ancora più originale, ma non lo sto a descrivere, perchè ciò che vorrei raccontare non è tanto il mio primo incontro con Melie dai vuès, quanto il seguito. Nel mio primo incontro si rivelò pari alla fama. Mi unse il piede con unguenti dagli strani odori e me lo rimise a posto senza quasi farmi provare dolore. Mi raccomandò di tenerlo fasciato a di ritornare dopo un mese perchè voleva controllare se tutto fosse tornato a posto.<br />Mentre l’assicuravo che avrei fatto tutto secondo le sue raccomandazioni e che sarei tornato per la visita di controllo, mi interruppe per chiedermi: “E’ lei quello che, ho sentito dire, s’interesse dei Celti?”<br />“Si, sto cercando di raccogliere leggende che in qualche modo li riguardino.”<br />“Ne parleremo la prossima volta.” E mi lasciò così per un mese intero a pensare di quali originali racconti poteva essere depositaria la vecchia. Pochi giorni prima dello scadere del trentesimo fissato per la visita di controllo, passai per chiederle a che ora le andava bene di ricevermi.<br />“Alle otto di sera!” Mi disse senza alcun commento.<br />La strana casa, l’originale vecchia, l’ora insolita per una visita che pur doveva essere una visita medica...confesso che entrai in agitazione nell’attesa del giorno fissato...E ce n’era ben donde!!!<br />Dentro la casa era costituita da una grande cucina-sala da pranzo con un grande tavolo di noce in mezzo, un grande lavello di pietra sulla parete a sinistra con appesi ancora di secchi “cjaldìers” di rame con i quali si andava a prendere l’acqua alla fontana, quando non c’erano ancora gli acquedotti a portare l’acqua in casa. Di fronte si apriva un vano più stretto con il focolare al centro. Era un focolare di quelli di cui resta memoria solo nei libri, senza la cappa. Sui tre lati girava una panca di legno con lo schienale alto, e in mezzo, su un rialzo di un metro per un metro per l’altezza della panca, ardeva il fuoco. Mancando la cappa il fumo saliva libero per raccogliersi sul soffitto ed uscire da un una apertura che dava direttamente sull’esterno.<br />Al mio bussare, al mio saluto, aveva risposto con quello che m’era parso più un grugnito che il saluto d’una voce umana. Stava seduta sul lato sinistro del focolare e non s’era mossa per venirmi incontro, per venirmi a salutare. Non mi disse neppure di sedermi. Per togliermi in qualche modo dall’imbarazzo, chiesi se potevo sedermi. Continuava a guardare il fuoco, senza rispondermi. Lo presi per un silenzio assenso e mi sedetti sulla panca di fronte a lei, dall’altra parte del fuoco.<br />Inquadravo il suo viso poco sopra le fiamme d’un fuoco che ardeva vigoroso, tra il fumo nel quale si scioglieva la fiamma. Era segnato da rughe profonde. I capelli bianchi erano in parte nascosti da un fazzoletto nero che pareva soltanto posato sulla testa, con le estremità piegate di sopra, come usava ancora anche mia nonna. Un grande scialle nero le copriva le spalle e si incrociava davanti coprendole il petto. Era tutta assorta nel guardare il fuoco e sembrava non s’accorgesse neppure che la stavo scrutando, pareva anzi si fosse già quasi dimenticata della mia presenza, tutta presa da chissà quali pensieri. Continuavo a fissarla, quasi volessi fissarmi in testa i particolari della sua immagine, e il fumo che saliva tra me e lei, era come un filtro che dava sempre sfumature nuove e diverse al suo volto.<br />Sulla sua immagine filtrata attraverso il fumo mi persi come ci si perde nel sonno mentre si sta leggendo un libro. La sua immagine svanì nel fumo e mi ritrovai nel sogno...<br />Correvamo, lei davanti ed io, dietro sulla mulattiera che da Malga sale attraversando il bosco..Correvamo ma senza muover le gambe, come due ombre trasportate dal vento, sfiorando appena la pedrata. Prima di allora avevo fatto una sola volta quel percorso, per andare in malga ed al Crist di Val. Il sentiero sale ripido, avevo fatto molta facita. Ora invece come volando sul sentiero, senza fare alcuna fatica stavo rifacendo con la velocità del lampo lo stesso percorso. Ed in un baleno entrai con lei che mi faceva da guida per la seconda volta nella valle dove c’è malga Val. La volta precedente mi aveva colpito la malga realizzata in blocchi di marmo rosso, squadrati alla perfezione. Ma ora mi pareva che la malga fosse sparita .... Tutta la conca ai piedi del monte Verzegnis, era illuminata da uno strano chiarore come se fosse una notte di luna piena, o meglio come nel chiarore lattiginoso del buio che precede un grande temporale. C’era una folle enorme che come in una teatro riempiva tutta la valle ed anche i pascoli in alto, fino sotto alle rocce. Come quando a primavera un prato si riempie di fiori sì che non si riesce più a vedere il verde del prato. Ma erano fiori senza colore, d’un bianco sporco, come gigli appassiti, petali sparsi alla rinfusa prima che marcissero del tutto.<br />La mia guida non mi fece scendere in mezzo a quelle figure evanescenti, ma prese subito a salire per il sentiero che porta alla grotta del Crist. Già nella mia gita precedente avevo visitato quella grotta. Situata in alto sulla parete all’ingresso della valle, prende il nome da un crocefisso che è stato scolpito nella roccia. Nel secolo scorso quando si viveva di agricoltura, avevo letta che era stata più volte meta di pellegrinaggi per implorare la pioggia, a ristorare i campi dove il sole stava bruciando i già poveri raccolti di granoturco e patate. Ci arrivammo in un attimo come due refoli di nebbia che il vento ha staccato dalla nebbia che riempie la valle. E da lassù la valle sembrava veramente ricoperta da un trine di nebbia...<br />C’era qualcuno nella grotta che ci attendeva, come se il nostro arrivo fosse stato preannunciato, come se la mia guida fosse attesa, perchè aveva un ruolo nella scena che era stata preparata nella valle e che aveva fatto accorrere tutte quelle presenze. Non mi presentò, come se anche la mia presenza fosse scontata e normale. Cercai l’immagine del Cristo che avevo visto nella mia precedente visita ma non c’era. L’avrei dovuto vedere, perchè al centro della grotta era acceso un grande fuoco come quello che avevo appena visto nella casa di Amelia. Le lingue di fuoco si riflettevano sulle pareti rischiarandole e dando l’impressione che si muovessero. Non era più una grotta ma qualcosa di vivo come se la montagna fosse un enorme essere vivente, una donna gigantesca, e la grotta fosse diventata la sua vulva.<br />Senza avere il coraggio di chiederle niente, mi voltai verso Amelia, cercando spiegazioni di ciò che mi stava accadendo. Non so se per rispondermi o perchè faceva parte del cerimoniale intonò una nenia lugubre come un “dies irae”, e la valle gli faceva eco come se tutte le presenze che avevo intuito più che visto, popolare la valle, rispondessero in coro.<br />Fuoco dio Lug-Beleno,<br />penetra la Madre terra,<br />falla vibrare con il tuo amore<br />perchè torni a generare,<br />entri in lei l’umore del vostro incontro,<br />e la bagni perchè riviva e dia frutto.<br />Come se mi fossi addormentato su un libro ed avessi sognato del libro stesso, mi risvegliai, guardando al fuoco nella casa di Amelia, come se fosse lo stesso fuoco della grotta del Crist. Mi guardai attorno, sorpreso nel non vederla dove l’avevo lasciata, sulla panca di fronte. Avrei dovuto chiamarla, avrei dovuto salutarla. Invece ricordando il sogno, mi prese la paura. Uscii in fretta ed in silenzio...Sicuro d’una cosa sola che non mi sarei fatto più vedere in quella casa, da quella strega, neppure nella malaugurata ipotesi d’una nuova frattura alle ossa...<br />Ho ripensato poi più volte a ciò che mi era capitato chiedendomi se anch’io con Amelia aveva fatto un “viaggio dell’anima” come sono capaci di fare gli uomini nati con la camicia. Non so. Forse lei era capace di un tanto, ed aveva usato i suoi poteri perchè la potessi seguire. Perchè non mi aveva voluto spiegare niente? Forse perchè era evidente la simbologia di ciò che mi aveva fatto vivere.<br />Quando il mio amico Enore mi raccontava di quando bambino la mamma lo portava in processione a pregare il Crist di Val, inconsciamente lo portava a pregare perchè Dio rendesse fertile la natura. Era solo cambiata la prospettiva. Si chiedeva al Dio del cielo di far piovere “Rorate caeli desuper ed nubes pluant iustum” “Stillate cieli dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia” mi diceva il mio amico che si usava cantare. Confondendo il Giusto o la giustizia del canto d’avvento, che riporta le parole del profeta Isaia, con la pioggia. Ma in fondo era proprio un atto di giustizia che si chiedeva, chiedendo che non andasse sprecato tutto il lavoro fatto a primavera per dar da mangiare ai figli.<br />I Celti invece chiedevano che fosse il Dio dall’interno a fecondare la natura. Forse Amelia era una sciamana e aveva voluto portarmi a toccare con mano la continuità tra la religiosità dei Celti e quella cristiana, a farmi capire come molta delle religiosità celtica sia stata in qualche modo incorporata, prendendo forme e simboli cristiani, nel substrato culturale del popolo dei Carni. </div>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-37073995292578360922008-12-15T11:05:00.001+01:002017-10-26T09:39:49.663+02:00L'addio di Pilato a Saulo.<em>Commentando il mio romanzo "La verità ci rende liberi" che ha come protagonista Pilato un internauta mi ha consigliato la lettura del Maestro e Margherita di Bulgakov. Il suggerimento è intelligente, e lo ringrazio, ma l'avevo preceduto, al punto di inserire una pagina copiata da Bulgakov nel mio romanzo (denunciando il fatto in nota). Riporto per lui il brano del romanzo, invitandolo a scoprire dove inzia e finisce la citazione di Bulgakov.</em><br />
<em>Da "La verità ci rende liberi" cap. 23 - L'addio a Pilato.</em><br />
<br />
Ma se Pilato aveva convocato d’urgenza Saulo prima di partire, non lo aveva fatto per discutere su come il nuovo discepolo aveva intenzione di impostare la diffusione del Vangelo. Prima di partire avrebbe voluto per l’ultima volta cercare di capire l’essenza di quel messaggio, cercare di darsi una risposta alla domanda che gli si era fissata nella mente da quella maledetta sera: “Che cosa è la verità”.Era venuto malvolentieri in Palestina. Aveva considerato l’incarico una sorta di punizione, se non di condanna. Aveva vissuto quegli anni nella speranza e nell’attesa d’un nuovo incarico, ed ora che l’incarico era arrivato, gli dispiaceva quasi di dover partire.Alle volte girando nel deserto, la veste si impiglia negli arbusti, dovendo proseguire, la veste si strappa e in quel brandello di veste è come se restasse qualcosa di noi. Quella domanda senza risposta era come un brandello di sé, rimasto nel deserto della Palestina. Anche se fosse finito a governare tra le nevi della Britannia, quella domanda rimasta impigliata tra le spine della Palestina, l’avrebbe inseguito fino alla morte. A meno che non fosse riuscito a darsi una risposta.Prima dell’arrivo di Saulo c’era stato un violento temporale, ma adesso il sole era tornato su Gerusalemme e, prima di andare ad affogare nel Mediterraneo inviava raggi di addio alla città odiata dal governatore e indorava i gradini dell’ingresso del palazzo. La fontana del cortile si era completamente ripresa e cantava a piena voce, i colombi erano ritornati sulla sabbia del cortile, tubavano, saltavano i rami rotti dalla furia del temporale, beccavano qualcosa nella sabbia bagnata. Sul tavolo preparato sotto il fresco del porticato, fumava un piatto di carne.“Ma cosa vuoi che ti dica che non ti abbia già detto?” disse Saulo avvicinandosi al tavolo assieme a Pilato.“Nulla finchè non ti sarai seduto ed avrai bevuto un po’ di vino,” rispose gentilmente Pilato, sdraiandosi, e indicò l’altro letto. Saulo si sdraiò e un servo gli versò del denso vino rosso. Un altro servo, chinandosi con cautela sulla spalla di Pilato, riempì la coppa del governatore. Poi questi allontanò i due servi con un gesto.Mentre Saulo mangiava e beveva, Pilato, sorseggiando il vino lo guardava attraverso le palpebre socchiuse. Avrebbe voluto entrare nella sua mente, capire che cosa veramente intendeva quando parlava d’essere stato illuminato.Saulo non rifiutò neppure una seconda coppa di vino, inghiottì con evidente soddisfazione un paio di ostriche, assaggiò la verdura lessa, mangiò un pezzo di carne. Saziatosi, lodò il vino:“Ottimo vitigno, governatore, ma non è Falerno?”“Cecubo di trenta anni,” replicò affabile Pilato.Saulo si mise una mano sul cuore, rifiutò di mangiare altro, affermò di essere sazio. Allora Pilato riempì la propria coppa, l’ospite lo imitò. Entrambi rovesciarono un po’ di vino nel vassoio e il procuratore disse a voce alta, alzando la coppa:“Per noi, per te, Cesare, padre dei romani, il più caro e il più buono degli uomini!”Dopo queste parole vuotarono la coppa e gli schiavi africani tolsero le pietanze dal tavolo lasciandovi la frutta e le caraffe. Di nuovo il procuratore li allontanò con un gesto, e rimase solo con il suo ospite nel porticato del palazzo. Solo allora Saulo notò che sul tavolo c’era una terza coppa.“Per chi è?” chiese incuriosito, immaginando che dovesse arrivare qualcun altro.“Per nessuno,” rispose serio Pilato. “E’ questa coppa il motivo per cui ti ho fatto chiamare. Non te ne avevo mai parlato. Ma forse non è un caso che sia qui… Forse la verità è come un mosaico, fatto di tante piastrine in se insignificanti, ma che ricomposte formano una figura. Me l’ha data Pietro uno dei seguaci di Jeshù, arrestato con lui in quella famosa notte. Ho visto che ci teneva, ma pur di salvarsi quella notte mi avrebbe consegnato anche sua madre. Mi ha raccontato che era la coppa nella quale Jeshù aveva bevuto la sera prima, accompagnando il gesto con delle parole misteriose.”<br />
<a href="http://www.blogger.com/post-create.g?blogID=3624279502319252838#_ftnref1" name="_ftn1" style="mso-footnote-id: ftn1;" title=""><em>[1]</em></a><em> La scena è una citazione-copia dal Maestro e Margherita di Bulgakov</em>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-62449000202736950832008-12-10T15:39:00.001+01:002008-12-10T18:24:43.438+01:00La fine dei Carni.<a href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiw8KSTW8UBhaDWJwuBt21PHa2oARrd757ufDPkUgIvroeujwUT4v8DlZG1lcWPyGf2V4sYD7VMX_CY655jrhRcEQ759ieYDHV9mvK4lmcxazW953HkJpLkR1ft09TrftI2rXA04tc7Pj-C/s1600-h/Boopen+001.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5278213324661020322" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; WIDTH: 320px; CURSOR: hand; HEIGHT: 233px" alt="" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEiw8KSTW8UBhaDWJwuBt21PHa2oARrd757ufDPkUgIvroeujwUT4v8DlZG1lcWPyGf2V4sYD7VMX_CY655jrhRcEQ759ieYDHV9mvK4lmcxazW953HkJpLkR1ft09TrftI2rXA04tc7Pj-C/s320/Boopen+001.jpg" border="0" /></a><br /><div>Continuano a dirmi che le storie che scrivo sui Celti in Carnia me le sto inventando. Giuro che non è vero, che parto sempre da qualche documento. Ma nessuno mi crede. Non ho quindi grandi speranze che mi si presti fede su questo importante ritrovamento che ho fatto in una vecchia casa di Formeaso, o per l’esattezza in un rustico adiacente. Il proprietario aveva incaricato una Ditta di provvedere a rifondare l’edificio. Gli operai scavando nello scantinato, solo per caso riuscirono ad evitare un grave incidente sul lavoro. D’un tratto un pezzo del pavimento era crollato, mettendo alla luce l’esistenza di un altro piano interrato. Passato lo spavento per il rischio evitato di finire di sotto, gli operai hanno urgentemente l’impresario. Questi pensò che si dovesse andar sotto a vedere, non fosse altro perché si doveva pensare ad una variante per rimediare all’imprevisto. Si fece calare personalmente. “E’ solo una piccola grotta” disse da laggiù. “La si può riempire con una betoniera di calcestruzzo e il problema è subito risolto, senza neppure scomodare l’ingegnere direttore dei lavori”. Alla sera avvertì della cosa il proprietario, spiegandogli di come era stato efficiente nel risolvere l’imprevisto…”s’immagini se l’avesse saputo la Soprintendenza!..”Ho comunque controllato, prima di riempirla, se c’era qualcosa nella grotta, ma ho trovato solo questo recipiente arruginito che comunque le ho recuperato”.<br />Il mio amico s’era così trovato tra le mani una sorta di piccolo secchio chiuso con il coperchio. Avrebbe voluto inveire contro l’impresario che preso quella stupida decisione senza informarlo. Ma se la grotta era già stata riempita di calcestruzzo non c’era più nulla da fare. Non senza fatica riuscì ad aprire il secchio e si trovò tra le mani un rotolo di pergamena. Quando mi chiamò a vedere il reperto gli dissi che avrebbe dovuto consegnarlo alla Soprintendenza. Convenni con lui che sarebbe però scoppiato un casino. “Roba da finire in galera, per uno stupido di impresario!…”<br />Mi lasciò la pergamena per alcuni giorni e riuscii a trascriverla integralmente. Era scritta in latino e vi si parlava della conquista definitiva della Valle del But da parte dei Romani e della definitiva sottomissione dei Celti al potere di Roma. E’ vero che ho fatto l’insegnante di latino e quindi avrei anche potuto tradurla alla lettera, ma a me sono sempre piaciute le traduzioni libere nelle quali il traduttore reinterpreta il testo, mettendoci anche qualcosa di suo, e così ho reinterpretato liberamente anche la pergamena di Formeaso. Non ho competenze sufficienti per stabilire a che epoca risalisse, ma giurerei che è stata scritta all’epoca dei fatti che racconta, e quindi al secondo secolo dopo Cristo.<br />Racconto di come i Carni si sono infine sottomessi al potere di Roma. Così titolava la pergamena, e si capisce subito che è un racconto di parte, fatto da un carnico che non può non riconoscere la fine dell’autonomia del Carni, ma che la vuol far passare quasi come una decisione dei Carni, piuttosto che il risultato di una sconfitta militare. Da come sono andate le cose, almeno nel suo racconto, non credo abbia tutti i torti.<br />E’ vero che il trionfo per la vittoria sui Gallo-Carni l’aveva celebrato il console Emilio Scauro nel a.C. E’ vero che già da quei tempi la valle del But era stata occupata dai Romani che avevano costituito un loro avamposto tra Zuglio e Formeaso per presidiare la strada che portava al passo di Monte Croce. Ma è anche vero che la conquista si limitava al fondovalle e che sulle montagne della Carnia continuavano ad abitare indisturbati i Carni. Pare accertato anzi che tra i due popolo per un diversi secoli si fosse stabilita una sorta di pacifica convivenza.<br />Ci fu un periodo quindi nel quale la Carnia era divisa in due parti: quella romana nel fondovalle e la Carnia libera dei Celti sulle montagne. Cerano due sistemi di viabilità, una romana di fondovalle, ed una celtica in quota. E’ stato evidentemente il periodo più importante per la storia della Carnia, quello nel quale, come in un crogiuolo si sono fuse due civiltà, quella celtica e quella romana, per dare vita ad una civiltà ed una cultura nuova, assolutamente originale, derivata dall’incrocio e dalla fusione lenta tra le due culture precedenti così profondamente diverse.<br />Ma quando nella prima metà del Trecento, Costantino decise di creare un nuovo collante per l’impero facendo della religione cristiana una religione di stato, si pose il problema di unificare sotto lo stesso Dio tutti i popoli dei territori dell’Impero romano. Anche in Carnia si pose quindi il problema di conquistare-convertire i Carni che sulle montagne continuavano ad adorare Beleno.<br />Nel 370 l’imperatore Valentiniano che si era dedicato con energia alla sistemazione dei confini, volendo rafforzare il collegamento con il Norico, decise di intervenire da un lato migliorando la viabilità nella valle del But, dall’altro sottomettendo tutto il territorio. Della scelta di migliorare la viabilità resta traccia su una lapide a Monte Croce Carnico che ricorda gli interventi fatti nel 373 dal curatore Apinio Programmatio che aveva aperto nuovi tratti di strada. Della scelta di procedere alla conquista definitiva dà atto la nostra pergamena, che trova conferma nella storia ufficiale dell’Imperatore Valente (364-375) che morì per un colpo apoplettico il 18 novembre 375 a Brigezio (Szony in Ungheria) mentre era impegnato a difendere dai Quadi iconfini orientali dell’Impero..<br />Al mese di agosto dello stesso anno della sua morte risalgono le vicende narrate nella pergamena. Transitando per la valle con l’esercito per andare in Ungheria aveva infatti deciso di fermarsi qualche giorno a Julium Carnicum per fare una spedizione sulla montagne e ottenere la definitiva sottomissione dei Carni. Erano proprio i giorni in cui i Carni festeggiavano la festa di Lugnasad. Come si racconta anche nel libro” I Celti ritornano”, i Carni erano soliti fare festa tutti assieme ogni anno in una località diversa. Quell’anno la festa doveva tenersi nella valle del Ciaroj.<br />Valentiniano si accampò con le sue legioni a Julium Carnicum e pensò di approfittare del fatto che per la festa di mezza estate si radunavano tutti i capi proprio nella valle di fronte. Gli sarebbe stato facile catturarli per farli prigionieri e conquistare definitivamente la Carnia.<br />Nell’attesa diede anche ai suoi legionari la libertà di darsi alle feste in onore di Bacco.<br />A Julium Carnicum si festeggiava Bacco con il vino che le truppe romane avevano al seguito, nella valle del Cjaroi si festeggiava Beleno con una infinita varietà di idromele!<br />I Celti iniziarono i festeggiamenti già il venerdì, giornata dedicata alla religione ed alla cultura e alla sera mentre impazzavano le musiche celtiche in ogni villaggio della valle, dai luoghi prominenti della valle venivano lanciate le “cidules” infuocate accompagnate da versi in onore di Beleno.<br />Il sabato la festa dilagò e la valle fu tutta piena di suoni e di colori. Nella notte in tutti i paesi, ma anche nei casolari sparsi e fino in alto negli alpeggi, si accesero i falò incendiando le mede costruite con le fascine che avevano meravigliato a suo tempo anche Cesare.<br />La domenica secondo la tradizione scesero tutti ad Arta a purificarsi alla fonte d’acqua pudia. Fu allora che Valentiniano mosse l’esercito da Julium Carnicum ad Arta.<br />Praticamente non ci fu scontro. I legionari si mescolarono ai Celti, i capi dei Celti si incontrarono con l’imperatore e presero atto che non ci potevano essere due Carnie una del fondovalle ed una delle montagne, ed accettarono di sottomettersi alla dominazione romana.</div>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-63835957429526899852008-07-21T19:58:00.000+02:002008-07-21T19:59:32.817+02:00Lo Sbilf di Davài.C’è chi sostiene che Sbilfs e Gans sono la stessa cosa, addirittura che i due termini sono sinonimi. Nulla di più falso! Se non fossi così disordinato potrei anche trovare nel mio studio i documenti che attestano questa diversità. Ma visto il disordine che regna la ricerca potrebbe risultare inutile. Chiedo dunque mi si creda sulla parola. Nella valle del Degano i Gans, come si è già visto per l’altopiano di Lauco, avevano occupato il versante sinistro della valle, gli sbilfs si erano attestati preferibilmente su quello destro, ed in particolare sull’altopiano di Pani, sopra Raveo. Non è che la separazione fosse assoluta, ed infatti la vicenda dello sbilf di Davai di cui vi voglio parlare, si riferisce ad uno sbilf che aveva attraversato il fiume ed si era insediato sul terrazzo dove ai nostri tempi sorge il cimitero della Frazione di Avaglio del Comune di Lauco.<br /> E’ noto che gli sbilf amano i luoghi ove si sente il respiro della valle sottostante e per sentire la valle del Degano il costone su cui è stato posto il cimitero è veramente eccezionale. I carnici di oggi utilizzano i posti più panoramici per costruirci i cimiteri, nell’idea di passare la vita eterna a sentire il respiro della valle. Gli sbilf, molto più pratici, pensavano che si dovessero godere in vita le bellezze del paesaggio e della natura. Per questo il nostro sbilf s’era costruito un rifugio proprio sul ciglio dello strapiombo da cui si diparte il terrazzo naturale sul quale si è sviluppato il paese di Davài. Così in lingua originale, Avaglio invece, come in qualche momento della sua storia il nome è stato tradotto da qualche scrivano ignorante.<br />Come casa uno sbilf non aveva bisogno di granchè…Il nostro aveva raccolto alcune stoppie di granoturco nei campi vicini, ed aveva realizzato un piccolo covone, come quelli che si vedono d’autunno in giro per i campi della Carnia. Su un lato aveva lasciato una piccola apertura che di notte chiudeva con un fascio di stoppie a mo’ di porta. Tutto qui…oltre naturalmente ad un comodo pagliericcio, ricavato con le foglie delle pannocchie di granoturco…quelle che, per capirci, anche gli umani usano per riempire i “paiòns” cioè i rudimentali materassi sui quali passano le notti.<br />Ma perché s’era andato a collocare proprio lì, venendo dagli altipiani opposti di Pani e Valdie? Lo capirono subito le donne di Davài che andavano al lavatoio posto all’uscita del paese: era un guardone maniaco! Se ne stava tutto il giorno a guardarle mentre lavavano i panni. Non è che ci fosse granchè da vedere. A quel tempo le donne non usavano le minigonne, ma al lavatoio per non sporcare le lunghe gonne fino ai piedi, erano solite tirarle su quasi fino al ginocchio…Così allo sbilf capitava alle volte di intravedere qualche polpaccio femminile nudo…e gli bastava quello per perdere la testa…Avendo intuito di quale piede andasse zoppo lo sbilf, Giulia la più bella ragazza del paese prese a mettersi sempre nel primo lavatoio, mettendo bene in vista i polpacci nudi…Potete immaginare lo sbilf… Non riusciva più a dormire la notte, sognandosi quella gamba di donna nuda! Sogna che ti sogna…alla fine si trovò talmente innamorato, che una sera non gli riuscì di evitare la pazzia di seguire Giulia nella sua casa. Gli sbilf infatti non dovrebbero entrare di giorno nelle case degli umani…. E tantomeno nella casa d’una ragazza sola…. Giulia infatti abitava da sola, perché gli erano morti i genitori e non aveva fratelli, proprio nella casa dove adesso c’è il bar, che giustamente è stato intitolato allo sbilf…<br />Giulia s’era accorta d’essere stata seguita…ma era una sbarazzina ed era molto incuriosita anche lei di vedere che cosa sarebbe stato capace di fare quel piccolo mostriciattolo dello sbilf, e lasciò aperta la porta perché potesse entrare dopo di lei…Lo sbilf era alto attorno ai trenta centimetri, se tutto fosse stato in proporzione, non c’era neppure il rischio che la potesse stuprare. Questo pensava la ragazza per tranquillizzarsi…ma se avesse potuto entrare nella testa dello sbilf e leggere i suoi pensieri sarebbe stata ancora più tranquilla…Lo sbilf l’amava intensamente, ma d’un amore platonico, gli piaceva solo guardarla, pensarla, amare l’immagine che di lei con lo sguardo di portava nel cuore…mai avrebbe avuto il coraggio neppure di sfiorarla, voleva solo guardarla, e guardandola si beava come se si fosse trovato d’incanto in paradiso, davanti al più bello degli angeli… S’era rannicchiato in un cantuccio della casa e la guardava…e gli mancava quasi il respiro…<br />“Non mi dici niente?” chiese lei.<br />“Non ho nulla da chiedere… Grazie d’avermi fatto entrare…Voglio solo guardarti, come il sole guarda l’acqua del ruscello, come la luna guarda le ombre della notte, e l’alba le gocce di rugiada appese alle corolle dei fiori…<br />“Siete poeti voi sbilfs!”<br />“La poesia è dentro alle cose e non nel cuore dei poeti…tu sei una poesia…”<br />“Grazie!” sussurrò Giulia che dai ragazzi di Davài, non aveva mai ricevuto un complimento così bello.<br />“Non hai un moroso?” le chiese lo Sbilf.<br />“Son tanti i ragazzi che mi fanno la corte, ma non riesco ad innamorami di nessuno. Credo che l’amore non debba essere una scelta della ragione, ma un moto istintivo del cuore”.<br />“Anche noi sbilfs la pensiamo allo stesso modo, ma l’innamoramento perfetto si ha quando alla scelta della ragione s’unisce l’impeto del cuore. Per ringraziarti dell’accoglienza, voglio farti un regalo, trasferendo a questa casa uno dei miei poteri magici. Tra queste mura s’incendieranno i cuori, il tuo e quello del ragazzo che avrai scelto di lasciare entrare…Questo mio potere magico resterà alle mura della casa, finchè non tornerò a riprenderlo!!!...<br />“Giulia non sapeva che dire…stava ancora pensando alle parole sull’innamoramento perfetto e non si accorse neppure che lo sbilf, senza aggiungere altro, senza neppure una parola di saluto, aveva aperto l’uscio e se n’era andato avvolto nelle ombre della notte che intanto erano calate sul piccolo paese…L’avrebbe cercato il giorno dopo per dirgli grazie…<br />Ma alle sue amiche non era sfuggita la scena dello sbilf che la seguiva in casa. Gelose, avevano raccontato la cosa ai Gans di Trava, che si erano arrabbiati di brutto…”Come? loro ad aiutare le donne e portare i pesi, e un cicisbeo di sbilf a far moine alla più bella…All’alba del giorno dopo vennero in forze da Trava a Davài, raggiunsero il costone dove lo sbilf aveva costruito il suo ricovero. Lui protestava che non aveva fatto nulla di male…che sentissero, diceva, la testimonianza di Giulia…Ma i Gans avevano già deciso, non potevano accettare d’essere stati fatti fessi da un intruso di forestiero…Fecero muro davanti allo sbilf costringendolo a ritirarsi fin sull’orlo del burrone…Sospinto da loro fu costretto a fare ancora un passo all’indietro, perse l’equilibrio e poi precipitò nel burrone con un grido straziante, che si sentì per tutta la valle…<br />Finì così lo sbilf di Davài, senza riuscire a riprendersi il dono magico che aveva fatto alla casa di Giulia, potere magico che è quindi rimasto attaccato alle pietre della casa, e dura ancora…Chi ragazzo o ragazza sta facendo la corte a qualcuno senza riuscire a farlo innamorare, se con una scusa qualsiasi riesce a portarlo o portarla nel bar allo Sbilf ad Avaglio…E’ fatta!...Tra quelle mura, riprende forza la magia dello sbilf… si diffonde nel ambiente come un magico profumo il potere dell’amore, ed entra inarrestabile e irresistibile nel cuore dei presenti…<br />Provare per credere!!!…Per questo, da quella volta, Avaglio è diventato famoso come il paese dell’amore!!!...Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-70555365590702677832008-07-13T09:48:00.000+02:002008-08-13T15:00:13.341+02:00ArPaZu<a onblur="try {parent.deselectBloggerImageGracefully();} catch(e) {}" href="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBnwUR_OE5rMLMZzZW0zpwUZy6Y0vF-pushTeWyepN0UJx_EevK_ZYEizPnXc_VvQ_h5quf-Atjg3c0u7vWSm4x_yvE9b7LPHcN302qBSmRQl-Rao4MdD4_GjoAWN8qzTTsqyC9UzQS0JC/s1600-h/img001.jpg"><img style="margin: 0pt 10px 10px 0pt; float: left; cursor: pointer;" src="https://blogger.googleusercontent.com/img/b/R29vZ2xl/AVvXsEgBnwUR_OE5rMLMZzZW0zpwUZy6Y0vF-pushTeWyepN0UJx_EevK_ZYEizPnXc_VvQ_h5quf-Atjg3c0u7vWSm4x_yvE9b7LPHcN302qBSmRQl-Rao4MdD4_GjoAWN8qzTTsqyC9UzQS0JC/s320/img001.jpg" alt="" id="BLOGGER_PHOTO_ID_5233986167489712162" border="0" /></a><br /><br /><div><br /> Al tempo della notte dei tempi, anche nella Carnia viveva il popolo dei piccoli uomini, degli Sbilfs dei Guriùts, dei Gans e delle Vinadie. Un giorno un Guriùt di nome Cjaròi, salendo sul monte Arvenis, la montagna cuore della Carnia, volle entrare a curiosare nella grotta che si trova quasi in cima al monte. E con sua grande sorpresa scoprì che dentro c’era già qualcuno. Un elfo, un piccolo uomo molto strano per nulla simile nè ai Guriuts ne agli altri elfi che aveva conosciuto sulle montagne.<br /> Se Cjaròi avesse avuta la nostra conoscenza gli sarebbero venuti in mente i tre moschettieri. Per il cappello a larghe tese che aveva in testa, ma soprattutto per i vestito che indossava come quello dei moschettieri, o se si vuole come la pianeta che il parroco indossa dicendo messa. A tutto campo, al posto della croce c’era uno strano simbolo. Un grande cerchio, come quelli che si usano per il tiro a segno, con una freccia sulla destra e due gambe sotto.<br />“Da dove vieni” gli chiese Cjaròi.<br />“Non so bene rispose l’altro se da un altro mondo, o da un altro continente di questo mondo!”<br />Colpito dalla stranezza della risposta Cjaròi insistette:<br />“Ma se non sai da dove vieni come mai sei qui”<br />“Mi ha portato qui il desiderio di conoscenza”<br />“Il desiderio di conoscenza non può trasportare fisicamente i viventi”<br />“Perchè no? Se la fede può spostare le montagne, perchè la fede nella conoscenza non potrebbe trasportare i viventi”. Ad una logica così stringente ed assurda allo stesso tempo Cjaròi non seppe cosa replicare.<br /> Gli chiese allora come si chiamasse.<br />“Arpazù!” rispose. “Per l’esattezza, aggiunse poi, mi dovrei chiamare Arpa Azzurra, ma sin da piccolo gli amici hanno preso a storpiare ed abbreviare il mio nome che è diventato appunto Arpazù”.<br />“Suona bene Arpa Azzurra!” commentò Cjaroi, mi ricorda i nomi che usavano gli indiani d’America. Ma che senso ha dare un aggettivo di colore ad uno strumento musicale?<br />“Da noi anche per i viventi si usano nomi poetici, e la poesia è fatta di metafore. Il suono dell’arpa evoca l’azzurro del cielo ove si perde il pensiero dei viventi seguendo il vibrare delle note dell’arpa.<br /> Cambiando discorso gli chiese allora che cosa significasse lo strano simbolo che portava sul vestito.<br />“E’ il simbolo della nostra filosofia di vita” gli rispose. E’ necessario darsi lo scopo di centrare un obiettivo, allora diventa chiara la direzione da seguire, e si trova la forze nelle gambe per seguirla”.<br /> Cjaròi invitò lo strano piccolo uomo a seguirlo, avrebbe voluto presentarlo ai suoi amici su nella valle ai piedi dello Zèrmula. Ma scesi a Zuglio mentre attraversavano il torrente But, incontrarono un gruppo di Vinadie, le fate scese dalle montagne per bagnarsi nelle acque pure e fresche del torrente. Queste, curiose come tutti gli esseri femminili, si fecero loro attorno chiedendo a Cjaròi chi fosse quel suo così strano ed originale compagno di viaggio.<br />“E’ uno venuto qui per conoscere!” disse Cjaròi per darsi importanza facendo il misterioso.<br />“Ma perchè vuole conoscere?” chiesero in coro le Vinadie.<br />Rispose Arpazù come se la domanda fosse stata diretta a lui: “Voglio conoscere tutto ciò che è altro, per conoscere meglio me stesso. Da noi si dice che per essere felici si deve conoscere se stessi, e che per conoscere se stessi si deve conoscere gli altri, il diverso. Per questo il mio desiderio di conoscere mi ha spinto fino qui”.<br /> Non riusciva a spiegarsi ed a spiegare come fosse finito nella grotta sulla cima del monte Arvenis. Ma il saperlo era in fondo una curiosità inutile. Sbilfs, Guriuts, Gans ed Aganis della Carnia considerarono dei loro il nuovo arrivato Arpazù, e lo presero a modello per quel che diceva sul conoscere e fecero proprio il suo logo ed il suo motto<br />“assumere un obiettivo<br />per sapere dove andare<br />e trovare nelle gambe la forza per andare”.<br /><br /><br />. </div>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-89509987261503536712008-06-02T21:25:00.000+02:002008-06-02T21:27:37.481+02:00Le campane di San Pietro.<div align="justify"><br /><br /> Da brava ricercatrice, Lella, dopo il racconto sulle Agane del Monte Dauda, pensò di verificare subito se nei paesi sugli altri versanti della montagna, si riportasse la stessa leggenda. Decise quindi di recarsi a Fielis. Passando con il fuoristrada sotto alla Pieve di S.Pietro in Carnia sentì suonare le campane e così d’istinto decise di cambiare programma per fermarsi a vedere se c’era qualcuno alla Pieve. Il fatto che suonassero le campane non significava che ci fosse qualcuno, le campane ormai suonano con il motore elettrico comandato da un orologio programmato. Ma per questo non si poteva escludere che ci potesse essere anche il sacrestano-campanaro.<br /> E’ c’era infatti. La porta del campanile era aperta e lo si sentiva scendere le scale con qualche imprecazione non proprio consona con il luogo sacro. Uscì infine alla luce del sole scuotendosi i capelli per liberarsi dalla polvere. Restò sorpreso di trovarla lì ad attenderla. Se l’avesse saputo non si sarebbe lasciato andare a tutte quelle giaculatorie…<br /> “Nei giorni feriali, non c’è mai nessuno” disse, quasi a scusarsi, rispondendo così al suo saluto.<br /> “Stavo andando a Fielis e mi sono fermata per caso”.<br /> “Ma guardi che anche in paese non c’è quasi anima viva. Sono rimasti quattro vecchi..”<br /> “E sono proprio i vecchi che mi interessano. Sto facendo una ricerca sulle leggende della Carnia, sto cercando persone anziane che se le ricordino”.<br /> “Ah! Ma sono così tante le leggende in Carnia…”<br /> “A me interessano in particolare quelle sulle Agane!”<br /> L’affermazione di Lella sorprese il suo interlocutore che con evidente imbarazzo replicò: “Ma le Agane non sono una leggenda, sono storia. C’erano una volta anche qui sul colle di S.Pietro le Agane”<br /> Il sacrestano di S.Pietro aveva le stesse convinzioni del vecchio di Dolaces. Usava le stesse parole per ribadire che le Agane sono un elemento reale e non fantastico della storia della Carnia.<br /> Lella non sapeva come interpretare questa convinzione così radicata. Non capiva neppure perché i due anziani ci tenessero a sottolineare allo stesso modo la differenza tra la storia, riporto di avvenimenti realmente accaduti, e la leggenda, riporto di vicende inventate. Proprio a livello popolare pensava che doveva essere normale il riconoscere che storia e leggenda si incrociano e si mescolano. Ci sono leggende che nascono da fatti di storia, e ci sono fatti di storia che sono finiti in leggenda. Certe leggende sono nate dalla fantasia di qualche autore ma sono nate per spiegare la storia…<br /> Riteneva comunque che avrebbe sviluppato questi concetti nelle premesse della sua ricerca, e che non era certo il caso di discuterne con il sacrestano. Per avere il suo racconto gli conveniva accettare senza discutere il suo punto di vista.<br /> “Se ci sediamo un momento potrebbe raccontarmi cosa sa delle Agane che vivevano qui”.<br /> “Volentieri!” disse lui, come se finalmente avesse trovato qualcuno che manifestava interesse ai suoi racconti. “Se vuole sedersi lei”, aggiunse, “io preferisco stare in piedi”.<br /> Zoppicava vistosamente, e questo spiegava la sua difficoltà e le se imprecazioni nello scendere le ripide scale della torre campanaria. Ma, tutto agitato, continuava a muoversi avanti e indietro quasi dovesse tenere in esercizio la gamba malata. Piccolo e tarchiato, con una folta capigliatura di capelli bianchi, con quel suo incedere ondulato fece venir in testa a Lella l’idea che fosse uno gnomo. Sorrise tra sé, senza far commenti con il suo interlocutore, e si sedette su una panchina di pietra, appoggiata al campanile, mentre lui prendeva a raccontare continuando a girarle attorno.<br /> Da generazioni la sua famiglia aveva l’onere e l’onore del compito di sacrestano della Chiesa matrice della Carnia. Da generazione in generazione trasferendosi l’incarico da padre a figlio si erano trasmessi anche il racconto delle Agane, che aggiungeva un elemento di mistero ma anche di poesia al loro compito di suonare le campane della pieve. Dovevano scendere dal paese ogni mattina alle sei per l’ave maria, a mezzogiorno per il segnale di mezza giornata e poi alle otto di sera di nuovo per l’Ave Maria del riposo della notte. Questo ogni giorno, per tutti i giorni dell’anno, poi c’erano le messe, lo scampanio delle feste…Era un compito chi richiedeva anche molta fatica. Per fortuna poi è arrivata l’elettricità, l’orologio programmato…Ora l’impegno è meno pesante, ma c’è sempre qualcosa che non funzione, e gli anni sono andati su…e pesano, ogni anno di più. E’ una fatica che si fa volentieri come servizio alla chiesa, ma anche…<br /> “Guai se mi sentisse l’arciprete…” Anche per l’impegno assunto con le Agane…<br /> E’ una storia lunga iniziata ancora nel seicento…A quei tempi tutti sapevano che sul colle di S.Pietro, nel cimitero che circonda la Chiesa, si raccoglievano ogni sera le Agane di tutta la valle del But. Tutti lo sapevano e lo ritenevano normale. Nel cimitero venivano sepolti i morti di tutta la valle ed alla sera le Agane si intrattenevano con loro. I vivi non riescono a parlare infatti con gli spiriti dell’ultramondo, ma i morti sì. E la conferma che ci fosse questo incontro l’avevano anche i vivi che potevano vedere ogni sera riempirsi il cimitero di lucciole come se ogni sera d’ogni giorno dell’anno fosse stata la notte di S.Giovanni. Ad eccezione della notte dei morti!…Quella notte le Agane non si facevano vedere e lasciavano che brillassero le fiammelle accese dai vivi a suffragio dei loro morti.<br /> Tutti sapevano, compreso il prevosto, che sapeva ma faceva finta di non sapere. Se l’avesse saputo sarebbe stato costretto a prendere dei provvedimenti che l’avrebbero posto in cattiva luce nei confronti dei suoi parrocchiani che apprezzavano l’omaggio serale delle Agane ai loro morti. Finchè la notte di morti del 1615 fu costretto a vedere, e non potè far finta di non vedere…<br /> Nessuno seppe spiegarsi l’incidente, per anni, per secoli la sera dei morti non s’erano fatte vedere, quella notte le fiammelle delle agane che si libravano nell’aria del cimitero si unirono alle fiammelle dei ceri degli uomini. Quando arrivò il prevosto con la processione dal paese, fu costretto a vedere ed a far rapporto al Tribunale dell’Inquisizione sul fenomeno di cui era stato testimone. Il notaio di Zuglio che era uomo dotto, riuscì anche a dare una spiegazione: ci sono tanti diversi calendari, per cui la Pasqua degli ortodossi non coincide con quella dei cattolici, forse il calendario delle Agane aveva una sfasatura che per quell’anno non l’aveva fatto coincidere con quello gregoriano. A Roma nello stesso anno il S.Uffizio discuteva con Galileo se il sole gira attorno alla terra o viceversa, e forse anche questo poteva aver generato confusione tra le Agane… Più che una spiegazione dotta era sembrata ai più una spiegazione bizzarra. Ma dotta o bizzarra che fosse, e qualsiasi fosse la spiegazione vera, l’incidente c’era stato. Il prevosto aveva messo in moto la macchina dell’inquisizione. Una macchina che si muoveva come un tritasassi. Gli abitanti di Fielis furono chiamati a Udine a testimoniare che avevano preso lucciole per lanterne, comunque a scanso di equivoci al prevosto fu chiesto di fare uno esorcismo contro la presunta presenza delle Agane, sul colle di S.Pietro…<br /> Le Agane c’erano davvero e per l’esorcismo furono costretta ad abbandonare il luogo. Anche le Agane come il diavolo furono costrette a trattare con l’esorcista e chiesero di potersi rifugiare alla sera sul monte Dauda. Aggiunsero una richiesta strana: quelle di essere accompagnate dal suono d’una campana. “Ogni sera il sacrestano suona alle otto l’Ave Maria, se ritenete che quel suono vi possa accompagnare…basta che non si sappia in giro del compromesso…L’unico ad essere messo a conoscenza del segreto fu per necessità il sacrestano. Con obbligo di mantenere il segreto, pena la morte eterna, e di comunicarlo solo ai suoi successori…<br />Anche adesso che le campane suonano senza l’intervento dell’uomo, ogni sera alle otto di sera la cella campanaria si riempie di lucciole, e si illumina. Ai primi rintocchi con il suono che sale verso il monte portato dalla brezza della sera, al suono s’accompagna una scia di luce che sale e si perde su nel bosco sopra Fielis, per arrivare fino alla cima della montagna.<br />“Ecco ti ho svelato il segreto!” concluse il sacrestano agitandosi sempre più. “Io non ho figli a cui tramandarlo. Forse dopo di me non ci saranno neppure più sacrestani alla Pieve. Dal momento che mi hai detto che ti stai interessando alle Agane mi sei parsa la persona più adatta cui confidarlo”</div>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-3559500610776771012008-06-02T21:22:00.000+02:002008-06-02T21:25:40.257+02:00L'uomo che parlava alle Agane.<div align="justify"><br /> Lella faceva la ricercatrice all’Università di Udine, ad antropologia, o in qualche altro simile corso di laurea. Era sta incaricata di una ricerca sulle Agane in Carnia. Doveva indagare sul perché nella Carnia, più che nel resto della montagna friulana, fosse venuto meno nella tradizione popolare, il ricordo delle Agane. Come si sa, questi spiriti dell’acqua sono noti in tutta la montagna con il nome di Agane, Aguane, Anguane, Aganis, Gane, Vivane ed altro, e sono descritti in modi molto diversi, alle volte come bellissime fate altre come bruttissime streghe dalle mammelle a penzoloni. Nella Valcellina la loro memoria è rimasta fino a dare il nome all’Ecomuseo della valle. Nella Valcanale, ed in particolare a Chiusaforte, si ricordano associate a varie località. Tra i ladini delle Dolomiti, sono molto diffuse le leggende sulle anguane e proprio con una Anguana che adotta una bambina, prende inizio la saga dei Fanes, la saga sull’origine dei ladini. A livello nazionale l’Anguana ha dato il nome al Museo dell’uomo e della montagna istituito dall’Istituto Nazionale di Ricerca sulla montagna.<br />Questi dati Lella se l’era scritti nelle premesse. Aveva anche definito che il passaggio da fate a streghe fosse la conseguenza degli interventi dell’Inquisizione che aveva cercato di demonizzare le tradizioni legate alla visione panteistica d’una natura viva, popolata da spiriti che sapevano entrare in relazione con gli uomini. Ma il suo compito vero era quello di fare una ricerca sul campo, verificando se in qualche paese della Carnia, si parlava ancora delle agane. Aveva visitato Vinaio, con l’idea che Gans fosse una ulteriore variazione del nome. Ma come s’è già avuto modo di vedere a proposito dei Gans di Trava, questi esseri non potevano essere confusi con ninfe d’acqua. <br />Comunque la visita a Vinaio non era stata vana, da una vecchia del paese, aveva avuto l’informazione che nella borgata di Dolàces c’era un vecchio pastore, Meni di Flèch che raccontava storie di Agane.<br />Nella speranza di aver trovato finalmente una pista da seguire, il giorno dopo salì con il fuoristrada fino in Malga Corce e poi raggiunse a piedi Dolaces. Oggi la borgata è disabitata, ma già al momento della visita di Lella tutti gli abitanti avevano lasciato le loro case per trasferirsi più a valle, ad eccezione di uno, appunto Meni di Flech che continuava a vivere come un eremita, deciso a non abbandonare il suo paese “se non nella cassa da morto”.<br />Si era ai primi di maggio, e la primavera era finalmente arrivata anche nella borgata a 1300 m. sul mare, alle falde del monte Dauda, esposta a nord, abitata quando per sopravvivere non si poteva guardare troppo per il sottile, ed uno spiazzo coltivabile, anche se troppo in alto e con cattiva esposizione, poteva andar bene per ricavare l’indispensabile alla vita di una famiglia.<br />Meni di Flech stava crogiolandosi al primo tiepido sole, seduto sulla panca di legno a fianco dell’ingresso della sua casa. Aveva gli occhi aperti eppure Lella aveva l’impressione che non l’avesse vista, pur essendo già arrivata a pochi metri da lui. L’avevano avvertita a Vinaio che si trattava di una persona originale. E si poteva ben dire originale il vecchio che le stava davanti, con quel cranio lucido come una palla di biliardo al quale faceva da contrappunto una barba bianca, folta e non curata. In mezzo un viso bruciato dal sole, segnato da rughe profonde, scavate dal tempo, dal quale emergevano due occhi azzurri fissi a guardare nel vuoto. Ma quel non essere vista, quegli occhi che guardavano e non vedevano, come se anche gli occhi fossero assorti a guardare nel pensiero, era qualcosa di troppo originale...<br />Pensò che fosse pazzo, e per un momento esitò… Per una giovane donna, non era certo consigliabile l’intrattenersi sola con un pazzo, tra le case deserte d’un paese abbandonato in mezzo alla montagna. Ma la curiosità della donna e della ricercatrice vinse sui pur legittimi timori.<br />“Buongiorno!” lo salutò fermandosi a due passi da lui.<br />Al saluto parve svegliarsi, e la guardò stupito come chi si sveglia dopo un brutto sogno a fa fatica a riconoscersi nella realtà che lo circonda. Tra quelle case ormai pericolanti non era certo abituato ad aprire gli occhi su una bella ragazza, e infatti rispose al saluto con un: “che ci fa lei qui?” che sembrava più a un se ne vada, piuttosto che ad un s’accomodi.<br />“Non la voglio importunare!” volle precisare Lella per scusarsi in anticipo, ancora meno sicura d’aver fatto bene a svegliarlo. “Se vuole me ne vado subito!”<br />“Ma allora perché è venuta?”<br />“Per motivi di studio, devo incontrare persone che conoscono delle leggende!”<br />Rise divertito. E Lella si tranquillizzò, forse la persona non era poi così poco raccomandabile come la faccia la faceva apparire. A volte, anche tra gli uomini, non c’è corrispondenza tra contenitore e contenuto...<br />“Ai miei tempi si studiavano le tabelline, non le leggende”, disse ridendo.<br />“Sa, è un po’ tutto cambiato!” commentò lei cercando di ingraziarselo.<br />“A chi lo dice! Ma che leggende le interessano?”<br />“Quelle sulle Agane.”<br />Si rabbuiò come se quella parola fosse stata una provocazione nei suoi confronti: “Le Agane, non sono una leggenda”, disse con forza. “Si sono ritirate ad abitare sulla cima del monte Dauda” e indicò con la mano la montagna in alto, alle cui pendici si trovava la borgata<br />Per una che cercava si sapere qualcosa sulle Agane, trovarsi con uno che era convinto esistessero ancora, era una vera fortuna, Lella si vedeva già con tra le mani una ricerca degna di pubblicazione.<br />“Come fa a sapere che abitano ancora sul Dauda”<br />“Lo testimoniano i ruderi della malga di Chiàs di sopra”<br />“Ma cosa hanno a che fare i ruderi di una malga con le Agane?”<br />La fece sedere sulla panca vicino a se, come se fosse una sua nipote, e prese a raccontarle la breve storia della malga.<br />Devi sapere che il Daùda è una montagna sacra!<br />Alle sue pendici, dalla parte di Zuglio, c’è la malga che prende il nome dal monte, da questa c’è la malga Chiàs. Ma sono due malghe di mezza quota, la cima della montagna, non è mai stata utilizzata a pascolo perché è la casa delle Agane. Ai miei tempi tutti i pastori lo sapevano e nessuno avrebbe spinto le sue bestie fin lassù. Anche perché, a conferma che si trattasse d’una montagna sacra, veniva proprio dalle bestie che si rifiutavano di salire sui pascoli della cima.<br />Lo sapeva anche suo nonno, continuò a raccontare Meni, ma era uno uomo senza Dio che per qualche soldo in più, avrebbe sfidato il diavolo all’inferno. Pensò che su quei pascoli avrebbe potuto allevare un bel numero di capi di bestiame, e decise di costruire una malga in quota, per poter utilizzare i pascoli fin ad allora inutilizzati. Venne così costruita la malga di Chiàs di sopra.<br />In un primo momento ebbe qualche difficoltà a trovare dei pastori disposti a gestire la malga, ma alla fine trovò qualcuno, come lui senza timor di Dio, o costretto dal bisogno a non curarsi della voce popolare che considerava la montagna riservata alle Agane. Ma nessuno di questi pastori resistette in malga più di qualche giorno. Come le stelle in cielo si accendono soltanto al far della notte, così sulla montagna al calare delle ombre della notte s’accendevano le voci delle Agane. “E’ come se la montagna fosse piena di noci, e nella notte un gran numero di persone, si mettesse a mescolarle” raccontavano i pastori abbandonando la malga. “C’è un rumore assordante di noci mescolate, che impedisce di dormire”. I più coraggiosi avevano anche cercato di capire da dove venisse quel chiasso di noci rimestate. Ma se andavi a destra lo sentivi venire da sinistra, e viceversa. Era come se tutta la montagna fosse piena di grilli, che invece del solito “cri, cri”, emettevano un assordante “cra, cra”. “Son le Agane!” si convincevano alla fine anche i pastori meno portati a credere alle leggende, e abbandonavano la malga.<br />Il nonno era evidentemente disperato. Aveva impegnato tutti i suoi soldi nella costruzione della malga. Ed ora non poteva avere nessun ritorno economico dall’investimento, perché non si trovavano pastori per gestirla…Disperato, pensò di utilizzare come pastore Bepi Scivilott, quello che si direbbe lo scemo del villaggio.<br />Bepi era un ragazzo al quale il cervello gli era mancato sin dalla nascita, ma poi ancora bambino era rimasto senza genitori, e questo fatto non aveva certo migliorato il suo sviluppo…<br />Dormiva nella casa che gli avevano lasciato i genitori, ma viveva di fatto nella borgata, facendosi ospitare a caso, ora da una famiglia ora da un’altra. “Qualche paese alleva il maiale di S.Antonio, noi allevavamo Bepi Scivilott”. Il soprannome che in italiano potrebbe essere tradotto con “zufolo” gli era stato dato perché sapeva trarre delle melodie eccezionali dagli zufoli che si costruiva da solo ricavandoli dai rami di giàtul (salica). Tutti in paese lo aiutavano, nessuno avrebbe pensato di poter approfittare del suo ritardo mentale. Il nonno si! Era un uomo senza scrupoli. Lo portò in malga e lo lasciò a dormire da solo. Si aspettava di vederselo rientrare spaventato in paese già nella notte, e invece all’alba del giorno dopo lo trovò felice, e per come riusciva a farsi capire, deciso a continuare a vivere da solo in malga. Meglio di così! Il nonno non si preoccupò di capire. Vide la possibilità del guadagno e gli affidò un gregge di capre. E le bestie che non avevano mai voluto salire ai pascoli del Dauda, con lui presero a salire fin sulla vetta della montagna. Anzi nelle tiepide sere di agosto Scivilott si fermava a dormire con le sue bestie sotto alcuni faggi cresciuti proprio sulla cima.<br />E quel rumore di noci rimescolate? Mah!. Scivilott diceva che era musica. Sia di giorno che di notte lui intonava melodie con il suo zufolo, e la montagna rispondeva trasformandosi in una fantastica orchestra. A volte i pastori di Malga Meledis lo sentivano anche cantare. Il suo canto che sembrava stonato e sgradevole agli altri uomini, evidentemente piaceva alle Agane. Era come se le sue corde vocali suonassero una musica su un registro diverso da quello degli uomini, che però era il registro delle Agane. Era ritardato nel parlare con gli altri esseri umani, ma riusciva a entrare in perfetta sintonia con le Agane .<br />Ma quando morì Scivilott, e purtroppo per lui e per il nonno, morì giovane, non si trovò più nessuno che sapesse condurre le bestie al pascolo sulla montagna delle Agane. Nessuno che sapesse comunicare con loro, facendo loro accettare il brucare dell’erba delle bestie. Le capre non salirono più sulla montagna. La malga Chias di sopra non utilizzata si ridusse presto a un rudere.<br />“Se vuoi ti accompagno a vedere i resti!” concluse il vecchio. “Così avrai la conferma dell’esistenza delle Agane”<br />“Grazie, sarà per un'altra volta!” gli rispose Lella e non volle offenderlo spiegandogli che non aveva senso la relazione diretta che lui faceva tra la malga ridotta ad un rudere, e la esistenza delle Agane sul monte Dauda. Se anche fosse vero che non vi pascolano le capre, potrebbe essere soltanto perché, per qualche caratteristica del terreno, ritengono immangiabile quell’erba.<br />La guardò con lo sguardo penetrante che gli aveva osservato arrivando. Come allora le era parso che guardasse dentro ai suoi pensieri, ora ebbe la sensazione che leggesse dentro ai pensieri di lei. Scosse la barba incolta in segno di disapprovazione e le disse:<br /> “Se passassi di qui qualche notte sentiresti suonare il violino. Non sono gli spiriti. Son io che suono. Alle volte…Lo suonavo il violino, da giovane, nelle feste da ballo a Vinaio o a Lauco nella Casa del popolo. Ancora qualche volta mi esercito… Lo suono così da dilettante autodidatta. Dalle suo corde si riesce a far uscire un suono d’una delicatezza infinita, dalle nostre corde vocali sappiamo solo far uscire suoni e parole sgradevoli di inimicizia e di odio. Se le sapessimo suonare come si suona il violino…E’ evidente che suonate così, le nostre corde vocali, non ci possono mettere in relazione con l’ultramondo. A Scivilott che sapeva suonare male le sue corde vocali con la tecnica degli uomini, forse madre natura aveva dato il dono di suonarle con la tecnica delle fate, la tecnica del violino. Sapeva pur suonare lo zufolo meglio di qualsiasi altro uomo!..<br /> Per questo poteva parlare con le Agane. E se lui ci parlava, è vero che esistono!!!…” </div>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-91954694310608788532008-04-30T19:06:00.000+02:002008-04-30T19:07:36.716+02:00La valle del tempo.<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;"><span style=""> </span>L’ultima volta che sono stato a Pesariis ho avuto l’avventura d’un incontro davvero fuori dal comune. Il bello è che quando ho chiesto al mio amico Carlo che abita lì,<span style=""> </span>di darmi dei ragguagli sul personaggio che avevo incontrato, mi ha detto che non conosceva nessuna persona che corrispondesse alle caratteristiche che gli andavo descrivendo.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Non crederai che mi sto inventando gli incontri!” obiettai.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Io non obietto nulla!” ribattè Carlo. “Ma<span style=""> </span>posso assicurarti che in tutta la valle Pesarina non esiste una persona con i lunghi capelli bianchi che scendono fin sulle spalle e con una lunga barba bianca che arriva fino alla cintola del calzoni, come descrivi la persona che dici di aver visto…”.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Eppure non posso aver sognato, perché stavo camminando per il paese…”<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Stavo appunto camminando per il paese di Pesariis, un giorno di fine aprile, aspettando Delio che mi avrebbe accompagnato in visita agli originali orologi che sono stati realizzati negli angoli più caratteristici del paese. Piuttosto che una giornata di inizio primavera sembrava una giornata d’autunno inoltrato. Piovigginava. Sul paese si aggiravano nuvole nere, pesanti di pioggia, dalle quali si sfilacciavano refoli di nebbia che si insinuavano nelle strette viuzze. Mi guardavo attorno, ammirato per come era stato sistemato il paese, ripristinando sulle strade l’acciottolato il “codolàt” d’un tempo. <o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Quando fui davanti a casa Bruseschi, che come diceva il depliant che stavo leggendo “era stata la residenza di una delle più autorevoli famiglie del paese, fin dal XV secolo, come testimoniano documenti dell’archivio parrocchiale” vidi con sorpresa che era aperta. “Forse qualcuno ci sta facendo dei lavori” pensai, e non resistetti al desiderio di infilarmi per l’uscio socchiuso, per visitare l’interno della casa.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“E’ permesso?” chiesi a voce alta.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Nessuno mi rispose. A meno che non si dovesse considerare una risposta il suono d’una pendola che da una delle stanze, diffuse per le stanze l’eco di quattro rintocchi, a ricordarmi che era l’ora per l’appuntamento per il quale mi ero recato a Pesariis. “Faccio in fretta, ed arrivo subito!” dissi tra me e me, come se l’amico che mi stava aspettando avesse potuto sentire. Mi affrettai, pensando ad uno sguardo molto veloce e superfiale a quella tipica casa carnica. Ma quando fui nella grande cucina, dovetti fermarmi perché c’era qualcuno seduto sulla panca attorno al focolare. In un primo momento pensai si trattasse d’una ricostruzione, come quelle che si trovano nel Museo Carnico di Tolmezzo, ma poi mi parve si muovesse…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Mi scusi!” dissi, “Ho trovato aperto ed ho pensato di poter fare una visita veloce…Ho chiesto permesso, ma non mi aveva risposto nessuno…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“E chi ti dovrebbe dare il permesso?..” disse il vecchio, confermando con la voce, che avevo visto giusto, che non si trattava d’un figurante ricostruito… <o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Sul lato destro del focolare era infatti seduto un vecchio di grande statura. Per i lunghi capelli bianchi e la lunga barba bianca, mi faceva<span style=""> </span>pensare ad una immagine di Cristo in qualche quadro d’autore, anche se non riuscivo a definire quale. Ma il viso era rinsecchito, segnato da profonde rughe, le mani lunghe e affusolate distese sulle ginocchia, ricordavano quelle d’uno scheletro. Era un vecchio…molto vecchio… Vestito con gli abiti da festa come si vedono i ritratti nelle fotografie del primo novecento…<span style=""> </span>Ai piedi, che poggiava sui bordi del focolare, calzava degli scapets nuovi, molto ricamati… Li notai perché mi parevano stonati, mi parevano calzature da donna, che non si intonavano con l’abito e soprattutto con l’età…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Ma più che l’abbigliamento mi aveva stupito la battuta alla quale non sapevo cosa replicare… Chi mi doveva dare il permesso? Visto che mi ero intrufolato nella casa senza permesso, qualcuno che c’era, avrebbe dovuto dirmi se potevo fermarmi, o se dovevo uscire…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Sa. La curiosità. Ho trovato aperto…” ripetei per chiedere scusa di nuovo.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Sei nella valle del tempo!” disse il vecchio con la cadenza e l’importanza di chi sta recitando una sentenza. “E il tempo non chiede il permesso a nessuno…”<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Mi ricordai che in valle a Pradumli c’era un famoso centro di anarchici. Pensai che il vecchio, con quelle battute originali sul tempo, potesse essere l’ultimo degli anarchici…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Certo che il tempo scorre senza chiedere il permesso a nessuno. “Ruit ora”, dicevano i latini e in quel “ruit” più che l’idea dello scorrere c’è quella del rotolare irrefrenabile, del rovinare inarrestabile…Ma perchè gli avrei dovuto spiegare queste cose al vecchio?..<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Comunque, senza aspettarsi nessuna spiegazione da me, mi chiese invece se sapevo perché la valle Pesarina si chiamasse la valle del tempo.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Essendo famosa perché vi si fabbricano gli orologi” risposi, presumo che qualcuno abbia collegato l’idea dell’orologio con quella del tempo, e vi abbia costruito un marchio intelligente perché molto originale ed evocativo. Mi piace l’idea della valle del tempo!...<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Mi fa piacere che ti piaccia!” recitò di nuovo il vecchio, con il tono di un attore tragico. “Ma la spiegazione è un'altra. Si chiama la valle del tempo perché è qui che è stato inventato il tempo…”<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Altro che anarchico!” pensai. “Questo è proprio fuggito da qualche manicomio…”<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Siediti!”, mi disse deciso. Maledicendo la curiosità che mi aveva fatto entrare in quella casa, e sicuro di avere a che fare con un pazzo che, come si sa, è sempre meglio assecondare… mi sedetti dall’altra parte del focolare, sulla panca opposta alla sua, ed ascoltai, prima preoccupato poi sempre più meravigliato ed incuriosito questa strana storia sugli sbilf della valle Pesarina. <o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Il vecchio prese a dire che come in Irlanda tutti sanno che il mondo dei piccoli uomini esisteva prima del mondo degli uomini, così in Carnia si dovrebbe sapere che il mondo degli Sbilf era precedente a quello degli uomini. Io non avevo nulla da obiettare, convinto come sono che il mondo degli sbilf sia il mondo delle favole, cioè il mondo nel quale tutto è possibile. Il vecchio però mi parlava sicuro di riferirsi a delle storie vere…e quindi mi guardai bene dal dirgli che io le ritenevo delle favole…chissà poi comunque quale sarà la verità?...<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Come la storia degli uomini inizia con la Genesi, allo stesso modo la storia degli sbilfs ha una sua genesi… All’inizio dei tempi…gli sbilfs vivevano nella valle senza tempo…S’alzava il sole per segnare l’inizio d’un nuovo giorno, calava la notte e segnarne la fine, ma i giorni si succedevano uguali e senza fine… Se non c’è una fine sulla quale misurare il tempo, non c’è neppure il tempo…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Gli sbilf vivevano in completa libertà e quindi in completa anarchia, con la sola regola che la libertà di ognuno deve avere il limite, unico ed insuperabile,<span style=""> </span>nella libertà dell’altro…Nessuno era proprietario di qualcosa, perché tutti erano proprietari di tutto... Tutti si volevano bene, perché tutti rispettavano il comandamento di Dio che aveva imposto di non mangiare dall’albero dell’amore, posto al centro del giardino dell’Eden. Finchè arrivò la sbilfa di Eva che non rispettò il comandamento di Dio e volle cogliere il frutto dell’albero dell’amore. Ma<span style=""> </span>l’amore implica il rapporto esclusivo con la persona amata, il desiderio esclusivo di vederla, il sospirare impaziente nell’attesa… L’incontro d’amore divenne un fine, e il fine originò il tempo…Lo sbilf Adamo sentì la necessità di misurare il tempo che lo separava dal prossimo incontro con Eva, e nel torrente che scorreva nella valle senza tempo, inventò un modo per fare in modo che lo scorrere dell’acqua segnasse il tempo…Fu così che gli sbilf, cominciarono a sentire il peso del tempo e chiamarono Pesarina il torrente, e la valle divenne la valle del tempo… <o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">E la competenza acquisita dagli sbilf nel realizzare strumenti per misurare il tempo, concluse il vecchio, si è trasferita poi agli uomini. Per questo la valle del tempo si chiama anche valle degli orologi, perché, come in nessun altro posto, tra queste case si sanno realizzare strumenti per misurare il tempo…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Ero appunto salito in valle per vedere quegli originali orologi, e Delio che avrebbe dovuto accompagnarmi mi stava aspettando, certamente preoccupato per il mio ritardo…Ero finito ad ascoltare il racconto d’un vecchio fuori dal tempo, che mi parlava dell’origine del tempo…per poi scoprire che il vecchio non esiste… come forse neppure il tempo esiste… <o:p></o:p></span></p>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-1501000658081081550.post-8885437042084179292008-04-27T16:45:00.000+02:002008-04-27T16:46:56.907+02:00Il Druido di Catelraimondo.<p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;"><o:p> </o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;"> Avevo in programma di partecipare all’inaugurazione dei lavori di completamento del Parco Archeologico Culturale di Castelraimondo a Forgaria del Friuli il 14 ottobre del 2006, ma per sopravvenuti impegni, ho dovuto rinunciare. La curiosità di vedere che cosa era stato scoperto dopo quasi venti anni di studio, da parte dell’Università di Bologna e di Parma, su un sito che risale certamente all’epoca preromana, mi ha portato <span style=""> </span>a visitare il luogo alcuni giorni dopo. L’ambiente è notevole! <span style=""> </span>Salendo in macchina da Forgaria la strada<span style=""> </span>su cui sono arroccate le case della borgata<span style=""> </span>che si è sviluppata sul Zuc Scjaramont, <span style=""> </span>ti si apre ad ogni tornante sempre più ampio<span style=""> </span>il paesaggio<span style=""> </span>per il quale l’altura era stata scelta come luogo di vedetta. Ma anche come luogo di residenza privilegiata, per un popolo come quello dei Celti che sentiva la “poesia degli ampi orizzonti”. <span style=""> </span><o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;"><span style=""> </span>Lasciata l’autovettura nel cortile deserto dell’ultima villa costruita da qualcuno che indubbiamente come i Celti sa apprezzare la poesia dei “respiri della valle”, ho proseguito a piedi secondo le indicazioni del sentiero attrezzato. Quelle pietre che sono state riportate alla luce dalla infinita<span style=""> </span>pazienza dei giovani archeologi, mi davano una emozione profonda. “Sto mettendo i piedi”, pensavo, su sassi lavorati da persone che ci hanno preceduto, nella storia di questi luoghi, di duemilaquattrocento anni. Che pensieri, che parole hanno legato il loro lavoro a quei sassi? Nel silenzio scandito solo dal rumore dei miei passi mi pareva di sentirli, di sentire il vociare del cantiere, di annusare l’odore del sudore nello sforzo di smuovere quei grossi massi, senza altra attrezzatura che le mani, e la capacità di far forza assieme.<span style=""> </span>“Oh! issa!”l’onomatopea che accompagna lo sforzo, forse era la stessa anche nella lingua dei Celti. “Oh! issa!” mi pareva di sentire riecheggiare nel bosco, e gli alberi contorti del bosco incolto, favorivano la mia immaginazione. “Oh issa!” mi pareva ribalzasse il grido di sasso in sasso, come se i sassi ne ripetessero l’eco dopo tanti secoli…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Era una giornata uggiosa d’autunno. Sembrava che stesse per piovere da un momento all’altro, ma non pioveva… Anche il tempo pareva sospeso, nella storia sospesa tra quelle fila di sassi, che erano stati un tempo una muraglia, che erano stati la base di una casa, di una stalla di una torre, che erano stati gli oggetti del pensiero di altri uomini. Pietre come lapidi, in un cimitero nel quale gli uomini avevano scandito il succedersi dei singoli <span style=""> </span>giorni di millenni di storia. Ero solo e camminavo con precauzione, con devozione quasi, come se fossi veramente in un cimitero. Dopo quasi due ore di visita, avevo visto abbastanza. Avevo letto tutti i cartelli. Sapevo già tutto… Mi ero più volte soffermato a contemplare il panorama che dal un lato spazia sulle colline moreniche e la valle del Tagliamento, dall’altro controlla la stretta valle dell’Arzino. Avrei potuto ripartire, ma non riuscivo a decidermi, anche il mio volere restava sospeso… Era come se una voce che non sentivo, ma che mi parlava dentro, mi costringesse a restare, a camminare ancora tra quelle pietre, indeciso sul da farsi. <o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Fu la pioggia che alla fine mi costrinse a partire. Le gocce d’una nebbiolina che stava salendo dal paese, mi distolse con un brivido di freddo dai miei pensieri e mi risvegliò dalla suggestione del luogo che mi aveva portato fuori dal tempo… Corsi per raggiungere la macchina, ma invece che entrare pensai di ripararmi sotto la tettoia del laboratorio che sorge accanto al luogo nel quale avevo parcheggiato. Così, senza pensarci!... Forse solo perché volevo ancora guardare il panorama della valle, che tra i fili di pioggia diventava quasi fiabesco ed irreale…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Era un laboratorio di falegname. Un uomo, penso il proprietario o un lavorante, stava mettendo a posto alcune assi. Si fermò sorpreso per l’intrusione, non prevista…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Mi scusi, gli dissi a mo’ di saluto. “Sta piovendo!”<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Vedo!” rispose asciutto.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Mi ero intrattenuto su al parco!” aggiunsi quasi a chiedere scusa.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Le è piaciuto?”<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Straordinario!” commentai e poi sempre a giustificarmi per l’intrusione nel suo laboratorio gli spiegai del mio interesse per i Celti, delle ricerche che avevo condotto. Vedendo che mi stava seguendo con interesse, e che non voleva smettere di piovere, mi lasciai trasportare dalla foga del discorso, e presi a parlargli della idea che mi ero fatta sulla loro religione fondata sulla compresenza del mondo dell’invisibile con quella del visibile.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Ad un certo punto mi interruppe bruscamente. “Guardi,” mi disse “è da tempo che cerco una persona come lei. Ho un racconto da farle…E’ come se da tempo volessi confessarmi, senza riuscire a trovare il prete all’altezza di valutare i miei peccati… Non ne ho mai parlato con <span style=""> </span>nessuno, per non farmi prendere in giro, ma da quello che ho appena sentito sui suoi interessi, penso sia lei la persona adatta con cui potermi confidare…”<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Prese a dire…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Anch’io, come lei un momento fa, ho sempre sentito sin da bambino la suggestione del sito del Casteraimondo. Abito qui vicino, e il parco del castello è sempre stato <span style=""> </span>per me il mio giardino pubblico. Quando volevo fare due passi facevo un giro sul colle, ad ogni ora del giorno, ed a volte, nelle notti di luna, anche di notte… Poi è arrivata l’Università, sono arrivati gli studenti, ho fatto amicizia con loro, li ho anche aiutati nel lavoro di ricerca. Ho visto venire alla luce le pietre, le fondamenta delle case... Quando hanno deciso di costruire le tettoie per riparare i resti che avevano messo in luce, mi sono opposto… Mi pareva che quelle costruzioni moderne avrebbero rovinato la poesia dei luoghi. Mi spiegarono della necessità di riparare i reperti. Io ribattevo della necessità di non stravolgere l’atmosfera che si respira sul colle del castello. Alla fine prevalse l’esigenza di proteggere i reperti, e si sono fatte le tettoie di riparo… Non mi piacevano, ma questo non mi impedì di continuare a frequentare il parco archeologico di Castelraimondo. Fino ad un paio di mesi fa…poi non ho avuto più il coraggio di mettervi piede…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Come mai?” lo interruppi.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Perché mi è capitato quel che le vorrei raccontare e che non ho mai raccontato a nessuno. Se vuole starmi a sentire, e mi promette di non prendermi per pazzo…”.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Mi pareva di sentire l’architetto del romanzo de “I Celti ritornano”, ma non glielo dissi, anzi lo assicurai che sulle presenze dei Celti avevo già raccolto tante testimonianze, che mi portavano a credere ci fosse qualcosa di misterioso e di inspiegabile…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“Misterioso ed inspiegabile!” ripetè, “proprio come ciò che è capitato a me”. E riprese a raccontare…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Era un pomeriggio dello scorso mese di agosto. Si stava avvicinando un temporale minaccioso. Grossi nuvoloni neri si erano abbassati fino a lambire il colle del castello. Non era certo il momento per fare una passeggiata, eppure mi era venuto il desiderio di salire, come quando ti viene voglia di una sigaretta, nel momento più inopportuno…”Vado e torno!” mi dissi e presi a salire quasi di corsa per il sentiero già completato, pronto per l’inaugurazione. Ero appena arrivato<span style=""> </span>nei pressi dei resti di quella che era stata recuperata come la “casa-santuario” dei Celti, quando si mise a piovere come non avevo mai visto, <span style=""> </span>come se S.Pietro avesse aperto all’improvviso tutte le cateratte <span style=""> </span>del cielo… Contro la luce dei lampi si vedevano fili di pioggia grossi come corde, e i tuoni sembrava entrassero nel suolo per <span style=""> </span>smuovere le pietre come ci fosse stato un terremoto. Mi riparai sotto la tettoia che copre i resti della casa. Mi ero opposto alla sua costruzione, ma ero il primo ad averne un vantaggio…Nella vita capita spesso di dover approfittare di ciò che è stato realizzato nostro malgrado… Tuoni, lampi e il rumore assordante della pioggia sul tetto… Mi sembrava di essere finito in un inferno…”Passerà” pensavo, e invece si faceva sempre più buio, come se la cima del colle fosse finita dentro ad un nuvolone fitto e nero.<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">“E qui comincia il mio racconto…” riprese il mio interlocutore, dopo una breve pausa, facendo il gesto di asciugarsi il sudore dalla fronte. Continuò…ad un tratto mi parve di vedere una luce che usciva dalla terra, dal centro della casa, nel posto ove gli archeologi dicono di aver ritrovato i resti della cerimonia per la posa della prima pietra. La luce crebbe lentamente come se si gonfiasse, e apparve una persona… Era la luce ad essere la persona… Vestita di bianco, con una lunga barba, i lineamenti del viso e l’età indefinite. Non avevo dubbi: era l’immagine di un Druido, come l’avevo vista in tanti libri. Pensai che mi avrebbe toccato e che sarei morto, come avevo letto in tante leggende. Avrei voluto fuggire, ma non riuscivo a muovermi, come capita a volte nei sogni.<span style=""> </span><o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Forse aveva letto nel mio pensiero e mi parlò senza muoversi, per non spaventarmi. “Era questa la mia casa!” prese a dire. E’ questa ancora la mia casa, perché io sono ancora qui… Come ancora sono ancora qui<span style=""> </span>nell’eternità tutti quelli che hanno vissuto qui, nello scorrere del tempo della storia. Non viviamo nella dimensione dell’eternità, voi in quella del tempo. Un tempo tra le due dimensioni ci si comunicava... Io ero uno di quelli che sapeva uscire dalla dimensione del tempo per ritrovarmi con quelli che vivono nella dimensione dell’eternità.<span style=""> </span>Lo strumento che avete trovato, il synx, (come si legge nel pannello illustrativo) era lo strumento che mi permetteva di mettermi in contatto con il mondo senza tempo. E’ capace di emettere degli ultrasuoni che consentono il rapporto con l’altra dimensione… Oggi con te, m’è riuscito il percorso inverso, ma non l’ho fatto per spiegarti queste cose, alle quali voi non sapete più credere… Sono tornato per fugare i dubbi che a qualche studioso sono venuti ritrovando in questa casa i corpi di bambini nati morti. Nulla di strano, è una credenza che sei secoli si è sviluppata anche nella vostra religione: avete pensato che i bambini potessero risorgere per un momento per ricevere il viatico per una eternità felice. Anche noi lo pensavamo… Pensavamo che nella dimensione dell’eternità, l’individuo dovesse avere memoria del suo essere stato nel tempo. Li portavano a me, perché io dessi loro la memoria della vita dei loro genitori, non potendo avere loro memoria d’una vita che non avevano vissuto…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Così mi ha detto e senza aspettare che io gli rivolgessi la parola, che gli facessi delle domande, che gli chiedessi delle spiegazioni, si è spento come un fuoco che cessa di ardere, e si è sciolto di nuovo nel centro della sua capanna…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Faceva già freddo in quella giornata piovosa di ottobre. Ma il falegname continuava a tergersi il sudore della fronte, attendendo un mio commento…<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Non sapevo che cosa dirgli. Anch’io mi stavo chiedendo per quale strano gioco delle coincidenze, dovevano finire a me tutti questi racconti sui Celti. Perché invece che salire in macchina come sarebbe stato più logico, ero finito in questo <span style=""> </span>laboratorio di falegname a sentire questo così originale e strano racconto?...<o:p></o:p></span></p> <p class="MsoNormal" style="text-align: justify; text-indent: 35.4pt;"><span style="font-size: 11pt; font-family: Arial;">Se l’idea di quel racconto sui bambini nati morti fosse venuta a me, potevo darmi una spiegazione perché proprio in quei giorni stavo studiando la storia della Madonna di Trava di Lauco, ove la tradizione voleva che tornassero a rivivere i bambini nati morti, il tempo necessario per ricevere il battesimo. Ma il falegname mi confessò che non sapeva nulla della Madonna di Trava, e che non aveva capito a che cosa si riferisse il Druido quando parlava di una credenza presente anche nella nostra religione…<span style=""> </span><o:p></o:p></span></p>Igino Piuttihttp://www.blogger.com/profile/01324847284356227709noreply@blogger.com0